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Guerra e diplomazia: la proposta di pace tra Ucraina e Russia che gela Zelensky

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Guerra e diplomazia: la proposta di pace tra Ucraina e Russia che gela Zelensky

Mentre il conflitto tra Ucraina e Russia continua a dilaniare territori e popolazioni, una nuova proposta scuote la scena internazionale. Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’imprenditore immobiliare americano Steven Witkoff avrebbe suggerito la possibilità di un accordo tra Kiev e Mosca che prevedrebbe la cessione da parte dell’Ucraina di cinque territori occupati.

Guerra e diplomazia: la proposta di pace tra Ucraina e Russia che gela Zelensky

La reazione di Volodymyr Zelensky non si è fatta attendere: “È una linea rossa”, ha dichiarato il presidente ucraino, respingendo con fermezza qualsiasi ipotesi di compromesso territoriale. Parole che confermano l’irremovibilità della posizione ucraina di fronte a quella che viene percepita come una resa mascherata.

Washington si smarca dal G7: un silenzio strategico
A rendere ancora più complesso il quadro è stata la scelta degli Stati Uniti di non firmare la dichiarazione finale del G7 sulla condanna dell’attacco russo a Sumy, città ucraina duramente colpita nei giorni scorsi. Un gesto che ha sollevato interrogativi tra gli alleati occidentali e che, secondo le fonti americane citate da Bloomberg, avrebbe uno scopo preciso: lasciare aperti i canali diplomatici con Mosca. Il rischio, temuto in molte capitali europee, è che Washington stia cambiando approccio, preferendo una soluzione negoziata – anche a costo di dolorose concessioni – alla prosecuzione di un conflitto che sembra destinato a protrarsi a lungo.

Il fronte occidentale si incrina: la voce dell’Olanda
A complicare ulteriormente il contesto sono arrivate le parole del primo ministro olandese Mark Rutte, che ha espresso “sostegno agli sforzi di pace del presidente Trump”, sottolineando la necessità di “trovare una via d’uscita sostenibile”. Una frase che, letta tra le righe, lascia intendere un possibile scivolamento dell’asse europeo verso posizioni più pragmatiche, meno legate al principio dell’integrità territoriale ucraina e più orientate al contenimento del conflitto. È il segnale che anche in Europa comincia a serpeggiare la stanchezza per una guerra che dura ormai da oltre due anni, con costi umani ed economici sempre più difficili da sostenere.

Mosca osserva e attende, ma non fa concessioni

Dal Cremlino non arrivano dichiarazioni ufficiali, ma secondo fonti diplomatiche russe, l’ipotesi di un accordo parziale – che consoliderebbe il controllo su Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e Crimea – viene considerata una “base di partenza accettabile”. Non è un mistero che Vladimir Putin punti a congelare il conflitto con il massimo vantaggio strategico possibile. Un eventuale compromesso territoriale rappresenterebbe per Mosca una vittoria diplomatica da rivendere internamente come giustificazione della lunga campagna militare. Tuttavia, nessuna apertura concreta è stata manifestata sul ritiro delle truppe o su una possibile smilitarizzazione dei territori occupati.

Zelensky stringe i ranghi: nessuna concessione alla Russia
Di fronte a queste manovre diplomatiche, Zelensky ha scelto la linea della fermezza. La possibilità di cedere territori – anche solo per avviare un dialogo – viene vissuta come un tradimento del sacrificio del popolo ucraino. “Ogni centimetro della nostra terra è sacro – ha detto il presidente – e non sarà mai oggetto di negoziazione”. La sua posizione è sostenuta da una parte significativa della popolazione, ma comincia a fare i conti con un contesto internazionale in mutamento. L’Occidente che finora ha garantito aiuti, armi e copertura diplomatica, mostra ora segnali di incertezza e di volontà di rientrare nei ranghi di un equilibrio negoziato.

Il ruolo ambiguo degli Stati Uniti nella nuova era Trump
Sullo sfondo, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca segna un cambio di tono radicale rispetto alla precedente amministrazione Biden. Il nuovo presidente americano ha fatto sapere di voler “porre fine alla guerra in 24 ore”, suggerendo un piano che molti leggono come una spinta all’Ucraina per accettare compromessi pesanti. Trump non ha mai nascosto di considerare il conflitto un problema europeo più che americano, e le sue prime mosse sembrano confermare questa linea di disimpegno progressivo. La scelta di non firmare la condanna del G7 su Sumy è, in questo senso, solo la punta dell’iceberg di una strategia ben più ampia.

Una pace difficile da costruire, ma ancora più difficile da rifiutare
La proposta di Witkoff – sebbene non ufficiale – ha riaperto un tema scomodo per Kiev: quanto ancora sarà possibile contare sul pieno sostegno dell’Occidente? E cosa succederà se i principali alleati cominceranno a trattare alle spalle dell’Ucraina? Zelensky lo sa bene: ogni spiraglio negoziale rischia di trasformarsi in una pressione diretta a cedere. Eppure, senza un tavolo diplomatico, la guerra appare destinata a continuare, con un bilancio sempre più drammatico. Il timore è che, in nome della pace, si possa arrivare a legittimare un’aggressione. E a riscrivere le regole della convivenza tra Stati con il linguaggio della forza.

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