La “felicità” nel lavoro: tra nuovi equilibri e valorizzazione dei talenti

- di: Barbara Bizzarri
 
I dati della terza ricerca dell’Osservatorio BenEssere Felicità presentati oggi in Confcommercio Milano, insieme a quelli desunti dal Barometro della felicità 2023, evidenziano, rispetto allo scorso anno, quando il 38,5% delle persone era propenso a cambiare lavoro nel breve periodo, un aumento della percentuale che nel 2023 sale al 44%. Il 56%, dunque, resta soddisfatto. Un numero destinato a crescere, secondo l’Osservatorio BenEssere Felicità, e che indica come sia necessario arrivare innanzitutto a soluzioni con un maggior equilibrio vita privata-lavoro. Tra coloro che si dichiarano aperti a cambiare lavoro emergono, oltre ad esigenze di miglioramento economico, anche aspettative come la soddisfazione dei bisogni, la valorizzazione delle singole capacità individuali e la percezione che il lavoro possa dare un senso alla propria vita. Al contrario, gli stessi aspetti sono riscontrabili nella propria attività da chi non è intenzionato a cambiare lavoro.

La “felicità” nel lavoro: tra nuovi equilibri e valorizzazione dei talenti

“La pandemia ha fatto esplodere elementi che erano già presenti: i lavoratori hanno preso ancora maggiore consapevolezza della necessità di un cambiamento. I nostri dati dimostrano che vi è l’urgenza di rendersene conto mettendo in atto azioni concrete in grado di generare maggiore benessere. Ne va della forza competitiva delle imprese perché la felicità permette di performare meglio, di attrarre talenti e di fidelizzare le persone” affermaElisabetta Dallavalle, Presidente dell’Associazione Ricerca Felicità.

Con la citata importanza di poter soddisfare i propri bisogni e valorizzare i talenti professionali, tra gli aspetti più rilevanti nella scelta del posto di lavoro, secondo i dati 2023, troviamo al primo posto l’essere apprezzato-stimato che tocca il 44,7%, l’amore per il proprio lavoro che raggiunge il 37,8%, al terzo posto troviamo l’essere stimolato alla crescita con il 30,2%. Seguono elementi chiave come la flessibilità oraria (28,4%), la fiducia (23,7%) e il controllo di ciò che si fa (21,4%). Di contro, risultano meno fondamentali per la scelta elementi come il fare la differenza che si afferma all’11,6%, i collaboratori al 12,3% e l’essere allineati ai valori dell’organizzazione (13%).

I dati che emergono dalla ricerca ci consentono di fotografare il cambiamento delle aspettative e aspirazioni delle lavoratrici e dei lavoratori nel nostro Paese. La pandemia del resto ha modificato le nostre vite e il nostro modo di lavorare, così da far nascere anche nuove esigenze, necessità e una voglia di cambiamento prima più limitata - dice Alessia Cappello, Assessora al Lavoro e allo Sviluppo Economico del Comune di Milano -. Riconoscere le priorità di chi lavora e concretizzare politiche per creare maggior benessere per tutti, è un driver di crescita e sviluppo, ma anche un modo per aziende e attività per trattenere i talenti migliori. La grande opportunità che abbiamo in questo momento è costruire un mondo del lavoro più inclusivo e sostenibile, capace di rigenerare persone, economia e ambiente - ha aggiunto l’assessora - questo è anche uno degli obiettivi centrali del nostro Patto per il lavoro di Milano”.

Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza aggiunge: “Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a una rivoluzione nel mondo del lavoro. Cambiamenti ed evoluzioni profondi che hanno avuto un impatto sulle aspettative delle persone e sul ruolo delle imprese. La trasformazione digitale, l'accelerazione tecnologica, valori sempre più legati alla sostenibilità, hanno ridefinito i modelli tradizionali di lavoro creando nuove opportunità e sfide. Le persone oggi cercano sempre più autonomia e flessibilità nella gestione del proprio tempo e delle proprie attività professionali, per migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavoro. Le imprese sono consapevoli di questa evoluzione e stanno sviluppando nuovi modelli di lavoro per essere competitive nel mercato attuale, sfruttando il digitale, investendo in tecnologie innovative e promuovendo una cultura aperta all'innovazione e al welfare. L'attenzione verso le collaboratrici e i collaboratori, l'inclusione, e la sostenibilità economica, sociale e ambientale, sono diventati elementi centrali per le imprese”.              

Al giorno d’oggi, la sostenibilità è uno dei driver principali che guida le aziende e i brand nel fare business con una grande responsabilità verso i consumatori. Questi ultimi, infatti, come svelato dai dati dell’8° Osservatorio Nazionale sullo stile di vita Sostenibile, realizzato e promosso da LifeGate in collaborazione con Renato Mannheimer di Eumetra, ritengono che i tre fattori principali per definire un’organizzazione realmente sostenibile siano rappresentati dalla sostenibilità dei processi produttivi (38% vs il 25% della Gen Z), dall’utilizzo responsabile delle risorse (33% vs il 28% della Gen Z) e dall’attenzione ai lavoratori (22% vs il 32% della Gen Z). Tra i criteri che guidano un consumatore durante il processo di acquisto di un prodotto e/o servizio, i più importanti sono rappresentati dalla presenza di informazioni trasparenti (35% vs il 26% della Gen Z), dal controllo della filiera di produzione (31% vs il 26% della Gen Z), dalla presenza di certificazioni/loghi sostenibili (23% vs il 26% della Gen Z) e dall’attenzione ai diritti dei lavoratori (21% vs il 18% della Gen Z).

Spiega Elga Corricelli, Co-founder Ricerca Felicità: “Tra i tanti dati raccolti abbiamo osservato anche come il vivere in modo sostenibile contribuisca ad aumentare la felicità. Il 46,8% degli intervistati afferma che vivere in modo sostenibile renda più felici, mentre solo il 5,3% pensa che ciò contribuisca molto poco o addirittura per niente alla propria felicitàInteressante notare come questa affermazione trova maggiore riscontro nei paesi del Sud Italia, passando poi dal Centro, Nord-Est e infine nel Nord-Ovest”.

Per un’azienda non basta semplicemente definirsi sostenibile per poter attrarre il maggior numero di clienti e consumatori perché questi ultimi sono spaccati a metà rispetto a chi ritiene che l’impegno di un’impresa per un futuro green sia concreto (46%vs 39% della Gen Z) e chi invece pensa sia solo un’operazione di marketing (45% vs 44% della Gen Z) per seguire il trend della sostenibilità in atto e avvicinarsi alle richieste delle persone e del mercato.

Come LifeGate siamo impegnati da oltre 20 anni a promuovere una cultura della sostenibilità tra le principali aziende italiane, prendendole per mano e aiutandole a integrare i concetti di sostenibilità nel loro modello di business - dichiara Simona Roveda, direttore editoriale e comunicazione di LifeGate -. Il momento storico che stiamo vivendo è straordinario, con un mondo che sta cambiando molto velocemente e radicalmente e la sostenibilità per un’impresa è diventata, oggi, un elemento imprescindibile e un fattore in grado di poter garantire attrattività e competitività nel confronto con le aziende e i brand concorrenti. Le imprese devono dunque essere sostenibili in quello che fanno e in come lo fanno, avendo una grande responsabilità verso i clienti e i consumatori, ma soprattutto verso il nostro Pianeta”.        
Tags: lavoro
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