La rabbia in strada è una sconfitta per tutti

- di: Redazione
 
Le scene di violenza di ieri, davanti a palazzo Chigi come in altre città e luoghi del Paese, hanno segnato il momento socialmente più acuto della crisi che stiamo attraversando. Era già accaduto che la rabbia andasse ben oltre le parole, ma si era trattato di episodi che, lo si è scoperto dopo, anche se era intuibile giù sul momento, erano stati alimentati da frange dell'estremismo politico violento e dalla criminalità, che coglie è sempre attenta a cogliere l'occasione per soffiare sulla rabbia popolare per accreditarsi come "regolatrice" della vita quotidiana. Ma ieri abbiamo perso tutti, perché a scendere in piazza non sono state solo alcune categorie, ma tutte quelle produttive che le restrizioni anti-covid hanno messo in ginocchio e che stanno cercando di indurre il governo ad allentare la morsa di misure che, peraltro necessarie, potrebbero essere modulate in modo diverso e meno cogente. Sarebbe un primo passo significativo verso la normalità, che potremo avere solo tra molto tempo. Però attenuare la rigidità di alcune prescrizioni potrebbe dimostrarsi non solo un segnale che il governo pensa già al domani, quanto dare prova di un nuovo modo di rapportarsi con la pandemia, con il progredire - purtroppo non spedito - della campagna vaccinale.

Ma se sono comprensibili le proteste per quanto accade (o quando non accade, come l'erogazione dei tanto decantati ristori) , lo stesso non si può dire per le modalità delle proteste che, non sappiamo se perché sfuggite di mano, hanno buttato a mare il consenso che pure i manifestanti avevano guadagnato. Tutta l'esasperazione non può portare a quanto è accaduto, non perché in assoluto è impossibile evitare che qualcuno perda la testa - conoscendo la disperazione in cui si trova -, quanto perché, al di là del rifiuto ad ammetterlo, le proteste di piazza sono per definizione inquinabili da chi ha tutto l'interesse a tenere alta la tensione sociale o, addirittura, acuirla. La protesta, crediamo, non aveva originariamente una colorazione politica o ideologica, trattandosi di persone che sono scese in piazza per mostrare quanto stanno soffrendo, dopo oltre un anno di blocco. Poi è diventata altro quando, quasi che ci fosse una regia occulta, qualcuno è passato dalle invettive alla violenza, dalle parole al lancio di oggetti, dalle grida a scagliare le transenne di metallo contro le forze dell'ordine. La giustizia, come si dice, ora farà il suo corso e se ci sono delle responsabilità è bene che vengano perseguite.

Ma è difficile pensare che altri che pure hanno responsabilità politiche siano colpiti. Perché la rabbia della gente non è nata ieri, ma è conseguenza anche del tambureggiante cicaleccio di alcuni settori della politica cui fa comodo che si scenda in strada a protestare per potere dire: noi siamo con voi, anzi siamo accanto a voi. Ma non si può certo accettare che ci sia chi fa parte della maggioranza e, contestualmente, contesta il governo, accreditando la tesi che l'esecutivo stia battendo una strada ideologica nella battaglia contro il contagio. Non si fa il bene del governo (sempre che si tenga alla sua sopravvivenza) e non si fa nemmeno il bene del Paese, che non può capire come si possa stare dentro e fuori una coalizione, facendo il pasdaran come se si fosse il più convinto degli oppositori. Matteo Salvini è il capo di un grande partito - al di là del giudizio sulle idee del movimento - e come tale deve essere coerente. Se quel che fa il governo di Mario Draghi non gli aggrada più, stacchi la spina. Se non intende farlo, si renda conto che le sue parole mettono in difficoltà i ministri della Lega spiazzandoli ed indebolendo l'azione del governo.

Che certo non sta facendo il meglio, perché travolto da circostanze avverse che però non debbono essere pagate dalla gente comune. E forse sarebbe il caso di alzare il piede dall'acceleratore delle promesse e dai numeri sparati quasi a casaccio in cerca dell'effetto migliore. I ristori non arrivano o, se lo fanno, sono irrisori rispetto ai danni effettivi; la campagna di vaccinazione è condizionata da mille variabili, che però in altri Paesi hanno neutralizzato per tempo; alcune categorie che pure potrebbero essere fatte ripartire languono aspettando Godot. La luna di miele del governo rischia d'essersi già esaurita ed è arrivato il momento di muoversi veramente, pena il rischio di consegnare il Paese alle ali estreme dell'arco politico che, già ieri, mentre ancora ci si picchiava in piazza Montecitorio, alimentavano la protesta.
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