Misurato e concreto, Draghi ha scelto il Meeting per passare il testimone alla politica
- di: Diego Minuti
Misurato, a tratti anche troppo, forse anche monocorde, Mario Draghi ha dato il suo (per il momento) addio alla scena politica con un discorso di forti contenuti per il quale ha scelto il palco del Meeting di Rimini, che non gli ha fatto mancare entusiasmo e applausi convinti, soprattutto quando il presidente del Consiglio ha rivendicato al suo governo - con modi assolutamente non auto-celebratori - una azione forte e decisiva nella lotta alle grandi emergenze che l'Italia ha dovuto affrontare negli ultimi mesi, dalla pandemia, alla guerra scatenata dalla Russia, all'emergenza economica.
Mario Draghi parla al Meeting di Rimini 2022
Forse Draghi ha deluso chi si aspettava fuoco e fiamme dal suo intervento, chi pensava che l'occasione era troppo ghiotta per dire la sua sull'estromissione brutale da palazzo Chigi anche per mano di chi, oggi, si candida a guidare il Paese, sostenendo di averlo sfrattato dalla presidenza del Consiglio per il bene del Paese.
Il presidente del Consiglio, nel suo nemmeno molto lungo intervento, ha voluto ribadire alcuni concetti che, peraltro, sono sempre presenti nella sua narrazione dell'Italia contemporanea, che ha saputo rispondere, meglio di altri in Europa, alla crisi soprattutto economica e, in essa, a quella energetica, affrancandosi per gran parte dalla forte dipendenza dalla Russia - alla quale non ha certo lesionato stoccate per l'aggressione all'Ucraina -, tanto da potere guardare con attenzione, ma non più con paura, al futuro.
Davanti ad un quadro di grande preoccupazione, ''la politica è stata chiamata a dare risposte forti in difesa dei cittadini in grande sofferenza'' e gli italiani ''hanno risposto con grande concretezza e abbiamo tutti insieme mostrato che l'Italia è un grande Paese''.
Gli stessi italiani che Draghi ha invitato a partecipare al voto: ''Non importa" - ha detto - "quale colore caratterizzerà il prossimo governo, ce la faremo come ce l'abbiamo sempre fatta''.
Ma, pur con la sua tranquilla elencazione di problemi e soluzioni, Mario Draghi non si è potuto esimere dal sottolineare che il Paese deve affrontare il futuro senza cadere nella seduzione di formule politiche ed economiche che non traducano in fatti concreti l'enorme sforzo che l'Italia ha fatto per combattere le emergenze. E quando ha parlato di evasione fiscale che non deve essere tollerata e incoraggiata, la sensazione che si è percepita è stata quella di un riferimento, sebbene indiretto, a chi ancora oggi, nel tourbillon di proposte e promesse elettorali, spinge verso l'adozione di forme di tassazioni che poco hanno a che fare con la proporzionalità e l'equità.
Qualcosa che ha in un certo senso approfondito quando, parlando dell'azione del suo governo, il presidente del consiglio ha ricordato la scelta - nel periodo di maggiore gravità della pandemia e delle misure adottate - di ''dare e non prendere'', con la sola eccezione della tassazione degli extra-profitti per i gruppi energetici che hanno macinato dividendi da record.
Forse Draghi ha ceduto solo per un istante alla voglia di ribattere a chi, nelle ultime settimane, lo ha più o meno direttamente - come nel caso dei Cinque Stelle - stigmatizzato per una presunta insensibilità verso le necessità della gente, impoverita dalla crisi. E lo ha fatto usando per una volta, senza ripeterla più, una parola che altri hanno utilizzato per definire le sue politiche: agenda. Ma lui l'ha accostata a ''sociale'', come a dire: l'agenda c'era, ma solo nelle nostre decisioni, non certo come linea politica preordinata e finalizzata a chissà cosa.
Come ha preso l'uditorio l'intervento di Mario Draghi?
A sentire gli applausi scroscianti - certo più forti e più lunghi di quelli di ieri, riservati al leader politici - benissimo, che lo hanno inseguito sino a quando ha lasciato il palco.