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Export Asia in ripresa: Giappone e Singapore sorprendono i mercati

- di: Matteo Borrelli
 
Export Asia in ripresa: Giappone e Singapore sorprendono i mercati
Export in volo tra Tokyo e Singapore: cosa sta cambiando davvero
Europa affamata di Made in Japan, Singapore cavalca chip e farmaci: due fotografie scattate lo stesso giorno raccontano molto più di una semplice “ripresa dell’export”.

Due numeri, una storia più grande

Nel giro di poche ore arrivano due segnali potenti dall’Asia. Il primo: il Giappone accelera le esportazioni, con un balzo del +6,1% su base annua a novembre. Il secondo: Singapore vede le sue esportazioni “chiave” (le NODX, non-oil domestic exports) crescere dell’+11,6%.

Messi insieme, questi dati non raccontano soltanto che “si vende di più”: indicano dove si compra, cosa si compra e perché le catene globali stanno cambiando marcia proprio adesso.

Giappone: l’Europa prende il volante, gli Usa tornano a respirare

Il cuore della sorpresa giapponese è nella geografia della domanda. Le spedizioni verso l’Europa occidentale scattano di +23,6%, un’accelerazione che pesa sul risultato complessivo. Ma il dettaglio che a Tokyo leggono come un segnale politico-economico è un altro: verso gli Stati Uniti l’export torna a crescere (+8,8%) dopo mesi di fatica.

La fotografia ufficiale del commercio estero mostra anche un dato da prima pagina: avanzo commerciale di 322,2 miliardi di yen, primo surplus in cinque mesi. Tradotto: il Giappone incassa ossigeno dall’estero proprio mentre in casa i consumi e gli investimenti non corrono.

Il “fattore dazi” e il ruolo del cambio

Nel racconto dei mercati, la parola chiave è tariffe. Le frizioni commerciali con Washington avevano reso più costosa (e meno competitiva) una fetta dell’export giapponese, soprattutto nell’auto. Ora l’effetto sembra attenuarsi: la ripartenza delle spedizioni verso gli Usa viene letta come un allentamento della pressione e come un possibile ritorno di ordini, anche grazie a un cambio che continua a sostenere i ricavi in yen per chi vende all’estero.

Cina in calo, Hong Kong in salita: un indizio di “riorganizzazione” dei flussi

Altro dettaglio che fa discutere: le esportazioni verso la Cina risultano in flessione (-2,4%), mentre quelle verso Hong Kong crescono (+11,4%). Da sole, queste due righe non “provano” un cambio di rotta strutturale, ma sono coerenti con una dinamica vista spesso in Asia: la ricerca di canali alternativi quando il clima geopolitico o regolatorio diventa più duro.

Giappone: export su, Pil giù (per ora)

La parte più interessante è la contraddizione apparente. Mentre l’export migliora, l’economia giapponese arriva da un trimestre complicato: la revisione dei dati sul terzo trimestre indica una contrazione del -0,6% sul trimestre, pari a -2,3% su base annualizzata.

In altre parole: l’estero sta aiutando, ma non basta ancora a cancellare debolezze interne e incertezze su investimenti e consumi. Ed è proprio qui che si inserisce il prossimo capitolo.

Tankan: fiducia su, ma con l’orecchio teso ai rischi

L’indagine Tankan (la “bussola” della fiducia delle imprese) mostra un miglioramento del clima, con un sentiment tra i grandi produttori ai massimi da anni. È un dato che, nella lettura degli analisti, mantiene viva l’ipotesi di un orientamento monetario più restrittivo: se le imprese tornano a investire e ad alzare le aspettative, la banca centrale è meno “obbligata” a restare ultra-accomodante.

Ma è un ottimismo misurato: sullo sfondo restano i timori di nuove tensioni commerciali, un rallentamento della domanda globale e la volatilità delle catene di fornitura (soprattutto su elettronica e auto).

Singapore: quando chip e farmaci fanno da locomotiva

Se Tokyo vince con un mix di Europa e rimbalzo Usa, Singapore gioca una partita diversa: specializzazione e cicli tecnologici. Le NODX crescono dell’+11,6% a novembre, rallentando rispetto al mese precedente ma restando su livelli robusti.

Elettronica: i circuiti integrati tornano protagonisti

Nel comparto elettronico, la crescita è del +13,1%. I prodotti che incidono di più sono tre: circuiti integrati (+22,9%), personal computer (+48,0%) e circuiti stampati (+26,8%). È una combinazione che parla chiarissimo: domanda di calcolo, infrastrutture digitali, aggiornamento hardware. E in controluce, la parola che ricorre in molte analisi è AI, perché l’ondata di investimenti in server, componentistica e capacità di elaborazione si riflette a cascata lungo tutta l’Asia.

Non elettronica: farmaceutico “volatile”, ma decisivo

La spinta più rumorosa arriva però dal non-elettronico, in particolare dal farmaceutico, che nei dati ufficiali viene definito “volatile” proprio perché può oscillare molto per effetto di singole commesse o cicli di produzione. A novembre il non-elettronico segna +11,1%, con contributi forti anche da pompe e motori.

Dove vanno le merci: Usa, Ue e Taiwan in evidenza

Per mercati, il quadro è netto: le esportazioni verso Stati Uniti, Ue e Taiwan crescono, mentre calano verso Indonesia, Hong Kong, Giappone e Tailandia. Anche qui, non è solo un “chi compra”: è un segnale su quali filiere tirano in questo momento.

La lettura comune: Asia esporta, il mondo seleziona

Il punto d’incontro tra Giappone e Singapore è uno: la domanda globale non è piatta, è selettiva. Compra auto, componenti e tecnologia dal Giappone quando prezzi e tariffe lo consentono; compra chip e farmaci da Singapore quando la tecnologia accelera e la sanità continua a macinare volumi.

In mezzo ci sono i fattori che possono ribaltare la traiettoria: nuove barriere commerciali, shock geopolitici, volatilità del dollaro e del ciclo dei tassi. Per ora, però, il messaggio è chiaro: l’export asiatico sta trovando varchi anche in un contesto che, fino a poco fa, sembrava fatto solo di freni.

Cosa osservare nelle prossime settimane

  • La tenuta della domanda Usa: il rimbalzo giapponese verso Washington va confermato con altri mesi di dati.
  • La forza dell’Europa: il +23,6% del Giappone verso l’Europa occidentale è un segnale potente, ma va capito se è trend o “picco”.
  • Il ciclo tech: per Singapore, la domanda di chip e hardware è il barometro; se rallenta, le NODX lo sentono subito.
  • Le banche centrali: fiducia delle imprese e inflazione possono cambiare il prezzo del denaro e quindi la competitività valutaria. 
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