Elezioni 2022 - Le macerie della politica
- di: Diego Minuti
''Que reste-t-il de nos amours'', si interrogava Charles Trenet, chiedendosi poi ''Que reste-t-il de ces beaux jours. Une photo, vieille photo de ma jeunesse''. Uno struggente tirare le somme di chi parla degli amori passati e dei bei giorni che li circondavano, magari accompagnato da una fotografia che il passare degli anni ha reso ''vieille'', appunto vecchia.
Ma Charles Trenet, prima d'essere un cantante, era un poeta, come magari ne servirebbero oggi in casa nostra, costretti a chiudere gli occhi davanti ad un modo di fare politica che sembra avere dimenticato che, dalle parole dei suoi vessilliferi, dipendono le sorti di un Paese intero e non dei partiti che sostengono andando a caccia di voti.
Noi, costretti a tapparci le orecchie davanti a corbellerie che non dovrebbero avere posto in un momento che definire delicato è riduttivo perché il nemico non è alle porte, ma è già entrato.
E il nemico ha molti volti e non tutti sono legati all'economia, che pure è il tema dominante.
Le macerie della politica
Costi dell'energia che corrono senza freni e per i quali si sollecita un immediato intervento del governo, dimenticando che, dimissionario, deve limitarsi a pochi ed essenziali provvedimenti che non stravolgano il bilancio; l'inflazione che, pur partendo dall'aumento esponenziale delle bollette, lascia il sospetto che non sempre sia giustificata facendo la rima con 'speculazione'; deficit di vivibilità per milioni di famiglie che combattono tra costanza di introiti e, contestualmente, insufficienza a garantire livelli minimi di sussistenza; crollo dei valori che hanno fatto grandi il nostro passato e la nostra civiltà, oggi ridicolizzati dalla ricerca perenne dell'effimero.
Eppure, piuttosto che parlare seriamente di questi problemi, piuttosto che prendere coscienza e quindi consapevolezza della gravità della crisi, i nostri politici sono impegnati in maggioranza nella ricerca del consenso, con una spregiudicatezza che mai s'era registrata in passato, perché questa è l'era dei social, dell'informazione che, al contrario di quanto accadeva nei decenni scorsi, corre senza filtri, facendo assumere anche all'ultimo degli scalzacani la postura dello statista.
Forse sarebbe necessario - ma la nostra è una speranza destinata a restare tale perché, anche nelle ultime ore, stiamo assistendo ad un sabba di dichiarazioni che offendono, prima che le nostre intelligenze, anche la realtà delle cose - che tutti facciano un passo indietro, per tornare a parlare di cose concrete e di smettere di alimentare false illusioni, ma solo in chi crede che gli asini volino.
Mentre a sinistra (che per sua scelta, rispettabilissima, ha deciso di fare a meno delle istanze del centro) si evidenzia una paurosa carenza di temi e proposte - a meno che quella, ritrita, di Nicola Fratoianni di una patrimoniale sulle grandi ricchezze possa ambire ad essere tale - che spinge a inseguire gli avversari, nel centro-destra si sta delineando un panorama fatto di iperboli, sogni, costruzioni sulle nuvole che, in un Paese normale, dovrebbe solo fare ridere e che invece determina interesse.
La reiterazione delle proposte, pur se irrealizzabili vista la situazione non certo florida delle casse dello Stato, alla fine si traduce in chi le avanza nella convinzione che siano fattibili, anzi lì, proprio a portata di mano.
Tutto è lecito, in guerra e in amore, forse anche in politica, visto quello che esce dalla bocca di qualcuno. Così per Berlusconi la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina (la cui presunta validità come volano economico per la Sicilia è stata letteralmente demolita da esperti e analisti finanziari) è tornato ad essere un cavallo di battaglia, bolso perché ritirato fuori dopo trent'anni di bocciature.
Ma cosa importa! Basta parlare.
E cancellazione della legge Fornero, quota 41, saldo e stralcio delle cartelle di Equitalia servono a un Matteo Salvini politicamente logorroico a definire un'Italia del futuro in cui è ben difficile oggi capire dove si andranno a trovare le coperture finanziarie. Perché è questo il punto: la valanga di promesse che vengono fatte, oggi non costano nulla, ma domani, anche se una sola di esse dovesse essere realizzata, incideranno pesantemente sui conti dello Stato.
Ma chi se ne frega, potrebbe dire chi oggi promette e minaccia: intanto espugnamo palazzo Chigi, poi si vedrà.
Non esattamente così perché, davanti all'irrefrenabile corsa degli alleati a chi la spara più grossa (l'ultima di Berlusconi è stato accreditare solo a sé stesso e a Tajani il merito del Pnrr), Giorgia Meloni è stata quasi costretta a dire, intervistata da Reuters, che qualsiasi misura che il prossimo governo adotterà sarà rispettosa della situazione del bilancio. Una precisazione che, apparentemente scontata, sembra essere stata resa necessaria dalla paura che serpeggia in Europa di un'Italia in mano a chi, piuttosto che aiutarla a sopravvivere alla crisi, le darà una spinta verso il baratro. Come il passato insegna.