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Francesco Saverio Vetere: "Il settore dell'editoria va completamente riformato"

- di: Daniele Minuti
 
Francesco Saverio Vetere: 'Il settore dell'editoria va completamente riformato'
Come tutti i settori, quello dell'editoria in Italia sta soffrendo a causa della crisi dovuta dalla pandemia che non ha soltanto portato a uno shock per via di lockdown e misure restrittive ma ha anche amplificato problematiche già esistenti come i cali dei ricavi pubblicitari, la situazione contrattuale, il crollo delle vendite delle copie cartacee che andranno risolte in tempo per poter cavalcare la sperata ripresa economica.
Con i numeri delle vendite in edicola in forte calo (a gennaio sono state vendute 300.000 copie in meno rispetto allo stesso mese del 2020) c'è bisogno di ripensare totalmente molte delle norme che regolano l'editoria, come spiegato all'agenzia Nova da Francesco Saverio Vetere.

Il Segretario Generale USPI (nella foto) ha spiegato come secondo lui l'intero settore debba cambiare: "L'editoria va riformata completamente perché si basa su leggi e strutture vecchie, mentre alcuni vogliono vivere ancora nel secolo scorso visto che abbiamo ancora le vecchie corporazioni che sperano di mantenere i loro privilegi. Che sono collegati alla struttura attuale del contratto nazionale, da sempre un limite alle assunzioni perché se un editore vuole assumere un giornalista deve spendere 51.000 euro in entrata ogni anno. Vorrei sapere quale contratto nazionale di lavoro di categorie protette preveda una cifra simile in Italia, dato che un farmacista o un ingegnere entrano con un contratto da 1.400 euro".

Vetere sostiene quindi che il contratto nazionale sia troppo obsoleto e oneroso: "Questo si è visto nella pandemia perché ha rappresentato un ostacolo alla volontà di assumere giornalisti e tenerli sotto contratto, per questo l'USPI a ottobre a firmato un nuovo contratto per il settore media con CISAL. È ovvio che specie la grande editoria ha creato un sistema troppo vecchio, basato su un sistema economico che si fondava su interventi statali e patti tra giornalisti ed editori, che si manifestava appunto nel contratto nazionale di lavoro: molti editori però non hanno voluto adeguarsi ai nuovi mezzi di informazione digitale e il risultato è che i giornalisti con contratti nel nostro paese sono molti di meno dei 14.000 ufficiali su una platea di 100.000. È impossibile che per tutelare poche migliaia di giornalisti ne vengano danneggiati molti di più".
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