Dopo i sindacati, gli industriali: anche Dyson contro il governo Sunak

- di: David Lewis
 
Se c'é una cosa che i britannici sanno fare è ascoltare. Magari, dopo, si fanno un'opinione diversa da quella di chi ha parlato però, educatamente prestano orecchio alle opinioni di tutti. Sarà la nostra cultura, saranno gli esempi in famiglia, ma se c'è chi apre bocca, state certi che qualcuno lo sta a sentire.
Pensate che stia esagerando? Allora sappiate - anche se penso che molti ne siano a conoscenza - che è tale il nostro rispetto per le tesi degli altri che ad Hyde Park c'è proprio un angolino, si chiama appunto 'speaker's corner', dove chi vuole può tenere un discorso, nel rispetto del buongusto e nella speranza che ci sia qualcuno che, tra una breve sosta per ritemprarsi o, al contrario, per seviziare i propri muscoli facendo jogging, si fermi ad ascoltarlo. Quindi, più che una abitudine, una attitudine che, a conti fatti, non fa mai male.

Dopo i sindacati, gli industriali: anche Dyson contro il governo Sunak

Per questo, noi sudditi di Carlo III, ascoltiamo soprattutto se conosciamo chi parla e ci incuriosiscono i suoi argomenti, anche se non necessariamente li condividiamo. Prendiamo Sir James Dyson, uno che, grazie al suo intelletto ed alla sua genialità di visionario inventore, qualche soldino lo ha messo in tasca, consentendo alla gente di vivere meglio o, come nel caso delle casalinghe, di muoversi speditamente tra una stanza e l'altro impugnando un aspirapolvere, non come faceva Freddy Mercury quando cantava '' I want to break free''.
Dyson oggi è un marchio conosciuto in tutto il mondo, è un modo di condurre una società con interessi ovunque, è una discreta fortuna personale (con tantissimi zeri, con qualche numero cardinale a precederli, ovviamente in doppia cifra). Ma è anche una voce critica nei confronti del governo che ha staffilato accusandolo di un approccio "stupido" e "miope" nei confronti dell'economia del Paese. Dyson non ama la diplomazia e lo fa da sempre, da quando, capitalizzando le sue invenzioni, non è più solo un semplice industriale, ma un catalizzatore di attenzione. Era anche considerato un imprenditore illuminato, di quelli che non sbagliano un colpo (ovvero un investimento), anche se qualche punto lo ha perso di recente quando la gente sta ripensando, criticamente, alla scelta di uscire dall'Europa, lui che è stato un feroce sostenitore della Brexit. Oggi, comunque, è andato giù pesantemente nei confronti del governo, ponendo, oltre che questioni squisitamente economiche, anche di altra natura, come la filosofia del lavoro.

L'attacco principale di Dyson ha avuto come bersaglio l'annuncio del governo di volere tassare ulteriormente le società per poi, a suo giudizio, andare a pescare voti in chi ritiene che ''spremere'' le aziende un fatto comunque positivo. La scelta del governo, per ''mister aspirapolvere senza fili'', è cosa ''tanto miope quanto stupida'', dicendosi sicuro che, con una economia da tempo globalizzata, le aziende saluteranno il Regno Unito e si sposteranno altrove, con tanti saluti dei dipendenti. Forse Sir James Dyson ha volutamente alzato il possibile livello della ribellione delle aziende all'ennesima tassa, ma probabilmente non è andato lontano perché solo quelle che si sentono veramente britanniche resteranno, pur davanti alla prospettiva di dovere affrontare costi più elevati. Dyson ne ha avute anche per il lavoro da remoto, che se aveva un senso nel periodo della pandemia, viene oggi consentito perché il governo non ha revocato le precedenti indicazioni. 'Questo, per lui, ''ha gravemente danneggiato l'etica del lavoro del Paese", dal momento che "nessun peso" è stato dato "all'importanza della collaborazione faccia a faccia, della cultura condivisa, della salute mentale, della produttività e della produzione, o della formazione di nuovi e giovani dipendenti". Forse non ha tutti i torti.
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