Elezioni 2022 - Che senso ha puntare sui virologi con la pandemia che ancora fa vittime?
- di: Diego Minuti
Dopo giorni e giorni di incertezza, la campagna in vista delle elezioni 2022, quella vera, quella fatta dai candidati e non solo dai capataz dei partiti, ha preso il suo abbrivio. Come sempre, le ore che hanno preceduto l'ufficializzazione dei candidati per i collegi o le liste del proporzionale hanno vissuto di psicodrammi, con qualcuno che era entrato papa per uscire cardinale dal conclave dei redattori delle liste, quando addirittura è stato cancellato.
È la dura logica della politica dove se due persone che, per assurdo, hanno fatto le stesse identiche e con gli stessi risultati cose sono giudicati meritevoli della candidatura in modo diverso, venendo premiata la saldezza di qualche importante amicizia e non il valore reale del soggetto.
Elezioni 2022, fa discutere la candidatura di Crisanti
Niente di sorprendente, perché queste sono cose accadute sempre e destinate a replicarsi all'infinito.
Come dimostrano i Cinque Stelle che, arrivati in Parlamento con l'obiettivo di riscrivere le regole della politica, vi si sono trovati così bene di adeguarsi, senza nemmeno tentare di apparire molto diversi dai partiti tradizionali. Le pluricandidature di Giuseppe Conte lo dimostrano, così come il sorprendente occhio di riguardo riservato alla sua fedelissima Chiara Appendino (''pigliatutto'', secondo la definizione di Repubblica), capolista in tutti i collegi plurinominali del Piemonte, nonostante l'inciampo di una condanna penale, da cui è stata mondata perché ritenuta colpevole solo colposamente e non con dolo.
Come da tradizione, quando le schede saranno scrutinate e i voti resi noti, qualcuno si mangerà le mani per qualche candidatura di cui forse si poteva fare a meno. Non sarebbe corretto fare nomi oggi, cercando di anticipare l'esito delle elezioni, ma qualche considerazione o qualche domanda ce le possiamo concedere.
Ad esempio su cosa sia passato per la testa di Enrico Letta quando ha deciso di candidare Andrea Crisanti. Non avendo le minime conoscenza delle materie che sono alla base della virologia, non ci permettiamo di esprimere un giudizio sulle capacità scientifiche e quindi professionali del prof.Crisanti, ma qualcosa sul suo profilo da candidato possiamo pure dirla. Innanzitutto ci chiediamo se sia stata valutata appieno l'opportunità di candidare un virologo quando ancora la pandemia è tutt'altro che finita.
Nel senso che ancora oggi, con le elezioni ormai imminenti, tutto si può dire meno che le politiche di contrasto alla pandemia siano state tutte buone o tutte cattive. Certo si potrebbe ascrivere a merito dei governi tanti successi, ma non si può negare che alcune forze politiche (con i giornali di riferimento che tengono loro bordone in modo spesso imbarazzante) hanno utilizzato il Covid-19 come terreno di scontro, con atteggiamenti occhieggianti verso no vax, complottisti, QAnon di casa nostra che non meritano alcun commento.
Eppure Crisanti è stato candidato e molto s'è anche parlato di Matteo Bassetti che non ha dato la sua disponibilità a candidarsi, ma, bontà sua, solo eventualmente a fare il ministro della Salute, apparentemente in un governo espresso dal centro-destra. La candidatura di Crisanti (personaggio molto divisivo, visto dai più ottimisti come un inguaribile catastrofista, anche quando i dati epidemiologici volgono al bello) e la ''generosa'' disponibilità di Bassetti in fondo sono facce della stessa medaglia, quella che induce a ritenersi ''personaggi'' per il solo fatto di avere conquistato stabilmente una poltroncina nelle varie agorà televisive, non sapendo che lo spietato decalogo della comunicazione prevede di cancellare brutalmente chi perde parte dell'interesse della gente.
Se ci pensate, anche oggi lo stesso Crisanti paga in termini di visibilità il progressivo uscire dagli studi televisivi, tanto che di lui si parla per dichiarazioni che sono esclusivamente politiche, seppure mascherate da una mano di vernice scientifica. Eppure è stato candidato, mentre lo stesso non è stato fatto con un altro virologo, Pier Luigi Lopalco, personaggio fuori dagli schemi della politica, semmai ce n'è uno.
Di lui s'è parlato non tanto quando - dall'università di Pisa - è tornato nella sua Puglia, chiamato dal presidente della Regione Michele Emiliano a combattere la pandemia, quanto quando da assessore alla Sanità è andato via sbattendo la porta, accusando il governatore di spregiudicatezza politica.
Lui, per Articolo 1, era il candidato migliore in Puglia.
Ma non per il Pd che, nel borsino dei virologhi, ha visto meglio spendibile Crisanti che non Lopalco.
Tutti, per dirla come Andy Warhol, hanno diritto ai loro quindici minuti di notorietà, e forse questo ha pensato Crisanti che, con la sua scelta (fatta comunque alla fine della sua vita professionale e che non può quindi avere motivazioni di ambizioni di carriera), rischia di essere bollato oggi e per il futuro come chi ha voluto mettere a reddito politico l'effimera fama che regala la televisione.