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Lovaglio vede Mediobanca già in tasca: “Nagel non mi risponde”

- di: Bruno Coletta
 
Lovaglio vede Mediobanca già in tasca: “Nagel non mi risponde”
Lovaglio vede Mediobanca già in tasca: “Nagel non mi risponde”
L’ad di Mps sicuro del successo dell’Ops: “Supereremo il 66%”. E sul futuro: “Serve un nuovo Ceo, brillante e internazionale”.

Lovaglio (foto) non aspetta settembre. È già oltre. L’Ops è in marcia, il destino di Mediobanca, secondo lui, è segnato. E Nagel? Non risponde nemmeno al telefono.

In un’intervista trasmessa da Bloomberg TV nella mattinata del 16 luglio 2025, l’amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio ha rivendicato con tono diretto e sicuro il pieno controllo dell’operazione su Mediobanca, aggiungendo che il management della banca milanese, a cominciare dall’attuale Ceo Alberto Nagel, verrà rivisto radicalmente.

“Sono certo che raggiungeremo e supereremo il 66% del capitale” ha dichiarato Lovaglio da Londra, con una fiducia che ha spiazzato perfino i cronisti internazionali. “Anche con il 35% avremmo già il controllo, ma andremo ben oltre”.

Un’Ops da takeover: “Non mi ha risposto. Non è interessato”

La dichiarazione che ha fatto più rumore è arrivata sul fronte personale. A precisa domanda su Nagel, Lovaglio ha risposto con una calma chirurgica:

“L’ho chiamato, ma non mi ha risposto. Evidentemente non è interessato all’operazione”.

Il messaggio è chiaro: nessun dialogo, nessuna trattativa, nessuna sopravvivenza al vertice. Alla guida di Mediobanca, se l’operazione andrà come previsto, ci sarà un altro nome. “Serve un nuovo Ceo, brillante, internazionale, capace di motivare e valorizzare i talenti già presenti” ha aggiunto Lovaglio, senza lasciare spazio a interpretazioni.

“Offerta fantastica per gli azionisti”

Lovaglio ha difeso l’operazione anche dal punto di vista della creazione di valore:

“Questa è una grande opportunità per gli azionisti di Mediobanca. Il payout sarà del 100% per dieci anni, i marchi resteranno, e le sinergie porteranno benefici per circa 500 milioni di euro”.

Il marchio Mediobanca non verrà cancellato, anzi: sarà valorizzato. Il progetto prevede un’integrazione culturale tra Siena e Milano, con un’espansione dei servizi di Compass e una presenza rafforzata in Europa. Il modello di riferimento è quello spagnolo: una fusione con obiettivi chiari, governance nuova e visione internazionale.

Delfin e Caltagirone? “Supportano ma non impongono”

Chi ha spinto Lovaglio verso quest’operazione? Nessuno, a sentir lui:

“Né Delfin né Caltagirone né il Tesoro ci hanno imposto nulla. C’è stato rispetto totale del nostro lavoro”.

Ma l’ambiente attorno è meno neutro di quanto appaia. Delfin, primo azionista di Mediobanca, ha taciuto fino ad ora. Ma è ben noto il fastidio per la gestione Nagel. E Caltagirone, storico oppositore della linea Cuccia, non ha nascosto le simpatie per il nuovo progetto senese.

Nagel contrattacca: “Offerta anomala, coinvolgimento politico”

Dall’altra parte della barricata, Alberto Nagel ha affidato al cda una risposta dura. L’Ops, a suo dire, è “anomala”. Troppo sbilanciata, poco trasparente, e con un premio per gli azionisti “praticamente nullo”.

Nagel avrebbe sollevato forti dubbi sul ruolo del governo, sulla sovrapposizione di soci e su un’operazione condotta “senza mandato né dialogo”.

Un cambio di potere già scritto

Di fatto, Lovaglio si comporta come se la scalata fosse già avvenuta. Sta scegliendo l’erede di Nagel, sta disegnando il futuro assetto e ha già comunicato al mercato le sue certezze.

L’offerta scade l’8 settembre 2025. Ma per Lovaglio, la data è solo una formalità.

“Stiamo parlando con tutti. Il mercato ha capito il valore industriale dell’operazione. E sono certo che ci seguirà”.

Un’operazione chirurgica

Lovaglio ha messo in scena un’operazione chirurgica, in stile anglosassone. Non ha chiesto permesso, non ha cercato compromessi, ha tirato dritto con un’idea precisa: Mediobanca può crescere solo rompendo i vecchi equilibri.

La sua forza non è solo l’ambizione: è la capacità di imporre la narrazione del successo prima ancora che i numeri lo certifichino. Una mossa da vero dealmaker, che trasforma l’Ops da evento societario a evento politico e industriale.

Nagel, per ora, ha scelto il silenzio e il formalismo. Ma la battaglia è iniziata. E Lovaglio si comporta come se l’avesse già vinta.

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