Il Festival di Sanremo premia la carriera di Dino Vitola

- di: Stefania Assogna
 

Abbiamo il piacere di incontrare il manager Dino Vitola, produttore, titolare della DVE, società di edizioni musicali, che tra le altre cose vanta la pubblicazione E poi Modena Fan, di Davide Beltrano Il Folle, dedicato allo storico concerto di Vasco Rossi a Modena.

Vitola ha talmente tanti meriti in ambito musicale che verrà premiato alla carriera al prossimo Festival di Sanremo. A lui si deve la scoperta di molti talenti tra cui Vasco Rossi, Zucchero, Laura Pausini e molti altri ma anche battaglie importanti come quella che lo ha impegnato in prima persona nella difesa del diritto d’autore, nella salvaguardia dell’ immagine professionale degli artisti, e soprattutto nel combattere la pirateria derivante dal download illegale da internet. Proprio per proteggere questi ambiti, per oltre un ventennio ha ricoperto la carica di presidente dell’Anat (associazione nazionale attività televisive), e attualmente, con lo stesso incarico di presidente, prosegue presso la “Federazione Internazionale Musica e Spettacolo”.
La cosa di cui tuttavia va fiero più di tutte è l’associazione “Il Manager con la Chemio in tasca” di cui ci parla con passione.
«Ho trasformato un’esperienza negativa in qualcosa di positivo; tempo fa ho avuto un tumore al colon e dopo le cure del caso ne sono uscito vittorioso. Questa esperienza mi ha fatto capire quanto è complesso il momento in cui il paziente deve essere informato e deve quindi prendere atto della malattia e del proprio stato; così ho creato un’associazione di supporto a tutti coloro che nel momento di affrontare la verità hanno bisogno di aiuto perché si sentono smarriti. Il nome me lo ha in qualche modo suggerito un mio amico. All’epoca ero sottoposto a un particolare trattamento di chemio che portavo con me una sorta di borsa, tanto che un lui mi definì “il manager con la chemio in tasca” e così quello fu d’ispirazione. »

Leggendo la sua biografia, non solo emergono i suoi successi come manager produttore e talent scout ma si evince, tra le altre qualità, quella non comune di precorrere i tempi, anticipando molte tendenze. Oggi alcuni fenomeni giovanili scaturiscono direttamente dalla “rete” come per il caso di Fabio Rovazzi, scavalcando qualsiasi iter diventando appunto “fenomeni”. Secondo lei la rete produce Fenomeni o Talenti, o entrambi perché sono la stessa cosa?
Qual è la definizione perfetta di “talento” per Lei?
Inizio dalla fine, iniziamo proprio dal talento. Io mi occupo di talenti, se mi interesso a qualcuno è perché c’è in quel qualcuno un certo talento, che poi va coltivato, va indirizzato, occorre studiare, canto, dizione, e quanto serve per incentivare il proprio talento, e poi, quando il talento incontra anche la fortuna arriva il successo, perché il successo ha questi due ingredienti imprescindibili: talento e fortuna. Ma è certo che senza il talento non esiste possibilità di incontrare il successo. La rete può dare dei buoni inizi, ma oggi trovo che c’è un eccessivo uso della rete, che offre un po’ di tutto, a livelli spesso molto bassi. I talenti che escono dalla rete si contano sulla punta delle dita, io onestamente non ne ho mai trovato uno. Rovazzi che prima è stato citato è un caso veramente unico e raro.

Parlando di TV e di Talent. X Factor e Amici; due format, due modi differenti di ricercare nuovi talenti entrambi con risultati importanti scoprendo artisti come Marco Mengoni, Emma Marrone, Alessandra Amoruso etc… Non le chiediamo, quale talent preferisce, ma più in generale, qual è la sua opinione in merito a questi spettacoli che sembrano appassionare il pubblico?
Devo dire che nel modo mi ricordano un po’ le arene degli antichi romani, con i malcapitati che dovevano affrontare le fiere. Tuttavia devo dire che oggi nella qualità e nella preparazione televisiva questi spettacoli sono molto curati. Da parte mia trovo che in questo genere Maria De Filippi è indiscutibilmente la più brava. Sa confezionare un bellissimo prodotto. Tuttavia nei talent, in generale, tra i talenti che emergono, e ce ne sono, non ho ancora visto quello che riesca a sfondare poi oltre le alpi, intendo un talento come Laura Pausini, in grado di poter riempire teatri e stadi di tutto il mondo. Ecco, secondo me, rispetto alla visibilità di questi talenti il risultato restando circoscritto è modesto.

Pare che quest’anno, non siano stati ammessi come partecipanti a Sanremo i reduci/vincitori dei talent show; eppure alcuni di loro hanno riscontri di pubblico molto importanti; il Festival della Canzone Italiana non dovrebbe comprendere tutti i suoi protagonisti? Lei condivide questa scelta?
Direi che se un pezzo meriti di partecipare o meno al Festival non è dato dal fatto che chi lo canta è figlio o meno di un talent. Io credo che la scelta di Baglioni si sia orientata in questo senso. A prescindere da dove si venga o meno quello che vale è il contenuto.
E poi bisognerebbe chiedere a lui.

Per Lei il Festival di Sanremo oggi cosa rappresenta? Quali sono i punti di forza e punti deboli di questa manifestazione, nell’era della musica ascoltata in digitale e via internet?
Il punto centrale sono le canzoni. Una volta le canzoni si sceglievano in base al criterio che potessero essere esportate all’estero. Il Festival era il mezzo con cui si alimentava il mercato estero delle canzoni che potevano girare il mondo. La canzoni adatte ad avere successo all’estero hanno un loro temperamento una loro costruzione. Ora da più da un ventennio questa priorità è venuta meno. Una delle ultime è stata la Pausini che ha beneficiato di una precisa attenzione al mercato estero. Precisiamo che una canzone adatta al mercato estero non significa che debba essere la vecchia tradizionale canzone italiana, ma deve possedere una serie di caratteristiche tali da conquistatre un pubblico internazionale. Quando poi c’è l’alchimia totale tra testo voce e melodia, certamente scaturiscono fenomeni unici come fu “Volare”. Ma ecco trovo che manchi l’attenzione a questo tipo di prodotti musicali.
“Grande Amore” del Volo, ha avuto successo, ma in modo particolare per il carisma delle voci dei tre giovani tenori, che a loro volta sono un genere apprezzato all’estero.
Mi creda, esistono canzoni che giacciono da anni nei cassetti e potrebbero invece davvero girare il mondo.

Parlando dei diritti d’autore; secondo lei, la legge 633 del 1941, con i successivi aggiornamenti e modifiche, è adeguata al nostro tempo? Quale modifica/aggiornamento eventualmente introdurrebbe?
Il problema è esattamente nella data riportata nella stesura della legge. Il mondo dello spettacolo in genere, non ha una legislazione sociale recente. Tutto si rifà al codice Rocco, del ventennio, non che fosse male, ma è obsoleto, oggi parliamo di rete, di talent…capisce. siamo indietro.

Da una parte Soundreef e dall’altra Siae con il suo storico monopolio. Cosa ne pensa di questa rivoluzione all’interno del sistema di tutela dei diritti d’autore?
Io penso che uno sia troppo giovane e l’altro sia troppo obsoleto. Trovo difficoltà sia con l’una che con le altre come Soundreef. Non è tramite la rete che la Siae risolverà i suoi problemi, i problemi si risolvono ponendo attenzione all’autore, alla persona per la quale esiste il diritto di autore, questa attenzione non c’è. Io vedo la Siae come un dinosauro mastodontico, lento nei movimenti e gli altri come Soundreef degli alberelli ancora in fase di germoglio molto esposti e fragili.

Ma perché vista l’esperienza sul campo i personaggi come lei non vengono coinvolti nel dare una svolta alle regole, in modo da ammodernare le norme vigenti e rendere tutto più fluido, magari iniziando proprio dalla Siae?
Credo che questo sia un po’ un trend dell’Italia. Quello di mettere l’ingegnere al posto del medico e il medico al posto di un altro e insomma nessuno al proprio posto in base alle proprie specifiche competenze. Succede ovunque e succede anche nel mondo Siae, e nel mondo di tutte quelle aziende che definisco “dinosauri”anche per questo motivo , nel nostro ambiente come in altri. Non è una questione politica, di destra o sinistra, non è una questione di nepotismi, ma è proprio una sorta di cultura, di visione distorta da parte di chi da incarichi e di chi li accetta.

Concludendo, ricollegandoci al ruolo delle canzoni, anche in quanto prodotto da esportare e agli ingredienti per arrivare a una canzone internazionale, sentendola parlare, si evince un lavoro enorme e improvvisamente è come se si rivelasse un mondo tutto da scoprire, ha mai pensato di farne un libro?
Lo sto facendo e se vuole le do il titolo in anteprima. 

Magari!

Si intitolerà E ADESSO CANTO IO. 

Che dire? Restiamo in attesa di questo interessantissimo viaggio alla scoperta del mondo della musica, visto stavolta con gli occhi di un manager che come quelli di Dino Vitola, premio alla carriera a Sanremo, sicuramente avranno visto moltissime cose!

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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