Covid-19: la nuova stretta del Governo strangolerà il turismo

- di: Redazione
 
Quando Giuseppe Conte ha chiuso la sua seconda missione a palazzo Chigi (costretto a giustificarne la fine in una semicomica conferenza stampa con i microfoni poggiati su un tavolinetto, in una scena che per Rocco Casalino doveva segnare una apoteosi) , tutti, con limitatissime eccezioni, hanno accolto la nomina a premier di Mario Draghi con un sospiro di sollievo. Grande la stima, grande il prestigio, grandissime le aspettative, come è normale che fosse, vista la statura dell'uomo e dell'economista che guida il Governo.

Covid-19: la nuova stretta del Governo strangolerà il turismo

Ma, se il tempo è (quasi sempre) galantuomo, allo stesso modo può essere la goccia che spacca la pietra, definendo così il pensiero comune che, con Draghi presidente del consiglio, il nostro, per dirla come Voltaire, sarebbe stato il migliore mondo possibile.

Purtroppo non è così. Forse all'inizio lo era, perché l'entusiasmo era tanto e, in fondo, giustificato. Ma oggi, e lo diciamo con tristezza, non è affatto così perché le ultime mosse dell'esecutivo - di cui Draghi, per il ruolo, è il responsabile soprattutto politico - hanno creato nel Paese un senso di straniamento che, appena poche settimane fa, sarebbe stato infondato.

Il filo spinato che il ministro della Salute, Speranza, ha voluto stendere di nuovo intorno al nostro Paese, per evitare ulteriori contagi, è una misura di prevenzione, certamente, ma è una mazzata per un settore cruciale della nostra economia, l'industria dell'accoglienza.

Tra tamponi di varia attendibilità, ''super'' o ''mini'' green pass, quarantene e quant'altro è stato messo a ''difesa'' del Paese, anche da quelli dell'Unione europea (che non l'ha presa bene, chiedendo la revoca delle misure prima possibile), sarà difficile fermare la valanga di disdette che cominciano già ad abbattersi su alberghi, agenzie turistiche e il sistema di logistica legato al settore.
La domanda se la situazione è realmente seria ha come risposta, certamente, un ''sì''.

Ma se le misure adottate siano veramente l'ultima spiaggia, la nostra linea del Carso, ci permettiamo di dissentire.
Gli ultimi mesi non hanno certo rilanciato il settore turistico, ma hanno comunque consentito di tirare il fiato, non di mettere qualcosa da parte, ma per tappare i ''buchi'' di oltre un anno di lockdown e quarantene. Se oggi si rimette in piedi, al massimo della potenzialità, la macchina della prevenzione i primi a pagarne le conseguenze saranno gli operatori turistici che non possono stare certo aspettare che i fondi del Pnrr dispieghino i loro effetti.

L'unica speranza (che ironia usare questo termine che è anche il cognome del ''nostro'' ministro) è che le restrizioni siano limitate nel tempo e che, nel volgere di poche settimane, si possa riaprire tutto. E c'è anche da pensare al fatto che queste decisioni assunte nel volgere di pochissimo tempo, grazie anche all'ininterrotto stato di emergenza, non hanno consentito agli operatori di prepararsi, magari con delle proposte alternative che possano indurre i turisti stranieri (ma anche quelli nazionali) ad avere fiducia nel nostro sistema sanitario e di prevenzione.
Ma poi, come direbbe Murphy, quando una cosa va male, può andare anche peggio. Difatti ci si è messa pure l'inflazione, la più alta degli ultimi tredici anni, a complicare ancora di più il quadro economico, soprattutto quello delle famiglie che vivono una condizione di perenne acqua alla gola, chiedendosi seriamente come arrivare a fine mese, sotto il bombardamento dei rincari di generi di prima necessità e bollette energetiche.

Pur non condividendone gli strumenti, certo non possiamo dare torto a Cgil e Uil che domani scioperano per protestare contro la relativa incisività delle misure del Governo per alleviare il peso dei rincari sulle famiglie.

Uno sciopero generale è uno strappo, ma è anche un forte grido di dolore che dalla gente deve arrivare al Governo, attraverso un sindacato che è forse stanco di cambiali in bianco.
Mario Draghi, ci si consenta anche questa considerazione, deve forse chiarire quali siano i suoi progetti per il futuro perché l'incertezza che aleggia sulle sue scelte indebolisce non solo lui (semmai di questo egli si possa preoccupare), ma l'intero esecutivo, dilaniato tra ricette contrastanti su come affrontare l'emergenza.
Un primo ministro a mezzo servizio (non perché lo voglia, ma perché tutti aspettano di capire cosa accadrà) non serve a nessuno, soprattutto ad un Paese che chiede una cosa, solo una: tornare a vivere.
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