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Banche, il conto della manovra: 11 miliardi in tre anni

- di: Bruno Coletta
 
Banche, il conto della manovra: 11 miliardi in tre anni
Banche, il conto della manovra: contributo “volontario” al 27,5%
Niente tassa sugli extraprofitti: pacchetto da 4,3 miliardi nel 2026 (11 in tre anni) fra prelievo sugli utili distribuiti, leva fiscale e addizionale Irap. Salvini: “Non è un esproprio, chi ha di più dia di più”. Piazza Affari giù, titoli bancari in rosso.

(Foto: Antonio Patuelli, presidente dell'ABI, Associazione Bancaria Italiana).

Cosa cambia davvero

La manovra 2026 archivia la formula “tassa sugli extraprofitti” e introduce un contributo su base volontaria: per i prossimi tre anni gli istituti che vorranno distribuire utili maturati e accantonati a riserva verseranno un’imposta del 27,5% su quelle somme. L’obiettivo dichiarato è di 4,3 miliardi nel 2026 e circa 11 miliardi nel triennio, con una struttura che replica e affina l’impostazione già vista nel 2023.

Il compromesso politico

La soluzione tiene insieme due istanze: da un lato il rifiuto di una tassa straordinaria, dall’altro l’idea di un “contributo doveroso” del settore. Il risultato è un impianto non punitivo nella forma, ma capace di garantire gettito e di agire da leva regolatoria sulle distribuzioni agli azionisti. In parallelo arriva una addizionale Irap dedicata alla sanità.

Le frasi chiave

“Le banche chiuderanno l’anno con profitti oltre 50 miliardi, se ne guadagneranno ‘solo’ 45 non è un esproprio proletario. In un momento di difficoltà chi ha di più deve dare di più”, ha affermato il vicepremier Matteo Salvini. Dall’altro fronte, il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito: “Non ci sarà nessuna tassa sugli extraprofitti delle banche”.

Effetti immediati sui mercati

La reazione è stata negativa: Piazza Affari ha aperto in calo con il FTSE MIB intorno a –1,9%, vendite diffuse sui bancari e debolezza del comparto in Europa. La pressione su dividendi e buyback attesi ha alimentato prese di profitto.

Perché “volontario” non è opzionale

La cifra della misura è l’incentivo/disincentivo: se la banca non distribuisce utili accantonati, l’imposta non scatta; se invece procede con cedole straordinarie o riacquisti, entra in gioco il 27,5%. Il governo orienta così i comportamenti senza una tassa uguale per tutti, bilanciando flessibilità e incasso.

La dote per la legge di bilancio

Nel quadro di 18,4 miliardi di interventi per il 2026, coperti da 17,3 miliardi tra minori spese e maggiori entrate e da una rimodulazione del Pnrr, il contributo del settore finanziario-assicurativo fornisce la quota attesa per sostenere famiglie, lavoro, imprese e sanità.

Cosa guarda ora il mercato

Gli investitori misureranno: l’impatto CET1 di eventuali distribuzioni, la sensibilità dei multipli bancari ai regimi fiscali “event driven” e gli effetti su domanda di titoli di Stato e costo della raccolta. Molto dipenderà dai testi attuativi e dalla stagione dei conti.

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