Covid: la Spagna paga pesantemente le scelte 'sociali' durante la pandemia

- di: Redazione
 
La pandemia ha colpito ovunque e i Governi hanno cercato di contrastarne le conseguenze scegliendo strumenti a volte diversi, ma sempre con il medesimo obiettivo: aiutare la gente a superare la crisi con i minori danni possibili. Un esempio su cui riflettere, per le evidenti somiglianze con il nostro Paese, è il modello della Spagna dove le società pubbliche, nel 2020 (cioè nel momento in cui la pandemia si è manifestata in tutta la sua gravità), hanno subito perdite record, in misura molto maggiore rispetto alle loro controparti del settore privato.

Una delle cause di questa evoluzione disomogenea è stata che, a differenza delle aziende private, quelle statali hanno mantenuto praticamente tutta la loro forza lavoro, senza ricorrere a misure temporanee - come ammortizzatori sociali paragonabili alla cassa integrazione -. Le conseguenze di questa scelta con una precisa finalità sociale sono state che le spese generali sono diminuite, ma di poco, anche se l'attività lavorativa è stata minima o addirittura nulla e i dipendenti delle aziende pubbliche in molti casi non hanno dovuto recarsi al lavoro.

In particolare le società dipendenti dal Ministero dei Trasporti e quelle della Societad Estatal de Partecipaciones Industriales - che raggruppano la maggior parte delle aziende statali - hanno registrato perdite nette di oltre un miliardo e 600 milioni di euro nel 2020. I quasi 120 mila dipendenti delle aziende statali, peraltro, hanno continuato percepire regolarmente lo stipendio quasi per intero.

Spagna: cominciano a pesare le scelte del Governo prese in tempo di pandemia

La solo Sepi ha perso 438,3 milioni di euro nel 2020, l'84% in più rispetto alle perdite registrate nell'anno precedente e gran parte di questo ''rosso'' è gravato sulle Poste, che ha perso 264 milioni. Nel periodo di confinamento, le Poste in Spagna hanno deciso di limitare l'apertura dei propri uffici a tre ore al giorno, di sospendere il servizio pacchi lasciando attivo solo il personale strettamente necessario all'operatività del servizio.

Provvedimenti presi proprio quando la domanda di consegne a domicilio è salita alle stelle a causa delle difficoltà nell'ottenere merce dai cittadini chiusi in casa, soprattutto per gruppi come anziani o malati.
In questo modo, mentre il personale delle aziende private di corriere espresso e quello degli ipermercati e dei grandi magazzini moltiplicava le spedizioni (il commercio elettronico ha battuto i record nel 2020) e non aveva abbastanza risorse umane per far fronte agli ordini, una parte dei 52.000 dipendenti delle Poste era inattivo.

Sebbene gran parte dell'attività sia ripartita da maggio 2020, l'operatore postale pubblico ha perso il 24,1% del fatturato nelle spedizioni postali per l'intero anno ed è cresciuto solo del 4% nel business dei pacchi, molto lontano dagli aumenti a due cifre di anni precedenti.
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