Decarbonizzazione: in Italia investimenti record (127 mld di euro nel 2023), ma il traguardo climatico è ancora lontano

- di: Barbara Leone
 

Nel 2023, l’Italia ha investito oltre 127 miliardi di euro per sostenere la decarbonizzazione, una cifra che rappresenta un quarto degli investimenti totali realizzati nel Paese. Tuttavia, questi sforzi non bastano per garantire il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici stabiliti dall'Unione Europea per il 2030. Lo studio “Zero Carbon Policy Agenda 2024”, realizzato dall'E&S della School of Management del Politecnico di Milano, ha infatti rilevato che la riduzione delle emissioni di CO2, benché positiva, è ancora insufficiente. Per centrare i target europei, il taglio delle emissioni dovrebbe infatti raddoppiare. I settori che necessitano maggiori interventi sono quelli dei trasporti, della produzione di energia e calore e dei consumi residenziali e commerciali. Nonostante un trend a lungo termine in miglioramento, grazie a una riduzione dei consumi energetici e alla crescita delle energie rinnovabili, l’Italia continua ad avere un margine di miglioramento rispetto alla media europea.

Decarbonizzazione: in Italia investimenti record (127 mld di euro nel 2023)

Questo è in parte dovuto alla crescita inferiore del PIL italiano rispetto agli altri Paesi dell'UE, che ha limitato la capacità di investimento nella transizione ecologica. L'analisi del Politecnico di Milano evidenzia anche un crescente impegno del settore privato in materia di ESG (Environmental, Social, Governance) e finanza sostenibile, con le aziende quotate in Borsa che si dimostrano più attive rispetto a quelle non quotate. Tuttavia, per sfruttare appieno il potenziale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dei fondi REPowerEU, che l’Italia ha ricevuto in abbondanza, è necessario migliorare l'allocazione delle risorse, spesso non ottimizzata rispetto agli obiettivi climatici.

 “Si tratta di numeri importanti che testimoniano la rilevanza della decarbonizzazione in Italia, ma è necessario fare di più e meglio”, sottolinea Vittorio Chiesa, direttore di E&S, secondo cui un cambio di passo è ancora possibile, considerando il potenziale inespresso sia del settore pubblico che privato. Gli investimenti privati, alimentati dai criteri ESG, stanno già producendo risultati concreti, integrando standard ambientali e di governance nelle decisioni finanziarie e promuovendo uno sviluppo economico responsabile. Tuttavia, resta una frammentazione nella valutazione delle performance ESG, priva di standard universali, con una conseguente eterogeneità tra i provider di servizi di valutazione.

Un altro elemento rilevante riguarda la disparità tra aziende quotate e non quotate. Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e curatore dello studio, ha affermato che le imprese quotate sono soggette a maggiore pressione da parte del mercato, riducendo le loro emissioni con un tasso annuo di riduzione del 12%, contro l’8% delle non quotate. In particolare, le prime 40 imprese italiane per capitalizzazione di Borsa hanno diminuito la loro Emission Intensity (emissioni di CO2 per milione di euro di valore aggiunto) da 0,62 kton CO2 nel 2018 a 0,39 nel 2022. Al contrario, il 70% delle aziende non quotate non adotta criteri ESG, con un'Emission Intensity di 0,77 kton CO2/mln di euro, una riduzione inferiore rispetto alle quotate.

L'importanza di coinvolgere le imprese di minori dimensioni nella decarbonizzazione è evidente, ma il processo è complicato dalla mancanza di un quadro regolatorio europeo specifico. A partire dal 2027, circa 740 grandi aziende italiane dovranno integrare pratiche di due diligence di sostenibilità nelle loro operazioni, includendo la catena del valore. Questo nuovo obbligo normativo, previsto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), richiederà risorse significative e ha sollevato preoccupazioni tra le imprese. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalla scarsa attenzione politica sul tema della decarbonizzazione in Italia. Secondo Chiaroni, durante l'ultima legislatura del Parlamento Europeo, l’Italia si è distinta come uno dei Paesi meno virtuosi in termini di supporto alle proposte di decarbonizzazione, posizionandosi al fianco della Repubblica Ceca, con prestazioni solo leggermente migliori di Ungheria e Polonia. Inoltre, l’attuale composizione del Parlamento Europeo non garantisce più la maggioranza favorevole che aveva permesso l'adozione delle principali leggi climatiche negli ultimi cinque anni. Questo potrebbe rallentare ulteriormente il processo di decarbonizzazione e bloccare gli investimenti necessari per raggiungere i target climatici del 2030.

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