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Cuba senza casa: oltre 800mila abitazioni mancano all’appello

- di: Bruno Legni
 
Cuba senza casa: oltre 800mila abitazioni mancano all’appello
Cuba senza casa: oltre 800mila abitazioni mancano all’appello
Una su tre è in condizioni critiche. Il piano edilizio langue tra carenze strutturali, vecchie tecnologie e crisi energetica. Il Parlamento suona l’allarme.

Una crisi lunga decenni, ora esplosa in numeri

Cuba ha finalmente messo nero su bianco una verità che i suoi cittadini conoscono da anni: il Paese ha bisogno di oltre 800mila abitazioni per garantire un tetto sicuro a tutti. Il deficit complessivo è di 805.583 unità abitative, divise tra le 407.219 che mancano del tutto e le 398.364 da ristrutturare urgentemente.

Ma il problema non è solo quantitativo. Anche la qualità dell’edilizia esistente è allarmante: su 4,1 milioni di case, solo il 65% è in buono stato tecnico. Il resto – circa 1,4 milioni – si trova in condizioni definite “regolari” o addirittura “pessime”. Non si tratta solo di numeri: dietro ogni cifra c’è una famiglia che vive in ambienti fatiscenti, spesso senza garanzie di sicurezza strutturale o servizi essenziali.

Un piano ambizioso che resta sulla carta

Il governo cubano ha promesso, per il 2025, la costruzione di 10.795 nuove abitazioni. Ma i risultati concreti sono desolanti: al momento, solo 2.382 case sono state completate, appena il 22% dell’obiettivo annuale. Il dato è lo specchio di un piano statale inchiodato tra burocrazia, inefficienze e una cronica carenza di risorse.

La scarsa disponibilità di materiali da costruzione è uno degli ostacoli principali. In particolare, cemento e acciaio risultano sempre più difficili da reperire a causa della limitata capacità produttiva interna e delle difficoltà di importazione aggravate dalle sanzioni statunitensi e dalla crisi economica globale.

A questo si aggiunge la mancanza di carburante, che colpisce duramente ogni fase del processo edilizio. E poi c’è la questione tecnologica: le attrezzature utilizzate sono spesso obsolete, risalenti in alcuni casi agli anni ‘80, con un’efficienza ben lontana dagli standard minimi.

Un’urgenza sociale che diventa emergenza politica

Per milioni di cubani, trovare una casa dignitosa è una lotteria. Le giovani coppie vivono spesso con i genitori o i nonni, in abitazioni sovraffollate. Molti nuclei familiari arrivano a dividere 40 metri quadri in 5 o 6 persone, senza privacy né sicurezza.

Il sociologo Marcos González spiega che “il diritto alla casa è uno dei primi a essere sacrificato quando un’economia entra in crisi profonda. A Cuba, questa crisi è ormai sistemica e colpisce le fasce più vulnerabili, che non possono accedere nemmeno al mercato nero edilizio”.

Nonostante i proclami del governo, la risposta è apparsa finora debole. La stessa presidente della Commissione edilizia dell’Assemblea Nazionale, Miriam Marbán, ha ammesso che “la situazione è grave” e che “serve un cambio radicale di strategia”.

La fuga dai centri urbani e l’esodo interno

Il degrado abitativo sta anche alimentando un fenomeno di migrazione interna. Molti cittadini abbandonano le aree urbane più congestionate – come L’Avana, Santiago de Cuba o Holguín – per cercare rifugio in zone rurali, dove le case sono meno degradate, ma mancano servizi e opportunità.

Oltre 40mila persone hanno cambiato provincia nel solo primo semestre del 2025, in cerca di sistemazioni più vivibili. Ma è un esodo silenzioso, spesso invisibile alle statistiche ufficiali, e che sta spopolando interi quartieri urbani, soprattutto nelle periferie.

La beffa delle ristrutturazioni: promesse senza fondamenta

Tra le 398mila abitazioni che richiedono interventi urgenti, una su tre ha problemi strutturali: crolli parziali, infiltrazioni gravi, impianti elettrici e idraulici fuori norma. Tuttavia, i fondi per le ristrutturazioni sono quasi inesistenti, e l’accesso al credito è una chimera.

Nel 2024, solo il 3,7% delle richieste di sostegno per lavori edilizi è stato accolto. Le famiglie restano dunque ostaggio di un sistema che promette senza costruire e annuncia senza rinnovare.

Un piano nazionale da rifondare

La gravità della crisi ha spinto alcuni membri del Parlamento a proporre una revisione radicale del piano nazionale per l’edilizia, spostando il focus dalla nuova edificazione alla manutenzione dell’esistente. Ma le proposte restano su carta.

L’economista Rafael Hernández sottolinea che “nessun piano edilizio può funzionare se non si affrontano prima le distorsioni strutturali dell’economia: monopoli statali, bassa produttività, fuga di manodopera qualificata”.

Un Paese in stallo, sospeso tra passato e futuro

L’emergenza abitativa è solo un riflesso di un blocco più profondo. Cuba vive una stagnazione paralizzante, aggravata dal contesto internazionale e da un sistema economico che fatica a riformarsi.

Ogni casa non costruita, ogni ristrutturazione mancata, è un simbolo della promessa non mantenuta di una rivoluzione che, oggi, non ha più nemmeno i mattoni per sostenere il proprio popolo.

Il governo ha annunciato che “rafforzerà la produzione locale di materiali” e che “verrà incentivata l’impresa edilizia municipale”, ma gli osservatori sono scettici. “I segnali di svolta sono ancora troppo deboli per parlare di inversione di tendenza”.

Serve una scossa

Più che piani quinquennali, a Cuba serve una visione pragmatica e inclusiva, capace di rimettere al centro le esigenze reali della popolazione. A partire da quella più semplice e imprescindibile: avere un tetto. Per ora, l’unico dato certo sono le crepe. E non solo nei muri.

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