Cronache dai Palazzi - Il "caso Toti" svela il segreto di Pulcinella

- di: Redazione
 
Alzi la mano chi si è veramente sorpreso nell'apprendere, con il caso che sta coinvolgendo il presidente (sospeso) della Regione Liguria, Giovanni Toti, che la politica si alimenta anche grazie ai rapporti - più o meno leciti, più o meno inopportuni - con l'imprenditoria.
E chi è rimasto sorpreso evidentemente vive in un mondo tutto suo, magari ricordandosi come, quando Atene era al centro del mondo, alle cariche pubbliche potevano accedere solo coloro che erano ricchi (per censo di famiglia o per esserlo diventati prima). Questo per il motivo semplice che questa condizione di agiatezza li avrebbe dovuti mettere al riparo dal solo vero pericolo che, ieri come oggi, aleggia su chi pensa di potere stare una spanna sugli altri: la tentazione.

Cronache dai Palazzi - Il "caso Toti" svela il segreto di Pulcinella

Una cosa che ancora ha il suo peso nella storia, italiana in particolare, nonostante le decine di arresti, inchieste, condanne che, come monito, dovrebbero ''consigliare'' di stare lontani da chi blandisce, con la promessa di rendere il potere ancora più forte. Oppure sventolando davanti al naso del potente di turno del denaro (nelle varie forme che esso può assumere, dalle banconote a regali costosi, per tacere di altri imbarazzanti gadget).
Andando al caso ligure è paradossale che qualcuno si sia meravigliato perché, purtroppo, così è che va la politica e non solo da quando è stato cancellato il finanziamento pubblico dei partiti. Una misura giusta, anche se ha dato il via ad una serie infinita di azioni che, cercando di avere il necessario carburante per mandare avanti la costosa macchina della politica, hanno superato il confine netto tra ciò che è legale o no.
Giovanni Toti ha ottenuto dagli imprenditori dei finanziamenti, peraltro correttamente resocontandoli, per come sottolinea il suo entourage. Cioè, in buona sostanza, i finanziamenti arrivavano, ma erano alla luce del sole, anche se il contenuto di alcune intercettazioni sembrano lasciare pensare ad altro.

Ma il punto non è questo: la cosa su cui ci si deve interrogare è come si possa pensare che un imprenditore finanzi con ''x'' migliaia di euro la campagna elettorale di un uomo o di una donna che vivono dentro la politica senza sperare che, una volta in sella all'impetuoso destriero del potere, l'eletto se ne ricordi e assuma conseguenti comportamenti per sdebitarsi.
Non si può essere ipocriti sino a questo punto. Non si può pensare che, dopo avere allacciato rapporti di natura economica o di opportunità, chi entra nella stanza dei bottoni non guardi con occhio benevolo le istanze di chi, appena poco tempo prima, lo ha aiutato economicamente. Tutto per iscritto e resocontato, ma lo ha aiutato. E se, come si dice, una mano lava l'altra, qui siamo sotto la doccia fatta di interessi, connivenze, intrighi, indebite pressioni.

Questo è il problema e come tutti i problemi dovrebbe avere una soluzione, che però oggettivamente non è facile da individuare. La più facile sarebbe quella di inasprire le condanne, anche se si sa che elevare il tetto di una pena non è certo un deterrente. Anche perché per essere esecutiva una condanna deve transitare per tutti i gradi di giudizio. E, con i tempi della nostra giustizia, un colpevole oggi (almeno nei processi mediatici) potrebbe essere l'innocente di domani (in un'aula di giustizia), e niente gli restituirà il dolore e le umiliazioni subite. Ci sono però delle evidenze che non possono essere sottaciute o, peggio, nascoste.
A cominciare dal fatto che i politici - come dimostrato anche da caso di Giovanni Toti - non possono tenersi lontano dagli imprenditori, essenzialmente perché sono loro che producono reddito e ricchezze per il territorio amministrato. Ma avvicinarsi non significa infilare le dita nel barattolo della marmellata della corruzione e sperare di tirarle fuori pulite come erano prima di entrarci.

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