Donne bellissime, simili a pietre preziose, si fanno icone di grazia per diventare protagoniste di un linguaggio decorativo fatto di linee, fiori, atmosfere oniriche.
Brillano come lune, ora sono stagioni, ora stelle della sera, protagoniste di litografie colorate, occhi ammalianti che sbucano dai cartelloni teatrali come dagli annunci pubblicitari, in un’ode alla figura femminile che rare volte la storia dell’arte ha intessuto in modo così vero e appassionato.
A Roma l’ode di Mucha alla donna, tra bellezza e seduzione
Portatrici di una libertà fino a quel momento negata, espressioni di una visione rivoluzionaria della femminilità, le donne di Alphonse Mucha sfilano a Palazzo Bonaparte, protagoniste della mostra “Alphonse Mucha. Un trionfo di bellezza e seduzione”, in corso fino all’ 8 marzo.
In un allestimento che valorizza le oltre 150 opere esposte, grazie all’utilizzo sapiente di luci, profumi, musiche e cromie, ma anche arredi e materiali d’epoca che guidano il pubblico in un vero e proprio passaggio temporale, riportandolo indietro nel tempo, le curatrici Elizabeth Brooke e Annamaria Bava, con la direzione scientifica di Francesca Villanti, trasformano il palazzo di Generali nel tempio dell’Art Nouveau.
Roma accoglie così la più ampia retrospettiva mai dedicata all’artista ceco, padre e maestro indiscusso di quello stile raffinato e sensuale che ha rivoluzionato l’immaginario visivo di ogni tempo.
Prodotta e organizzata da Arthemisia con la Mucha Foundation e i Musei Reali di Torino, in partnership con Generali Valore Cultura, l’esposizione non si limita a raccontare l’evoluzione dello stile di Mucha, ma invita il visitatore a entrare nel suo mondo, restituendo l’atmosfera vibrante della sua epoca.
La svolta decisiva nella carriera di Mucha avviene nel 1894 con l’incontro con l’attrice teatrale francese Sarah Bernhardt. L’illustratore, fino ad allora sconosciuto nel campo pubblicitario, riceve dalla “Divina” l’incarico di creare il manifesto per Gismonda, evento cruciale che trasformerà radicalmente il suo percorso artistico e professionale. L’attrice restò a tal punto affascinata dall’originalità delle sue composizioni a grandezza naturale, e dalla capacità di Mucha di ritrarre l’anima dei personaggi da offrirgli un contratto di sei anni come disegnatore e direttore artistico. Durante questa collaborazione, Mucha non si limiterà ai manifesti, ma darà vita a costumi, gioielli e scenografie, realizzando altre sei affiche che consacreranno Sarah Bernhardt come icona imperitura.
La mostra non poteva pertanto non riservare a Gismonda un posto d’onore, proprio all’ingresso del percorso espositivo. Accanto a lei Médée, JOB, la serie The Stars del 1902 o quella sulle Pietre Preziose del 1900 o ancora, in chiusura di percorso, gli studi sull’Epopea Slava provenienti dal Mucha Museum di Praga.
Quest’opera monumentale composta da venti tele ha raccontato i momenti salienti della storia slava dal III al XXX secolo ed è un invito al popolo intero a trarre insegnamento dalla storia per conquistare la libertà.
«Nel celebrare il 25º anniversario di Arthemisia, sentivamo il dovere e insieme il desiderio - spiega Iole Siena, Presidente di Arthemisia - di rendere omaggio a ciò che da sempre è il cuore pulsante della storia dell’arte: le donne e la bellezza femminile. Una bellezza che non è mai soltanto ornamento, ma che racchiude forza, grazia, mistero, seduzione, e che i secoli hanno saputo raccontare con linguaggi diversi e sempre attuali. Abbiamo scelto di farlo in un luogo che è ormai diventato un simbolo, un tempio consacrato alle grandi mostre d’arte: Palazzo Bonaparte, che ancora una volta si apre per accogliere un’esposizione inedita, intensa, emozionante».
La donna di Mucha è al centro anche delle locandine pubblicitarie, ieratica, incorniciata da contorni grafici dinamici che ricordano i preraffaelliti, ma anche le xilografie giapponesi, le decorazioni bizantine. Così è per la campagna pubblicitaria all’azienda Nestlé e Moët & Chandon o per quella dei biscotti Lefèvre-Utile che contribuiranno a fare di Mucha il pioniere del branding moderno attraverso la creazione da parte dell’artista di un’immagine unica, replicata in serie su supporti differenti.
Non manca l’uomo Mucha, oltre l’artista, con il suo interesse per il misticismo, l’occultismo, le forze misteriose che regolano l’esistenza, una ricerca spirituale che porterà il pittore ad aderire alla massoneria. E poi la sua personale interpretazione del Padre nostro, attraverso sette serie di tavole decorative create per accompagnare il lettore.
Ma la sala più emozionante della mostra resta forse quella dedicata alla Venere di Botticelli, ospite d’onore dell’esposizione, in prestito in via del tutto eccezionale dai Musei Reali - Galleria Sabauda di Torino, perfetta sintesi del concetto di bellezza e seduzione.
Icona e testimonial mondiale del fascino senza tempo, la Venere stabilisce un ponte ideale tra l’arte rinascimentale e l’Art Nouveau. Il capolavoro quattrocentesco, recentemente oggetto di approfondite indagini diagnostiche, dialoga sorprendentemente con le figure femminili di Mucha, rivelando come l’ideale di bellezza attraversi i secoli con continuità straordinaria.
E se veramente la missione di un artista, come Mucha scrive, è quella di insegnare al popolo ad amare la bellezza, si può dire che la missione del maestro ceco risulti perfettamente compiuta.