Calenda spiana la strada alla vittoria del centrodestra

- di: Diego Minuti
 
Quante citazioni ci sono venute in mente dopo che Carlo Calenda ha denunciato l'accordo che lui aveva stretto con Enrico Letta in vista delle elezioni di settembre?
Ne facciamo un piccolo florilegio.

Cinematografica: Ogni limite ha una pazienza (Totò)
Storica: Carthago Calenda est (Marco Porcio Catone, o giù di lì)
Drammaturgica: Essere o non essere? Questo è il dilemma (Shakespeare)
Filosofica: Due rette parallele all'infinito di incontrano (Euclide)
Escapologica: Il mio cervello è la chiave che mi rende libero (Henry Houdini)
Musicale: Sto per varcare la porta e sto fluttuando nello spazio in modo strano. E le stelle sembrano molto diverse oggi (Space Oddity, David Bowie).
Evoluzionistica: Nella lunga storia del genere umano (e anche del genere animale) hanno prevalso coloro che hanno imparato a collaborare ed a improvvisare con più efficacia. (Charles Darwin).
Giurisprudenziale: Pacta sunt servanda (Ulpiano).
Forse è meglio fermarsi qui (anche se ci starebbe bene anche una frase di Lao Tzu, fondatore del taoismo: (''Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla'') , perché, al di là della deriva semicomica/semitragica che ha preso, la politica anche in Italia dovrebbe essere una cosa seria, non fosse altro perché riguarda tutti e non solo chi ne ha fatto una professione o, come qualcuno ama dire, una missione.

La decisione di Calenda di abbandonare l'accordo col PD apre la via per il centrodestra

La scelta di Calenda è stata traumatizzante per gli ex alleati, anche se chi conosce l'uomo ben più di quel che lui si mostra lo aveva sospettato, attribuendogli una innata sofferenza a condizioni che ritiene di compressione della sua personalità, di costrizione del suo ritenersi un leader (lo pensava anche quando non lo era), di limitazione delle sue legittime ambizioni o aspirazioni.

E' il continuo ripetersi, in politica, della seduzione che il concetto di ''uomo solo al comando'' esercita su chi si avvicina alle stanze del potere o riesce ad entrarvi, assaporandone il retrogusto perverso. Con la sua decisione di rompere un patto che aveva liberamente sottoscritto e che ha ritenuto violato dal suo allargamento a forze politiche o singoli esponenti che ritiene non meritevoli del suo rispetto, Calenda non ha solo rimescolato le carte, ma, nel redistribuirle, ha dato gli assi, la briscola, il re di denari al centrodestra, l'atout al centrodestra che potrebbe perdere le elezioni solo incorrendo in un inimmaginabile errore o in un inciampo di natura esterna oggi non decifrabile.

Ma, con tutta la sorpresa che questa vicenda può ingenerare, resta difficile prendersela con il leader di Azione, il cui carattere fumantino era noto a tutti ben prima dell'avvio dei contatti con Letta per arrivare all'intesa. Quindi, siglando con lui un accordo, si doveva dare per scontato di non doversene distaccare nemmeno di una virgola, per evitare che Calenda reagisse per come poi ha fatto.

Ora la domanda che Letta e i vertici del Pd devono porsi e in fretta è se ci abbiano guadagnato nel cambio, se cioè imbarcare Sinistra Italiana e Verdi (ma anche Luigi Di Maio) valesse entrare in rotta di collisione Calenda che il suo gruzzoletto di voti sicuri ce l'ha, a differenza di altri che forse peccano di troppo ottimismo o di sopravvalutazione del loro seguito elettorale, confondendo forse i ''like'' con voti reali.
Lo scenario che ora si prospetta a sinistra è incerto, quasi desolante perché, con l'attuale sistema elettorale, andare da soli contro una coalizione oggettivamente forte è un suicidio annunciato. Se tutto resterà come oggi (le parole dure di Letta su Calenda non fanno presagire riavvicinamenti) il prezzo che la sinistra pagherà nei collegi uninominali sarà elevatissimo, quasi un massacro che metterà a rischio anche qualcuno dei maggiorenti del Pd che, non trovando posti nel proporzionale, dovranno metterci la faccia, a meno che non decidano di non candidarsi proprio, per evitare figuracce.
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