Export in crescita, Cina superata e filiere integrate: la sorpresa del 2025.
(Foto: la presidente del Messico Claudia Sheinbaum)
Doveva essere una stangata. È diventata una rivincita.
Quando Washington ha alzato le barriere su auto, acciaio e alluminio, molti hanno previsto un colpo duro
per l’economia messicana orientata alle esportazioni. Invece, i numeri hanno preso un’altra strada.
In base a quanto riportato dal Wall Street Journal (dicembre 2025), le esportazioni manifatturiere
del Messico verso gli Stati Uniti sono cresciute di quasi il 9% tra gennaio e novembre 2025, rispetto allo stesso
periodo del 2024, pur in presenza di tariffe mirate.
Auto in frenata, ma la manifattura accelera
Il settore automobilistico segna una flessione di circa il 6%. Ma il punto è che non tutto il “made in Mexico”
è fatto di auto: altre categorie manifatturiere hanno registrato un +17% nello stesso arco temporale.
È qui che si vede la forza della filiera.
Molte importazioni statunitensi dal Messico, infatti, sono beni intermedi: componenti e semilavorati che entrano
nelle fabbriche Usa e tornano sul mercato come prodotti finiti. In pratica, una parte del commercio è produzione condivisa.
Commercio bilaterale vicino al record
Il flusso complessivo di beni tra Stati Uniti e Messico è proiettato verso un massimo storico,
con una traiettoria che sfiora i 900 miliardi di dollari nel 2025 (stime su dati aggiornati a fine 2025).
Un livello che racconta un’integrazione più forte delle barriere.
Il sorpasso sulla Cina e la spinta del nearshoring
Dal 2023 il Messico ha superato la Cina come principale fornitore estero degli Stati Uniti, e nel 2025 questa
posizione si consolida. A favorirla: prossimità geografica, costi competitivi e una filiera
nordamericana ormai strutturata.
È il cuore del nearshoring: produrre più vicino al mercato finale per ridurre costi logistici, tempi e rischi
geopolitici. Il Messico diventa così un “cuscinetto industriale” tra domanda Usa e catene globali più fragili.
Crescita modesta, ma niente crollo
La vittoria commerciale non significa boom del Pil: la banca centrale messicana prevede per il 2025 una crescita intorno allo
0,3%. Tuttavia, è ben distante dagli scenari più cupi che circolavano a inizio anno.
Kathryn Exum (Gramercy Funds Management), citata nelle analisi di fine 2025, lo riassume così:
"a questo punto si temeva una contrazione, non una crescita".
La lezione dei dazi: colpiscono, ma non spezzano
Il caso Messico mostra un punto spesso ignorato: quando le economie sono legate da catene del valore, i dazi possono
spostare i flussi, ma difficilmente riescono a spezzare l’integrazione produttiva.
E a volte finiscono per accelerare l’adattamento delle imprese.
Risultato: il Messico, dato per vulnerabile, emerge come vincitore inatteso di una fase che doveva penalizzarlo.
E la “guerra commerciale” si ritrova con un verdetto ironico: più barriere, ma filiere ancora più pronte a riorganizzarsi.