Clima: un primo bilancio dopo una settimana di COP26

- di: Gregorio Staglianò
 
La XXVI Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC), meglio conosciuta come COP26,ha concluso la sua prima settimana di lavori a Glasgow, sotto la presidenza del Regno Unito. Dopo i vaghi accordi del G20 di Roma riguardo l'emergenza clima, gli occhi del mondo sono puntati su come i leader riuniti nella città scozzese intendano contribuire ad accelerare la de-carbonizzazione per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi entro il 2050. La COP26, cominciata il 31 ottobre, che analisti e scienziati non hanno esitato a definire una "last call" per i decision-makers, ha collezionato fino ad ora una serie di dichiarazioni altisonanti e pochi impegni sostanziali, scatenando le proteste degli attivisti e dell’opinione pubblica globale.

Clima: un bilancio dopo una settimana dalla conferenza COP26

Nel primo giorno di COP26 si sono susseguite le testimonianze di Capi di Stato, esperti e personaggi celebri – come quella del naturalista britannico Sir David Attenborough – che hanno sottolineato l’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici con un approccio multilaterale e condiviso. Degno di nota l’impegno del premier indiano Narendra Modi che ha affermato di voler raggiungere obiettivi net zero entro il 2070. È la prima volta che il quarto Paese al mondo per emissioni di biossido di carbonio (CO2) si assume la responsabilità pubblica di un impegno ufficiale per ridurre l’inquinamento atmosferico.

Nel secondo giorno del vertice di Glasgow i leader di 131 Paesi, che contengono oltre il 90% delle foreste della Terra, hanno stipulato un accordo per fermare la deforestazione entro il 2030. Per realizzare questo obiettivo, 11 Paesi del mondo occidentale e tutta l'Unione Europea hanno messo a disposizione 12 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti, che sono rientrati nella High Ambition Coalition, un gruppo informale di 61 Paesi che mira a soluzioni progressiste per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, hanno annunciato che contribuiranno con altri 9 miliardi di dollari, mentre altri 7.2 miliardi di finanziamenti giungeranno del settore privato aggiungeranno. Decine di multinazionali si sono poi impegnate a ripulire le proprie filiere commerciali da prodotti a rischio di deforestazione, mentre 14 "donors" governativi e privati hanno impegnato 1.7 miliardi di dollari per sostenere le popolazioni indigene e le comunità locali nel loro ruolo di custodi delle foreste e della natura. Il precedente impegno, la Dichiarazione di New York sulle Foreste del 2014, era rimasto un annuncio di principio, non sottoscritto da alcuni Paesi chiave tra cui il Brasile e la Russia, che invece sono tra i firmatari del Forest Pledge di Glasgow. Il Presidente Joe Biden ha anche affermato che si impegnerà a tagliare le emissioni globali di metano del 30% entro il 2030. L’iniziativa, parte del Global Methane Pledge, l'accordo firmato da oltre 100 paesi che rappresentano il 70% dell'economia globale, mira a ad abbattere il consumo e il rilascio di idrocarburi a livello globale. Inoltre, i governi di Sudafrica, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, insieme all'UE, hanno annunciato la costituzione di una Just Energy Transition Partnership, un nuovo e ambizioso progetto a lungo termine per sostenere gli sforzi di de-carbonizzazione del Sudafrica.

Dedicato alla finanza sostenibile il terzo giorno della Conferenza: per ridurre lo sviluppo dei combustibili fossili, oltre 20 paesi e istituzioni finanziarie tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Danimarca, Costa Rica e la Banca europea per gli investimenti si sono impegnati a reindirizzare 8 miliardi di dollari l'anno all'energia verde, nella cornice della Glasgow Financial Alliance for Net Zero (GFANZ), lanciata nell’aprile del 2021, per garantire che entro il 2050 tutte le istituzioni finanziarie accelerino la transizione energetica.
Il quarto giorno di COP26 è stato dedicato all'energia, come è stato dimostrato dall’annuncio di 28 Paesi ad aderire alla Powering Past Coal Alliance (PPCA), è un gruppo di Paesi, città, regioni e organizzazioni che mirano ad accelerare l'eliminazione graduale delle centrali elettriche a carbone, nato del 2017. "La fine del carbone è in vista", ha dichiarato Kwasi Kwarteng Segretario di Stato per gli affari economici, l'energia e la strategia industriale del Regno Unito. Anche in questo caso però, nonostante il risultato apparentemente positivo, bisogna tenere in considerazione che molti tra i Paesi più inquinanti hanno sino ad ora rifiutato di eliminare completamente il carbone dal loro sistema industriale. L’impegno preso nel framework della PPCA rischia quindi di diventare un annuncio vuoto.

Il quinto giorno ha visto i giovani al centro, almeno in linea di principio. Il presidente della COP Alok Sharma ha esortato i ministri a considerare le priorità dei giovani nei negoziati della Conferenza e nei piani nazionali sul clima. 23 paesi si sono anche impegnati a introdurre e a implementare progetti di educazione climatica soprattutto nelle scuole, per fornire ai giovani le competenze necessarie per guidare il futuro dell'azione per il clima. Nella stessa giornata, circa diecimila manifestanti si sono assiepati a George Square, nel cuore della città scozzese, per il Fridays for Future organizzato dal movimento ambientalista di Greta Thunberg. "È chiaro a tutti che la CoP26 è un fallimento", ha detto la giovane attivista svedese dal palco di Kelvingrove Park, accusando i leader e i potenti del mondo di "sapere bene" che i "bei discorsi" della COP26 stiano in realtà nascondendo le solite "parole vuote e bla bla bla". Thunberg – e le centinaia di migliaia di attivisti e manifestanti in giro per il mondo – denunciano un principio a loro cristallino: accusando i delegati di far leva su "cavilli e statistiche incomplete" per salvaguardare "il business e lo status quo", non si può affrontare la minaccia del cambiamento climatico "con gli stessi metodi" che hanno portato il mondo a doverla affrontare.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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