Covid-19: Draghi mostra i muscoli, ma non cancella i dubbi sul Green pass

- di: Redazione
 
La conferenza stampa di ieri sera del presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha messo in chiaro alcuni punti del suo governo sul quale non intende transigere. Si dirà: e allora, quando mai un premier modifica il suo percorso solo per pressioni esterne?
Ed invece spesso è così perché si sacrificano idee sull'altare dell'interesse del momento che, oggi, potrebbe essere la prosecuzione della vita di questo governo. Cerchiamo di essere più chiari.

L'esecutivo Draghi è nato, oltre per l'oggettiva difficoltà di approntare, in tempi brevi, un governo capace di mettersi al lavoro per fare uscire il Paese dalla crisi pandemica, anche sul prestigio personale del primo ministro, di cui tutti da anni si aspettavano un coinvolgimento politico. Ma avere prestigio non significa essere sganciati dalla realtà quotidiana che, nel caso di un governo talmente ampio in termini di coalizione, come quello in carica, è anche conseguenza di fibrillazioni interne ai partiti della maggioranza, così come delle schermaglie all'interno della stessa area ideologica, magari trasversale come il centrodestra.

Su quest'ultimo aspetto è il caso di soffermarsi perché, nel delicato argomento degli strumenti con i quali contrastare la pandemia, sono evidenti le incongruità, i distinguo, ma soprattutto le ambiguità. Quelle che si traducono in un costante occhiolino a chi, ad esempio, non crede nei vaccini e per questo, rifiutandoli, si espone ed espone al contagio, restando comunque un serbatoio di voti e consenso.
È il caso di Matteo Salvini e Giorgia Meloni che, sicuramente anche per convinzioni ''scientifiche'' personali (nel senso di come percepiscono il pericolo virus e per come intenderebbero affrontarlo), sembrano ondeggiare, mai mostrando una decisa posizione sui vaccini.

La linea di Giorgia Meloni poco interessa al futuro del governo, perché lei e i suoi compagni di partito, vivendo questo periodo dall'opposizione, non devono rendere conto a nessuno e nemmeno confrontarsi con chicchessia.
Ma per Salvini il discorso è diverso perché se da un lato continua a garantire a Draghi il suo appoggio, dall'altro non mostra, in materia di lotta al Covid-19, quella fermezza che ci si attenderebbe da chi del decisionismo ha fatto il suo credo. Anche quando questo lo ha mandato a sbattere contro un muro.

Quella frase di Draghi - l'appello a non vaccinarsi è un appello a morire - sembra essere stata pensata e cucita sulle misure di Salvini che continua nei suoi equilibrismi politici, probabilmente nella convinzione che in questo frangente politico non può fare altro che sostenere il governo. Ma il problema resta e, oggettivamente, è di soluzione ben più complicata di quello che la logica politica potrebbe fare pensare.
Che il Paese debba vincere la sua battaglia con la pandemia è cosa scontata; che lo possa fare con strumenti diversi dalla vaccinazione è tutto da dimostrare; che la gente debba essere lasciata tranquilla di vivere la propria esistenza senza essere circondata da divieti e prescrizioni è auspicabile; che non si debba assolutamente depauperare l'insieme di risultati raggiunti nella lotta al virus deve essere un obiettivo inderogabile. Belle cose, si potrebbe dire, ma come si fa a attuarle nella vita quotidiana è un altro discorso. Bene fa certamente Draghi a marcare l'azione del governo e a ribadirla, ma l'atteggiamento muscolare che mette in mostra non può essere quello di Emmanuel Macron, cui l'ordinamento francese attribuisce competenze ben diverse da quelle del nostro primo ministro.

L'Italia ha bisogno di ordine - non nel senso magari auspicato da qualcuno -, ma anche di ragionevolezza perché la rigidità che sembra accompagnerà l'imposizione del Green pass sembra entrare in rotta di collisione con quelle misure, di minima liberalizzazione, che hanno ridato respiro (economico) alle attività imprenditoriali che vivono di contatto con il ''pubblico pagante''.
Il Green pass è certamente uno strumento efficace, ma non si possono certo tacere certe incongruenze che sembrano palesarsi sul suo cammino. Come il limbo in cui si trovano coloro che hanno fatto solo la prima dose e che quindi non potranno godere del lasciapassare verde, a meno che non venga ritenuta sufficiente in termini di copertura vaccinale. E, poi, i ragazzi che hanno compiuto dodici anni e che per questo - da non vaccinati - non potranno seguire i genitori in vacanza, essendo esclusi dal potere condividere, ad esempio, cene o pranzi in ristoranti che non abbiano tavoli all'esterno. E questo se non è assurdo, poco ci manca.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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