Dazi Usa, il Made in Italy trema: Meloni cerca lo scudo diplomatico con Trump

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

L’annuncio di nuove tariffe doganali da parte degli Stati Uniti rischia di mettere in crisi il Made in Italy, colpendo settori strategici dell’economia nazionale. L’agroalimentare, la moda e la meccanica guardano con crescente preoccupazione a Washington, mentre il governo Meloni tenta di giocare la carta dei buoni rapporti con Donald Trump per arginare l’impatto delle misure protezionistiche.

Dazi Usa, il Made in Italy trema: Meloni cerca lo scudo diplomatico con Trump

Secondo le stime degli analisti, l’offensiva commerciale annunciata potrebbe costare miliardi di euro alle esportazioni italiane, mettendo in difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese che rappresentano l’ossatura del sistema produttivo nazionale. "L’America è un mercato essenziale per la nostra crescita – spiega un dirigente del settore vinicolo – e un rialzo delle tariffe ci metterebbe fuori gioco rispetto ai competitor internazionali." Il timore è che si ripeta lo scenario del 2019, quando una serie di dazi introdotti dall’amministrazione Trump colpirono prodotti simbolo come il Parmigiano Reggiano, il Prosecco e l’olio d’oliva, generando un contraccolpo significativo per le esportazioni italiane.

Il piano di Palazzo Chigi

A Roma, la strategia è chiara: puntare sulla sponda politica con l’ex presidente Usa, da sempre interlocutore privilegiato del centrodestra italiano. Fonti governative parlano di "canali aperti" con l’entourage trumpiano, convinti che l’Italia possa ottenere un trattamento di favore rispetto ad altri paesi europei. Giorgia Meloni, reduce da incontri bilaterali con esponenti repubblicani, starebbe cercando di rafforzare il dialogo per evitare che l’Italia finisca tra i bersagli principali della nuova offensiva commerciale americana.

Il governo si muove con prudenza, consapevole che la posta in gioco è alta. La premier ha già avviato interlocuzioni con il Dipartimento del Commercio Usa e con il rappresentante per il commercio estero, puntando a una strategia negoziale che possa garantire una "corsia preferenziale" per le eccellenze italiane. L’obiettivo è duplice: evitare dazi punitivi e, al contempo, rafforzare la presenza italiana sul mercato statunitense con nuove partnership commerciali.

Le incognite del fronte europeo

Sul fronte europeo, però, la strategia italiana appare più complicata. Bruxelles sta cercando di coordinare una risposta comune alla politica protezionistica americana, ma le divergenze interne rischiano di rallentare l’adozione di misure efficaci. La Germania, principale partner commerciale degli Usa in Europa, adotta un approccio cauto, mentre la Francia spinge per una linea più dura e orientata a ritorsioni economiche. L’Italia si trova così in una posizione delicata, costretta a bilanciare gli interessi nazionali con la necessità di non isolarsi dal contesto europeo.

"Se l’Europa non troverà una posizione unitaria, l’Italia rischia di essere lasciata sola a gestire un problema di portata globale," commenta un esperto di commercio internazionale. Il nodo principale riguarda la capacità dell’UE di negoziare da una posizione di forza, cosa che finora è mancata nei rapporti con Washington.

I settori più a rischio

Se il comparto agroalimentare è in prima linea, anche la moda e la meccanica di precisione rischiano di subire pesanti contraccolpi. Le aziende del lusso, che da sempre puntano sul mercato americano per trainare le vendite, temono una riduzione della competitività, mentre il settore automotive, già sotto pressione per la transizione ecologica, rischia di dover rivedere i piani di espansione oltre oceano.

"I margini di manovra sono stretti – ammettono gli imprenditori – e servono risposte rapide per evitare una fuga di capitali e investimenti verso altri mercati più stabili." Le associazioni di categoria, da Confindustria a Coldiretti, chiedono interventi urgenti da parte del governo, con misure di sostegno all’export e incentivi fiscali per compensare le perdite.

Alcuni settori stanno già cercando di diversificare le rotte di export verso mercati alternativi come Cina e Paesi del Golfo, ma il mercato statunitense rimane insostituibile per molti comparti. L’agroalimentare italiano, ad esempio, dipende dagli Usa per una fetta significativa delle esportazioni di prodotti certificati DOP e IGP, il cui valore è aumentato del 20% negli ultimi cinque anni.

La strategia delle imprese

Nel frattempo, le aziende stanno esplorando nuove strategie per contenere gli effetti dei dazi. Alcune grandi imprese, come quelle del settore del lusso e della meccanica, stanno valutando la possibilità di aprire stabilimenti produttivi negli Stati Uniti per aggirare le nuove barriere commerciali. Tuttavia, per le PMI italiane, che costituiscono l’80% del tessuto produttivo, questa soluzione non è percorribile a breve termine.

Un altro fronte su cui le imprese stanno lavorando è l’ottimizzazione delle catene di approvvigionamento, cercando di ridurre la dipendenza da materie prime e componenti importate dagli Stati Uniti, e puntando su un modello più sostenibile e circolare.

Scenari futuri

Nei prossimi mesi, molto dipenderà dall’andamento della campagna elettorale americana e dalle mosse dell’Unione Europea. Il rischio di una nuova guerra commerciale è concreto e l’Italia, con il suo tessuto produttivo legato all’export, non può permettersi di restare in una posizione di attesa. Palazzo Chigi continua a lavorare sotto traccia, nella speranza che la diplomazia riesca a scongiurare l’ennesima tempesta sui mercati.

Intanto, il mondo imprenditoriale si interroga su quale sia la strategia più efficace per affrontare il nuovo scenario globale. L’unica certezza, per ora, è che il Made in Italy dovrà affrontare una sfida senza precedenti, tra pressioni internazionali e necessità di innovare per rimanere competitivo.

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