Cop26: accordo per salvare le foreste del pianeta, ora servono i fatti

- di: Redazione
 
È certamente un risultato importante, almeno a livello mediatico, perché dirsi pronti a chiudere l'era della deforestazione entro il 2030 è un impegno che è molto gravoso perché non si tratta di chiudere un cantiere qui o una segheria lì, ma impone di cambiare una politica che viene coltivata da decenni, da quando gli alberi sono visti non solo come risorsa - il legname -, ma anche come ostacolo all'industria degli allevamenti.
Tra le dichiarazioni e gli accordi di cui si discute, a Glasgow, in occasione di Cop26, quello sullo stop alla deforestazione è sicuramente tra quelli destinati a fare più rumore, non tanto per le finalità che si pongono, quanto perché il termine temporale che si sono dati, il 2030, è talmente vicino che qualche dubbio è lecito per quanto riguarda la loro efficacia.

Cop26: accordo per combattere la deforestazione ma adesso bisogna agire

Anche se non si può non sottolineare l'importanza di una intesa che mette al centro la preservazione delle aree boschive che, negli ultimi decenni (in qualche caso, da più d'un secolo, anche se lo scenario era diverso), sono state aggredite e depauperate, trattando gli alberi come risorsa da spendere sul momento e non invece come garanzia per un futuro ed un presente verdi.

L'accordo è stato firmato o approvato da un centinaio di Paesi tra i quali anche il Brasile che, con un processo che ha subito una violenta accelerazione sotto la presidenza Bolsonaro, ha assistito ad una costante aggressione all'Amazzonia, a tutto vantaggio degli allevatori, alla frenetica ricerca di terreni dove mandare a pascolare e nutrirsi le loro sterminate mandrie di bovini, necessarie all'industria alimentare di mezzo mondo.
Se il presidente brasiliano si dovesse impegnare veramente a invertire una tendenza che sta colpendo al cuore non solo l'ecosistema dell'Amazzonia, ma anche le popolazioni che da sempre vi sono insediate, sarebbe un primo risultato di cui il mondo intero dovrebbe essere soddisfatto.

Potrebbe essere il primo passo verso l'adozione di un codice del rispetto della natura che l'Uomo dovrebbe portarsi dentro, senza avere bisogno che lo si codifichi.
Il mondo non ha più tempo e gli Stati devono impegnarsi veramente a salvare tutti dalla catastrofe ambientale. Gli accordi che si stanno siglando spesso sono vuoti contenitori dove si gettano argomenti, li si frullano per farne semplici formulette, capaci di attirare qualche timido consenso, ma niente di più.
Ad annunciare l'accordo è stato il "padrone di casa" di Glasgow, Boris Johnson, secondo cui, ha detto facendo riferimento alle foreste, "questi grandi ecosistemi pieni di vita, vere cattedrali della natura, sono i polmoni del nostro pianeta".

E non c'è solo l'Amazzonia ad essere ferita dalla deforestazione: basta guardare a quello che è accaduto nella taiga siberiana, alle ferite inferte dagli incendi al patrimonio boschivo del sud degli Stati Uniti, agli alberi abbattuti per il loro legno pregiato, che prende la strada di fiorenti industrie dell'Oriente estremo. Che qualcosa sia stato scritto è un bene. Ora, però, gli uomini e le donne valenti si adoperino non per loro, ma per chi ci seguirà.
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Italia Informa n° 2 - Marzo/Aprile 2024
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