Nell’intervista con il professor Alberto Festa, Direttore del Major in Luxury Management della Luiss Business School si è discusso del valore del Salone Nautico di Genova per il made in Italy, del rapporto tra nautica e altri settori del lusso, della crescente centralità dell’esperienza rispetto al possesso, del ruolo della sostenibilità, delle competenze richieste ai giovani professionisti, delle opportunità offerte dall’internazionalità della formazione e delle prospettive geografiche del settore. Festa ha sottolineato come lo storytelling sia la vera eredità del lusso trasferita anche ad altri comparti.
Alberto Festa: "La Nautica è il lusso più emozionante"
Il Salone Nautico di Genova è una delle grandi vetrine del lusso italiano: quale valore aggiunto porta oggi al made in Italy?
Il settore nautico è una delle eccellenze del made in Italy. Il nostro successo nasce dalla capacità di combinare tradizione marinara, abilità artigianale e stile riconosciuto a livello mondiale. Non siamo gli unici a costruire imbarcazioni, ma l’Italia offre una sintesi unica. Genova è una vetrina importante, anche se credo debba rafforzare la proposta sul segmento più alto di gamma, oggi presidiato da altri saloni concorrenti. In ogni caso, l’unificazione delle fiere, dopo le divisioni del passato, è stata un passo avanti fondamentale.
Il mondo della nautica dialoga naturalmente con moda, design e gioielleria. Quanto conta questa contaminazione per il lusso?
Oggi acquisire un nuovo consumatore nell’alto di gamma è sempre più difficile. Per questo le aziende puntano a coltivare chi è già cliente, offrendo nuove opportunità di acquisto. Molti brand del lusso ne sono un esempio: dalla moda si sono estesi a gioielli, orologi, occhiali, fino a branded residences, hotel e ristorazione. Se un consumatore condivide i valori di un brand come lifestyle, sarà più incline a seguirlo anche in altri settori.
Oggi i consumatori non cercano solo un prodotto ma un’emozione. In che misura la nautica rappresenta l’esempio più evidente di questo passaggio dall’oggetto all’esperienza?
La nautica è probabilmente il settore che più di ogni altro incarna questo concetto. Nessuno ha una reale necessità di possedere uno yacht: lo si acquista per vivere un’emozione, un’esperienza. Al contrario di un’auto di lusso o di un jet privato, che hanno una funzione pratica, la barca è pura scelta di piacere. È il lusso nella sua forma più autenticamente superflua e, proprio per questo, la più emozionante.
La sostenibilità è ormai un requisito anche per il lusso. Come si coniugano artigianalità, innovazione e attenzione all’ambiente?
Il lusso ha già in sé un elemento di sostenibilità: un bene di lusso dura a lungo, mantiene valore ed è spesso rivendibile. Nella nautica vediamo imbarcazioni di cinquant’anni restaurate e riportate a nuova vita. Detto questo, oggi tutti i brand del lusso investono in innovazione sostenibile: nella nautica, ad esempio, sui motori ibridi e su soluzioni a minore impatto ambientale. È ormai una caratteristica irrinunciabile.
Lei è Direttore del Major in Luxury Management della Luiss Business School. Quali competenze concrete si richiedono oggi a chi vuole entrare nel settore?
Il compito principale di una business school è creare un ponte tra teoria e mondo del lavoro. Molti studenti pensano al lusso solo in termini di marketing ed eventi, ma in realtà è un’industria con esigenze di supply chain, retail, finanza, operations. Noi li aiutiamo a capire la concretezza di questo settore e a sviluppare le competenze necessarie per affrontarlo.
Uno dei punti di forza della Luiss Business School è l’internazionalità. Quali opportunità offre l’International Experience a Dubai?
Anche per il 2026 Luiss Business School organizza l’International Experience a Dubai, aperta agli studenti dei Master della Scuola ma anche a laureati e neolaureati che provengono da altre realtà accademiche. Credo che sia un’opportunità preziosa: il lusso è un mercato globale e i consumatori sono globali: occorre comprenderne gusti, standard e aspettative. A Dubai abbiamo combinato lezioni con testimonianze di manager internazionali e locali, che hanno dato una prospettiva unica sulla clientela mediorientale, tra le più esigenti al mondo. Gli Emirati rappresentano un laboratorio straordinario per capire il consumatore di domani.
I mercati del lusso sono sempre più globali e competitivi. Quali aree geografiche ritiene più promettenti?
Il lusso è passato dall’essere un business occidentale a un mercato dominato dalla Cina, che da sola rappresenta una quota importantissima del mercato. Oggi la Cina è matura, quindi guardiamo ad altri mercati: India, con sfide diverse ma enormi potenzialità, Africa, che mostra segnali interessanti in alcune aree, e Sud America. Tuttavia non dobbiamo trascurare i mercati maturi: se il consumatore occidentale smette di riconoscere nei nostri prodotti un modello aspirazionale, anche gli emergenti perderanno interesse. Serve equilibrio.
Se dovesse sintetizzare in un insegnamento ciò che il mondo del lusso può offrire ad altri comparti del made in Italy, inclusa la nautica, quale sarebbe?
Lo storytelling. È il lusso che ha insegnato agli altri settori a costruire una narrazione attorno a un prodotto. Oggi anche nei ristoranti ci raccontano la storia degli ingredienti, ma questo nasce dal lusso. Poiché i beni di lusso non sono comparabili in termini di prezzo e utilità, è la narrazione che alimenta i valori intangibili, l’emozione e il desiderio.
Una fase della globalizzazione sembra conclusa e dopo la pandemia si è parlato di filiere più corte. Quanto incide questo sul lusso?
Poco. A differenza del fashion, il lusso ha bisogno di reputazione globale: deve essere conosciuto e riconosciuto ovunque. Questo richiede investimenti significativi e presenza internazionale, ma resta imprescindibile. Non ci sono stati grandi cambiamenti da questo punto di vista.