Il Centro Studi di Confindustria ha diffuso un’analisi aggiornata che fotografa con toni allarmati lo stato dell’economia italiana nel secondo trimestre dell’anno. A preoccupare maggiormente è l’impatto che il nuovo conflitto tra Israele e Iran sta già avendo sull’intero sistema produttivo. Secondo il rapporto, “l’ennesima guerra rincara l’energia, peggiorando le attese” di imprese e famiglie.
Confindustria lancia l’allarme: “Un nuovo shock globale con la guerra”
Il rincaro dei prezzi del petrolio, registrato subito dopo l’innesco delle ostilità e solo temporaneamente rallentato dalla decisione del presidente Trump di rinviare un eventuale intervento militare, sta mettendo in crisi interi comparti industriali. Le imprese, spiega il Centro Studi, si trovano a fronteggiare un mix tossico di costi energetici in aumento, domanda debole e mercati internazionali sempre più chiusi, stretti nella morsa dei dazi e del protezionismo.
Le tensioni geopolitiche aggravano una congiuntura già fragile
La guerra in Medio Oriente non è l’unico fattore destabilizzante. Confindustria segnala che lo scenario economico globale era già fragile prima della nuova crisi, a causa della lentezza della ripresa post-pandemica, dell’instabilità commerciale e delle tensioni geopolitiche irrisolte, in particolare in Ucraina. Il sistema produttivo italiano, sebbene abbia mostrato una certa tenuta all’inizio del secondo trimestre, rischia ora un arretramento improvviso. Gli indicatori anticipatori che avevano registrato segnali di miglioramento nei servizi, non sembrano sufficienti a compensare le difficoltà dell’industria manifatturiera, che soffre l’aumento dei costi, la scarsità di materie prime e una domanda internazionale in contrazione.
I dazi come freno alla competitività dell’export
Uno degli aspetti più critici messi in luce da Confindustria è l’effetto dei dazi sull’export italiano. Le misure protezionistiche adottate da diverse economie, a partire dagli Stati Uniti e dalla Cina, stanno limitando la competitività delle imprese italiane sui mercati globali. L’analisi sottolinea come “i dazi sull’export e l’incertezza stanno deteriorando la fiducia”, determinando un clima negativo che si riflette sia sui consumi interni sia sugli investimenti. Il rischio, paventato dagli analisti del Centro Studi, è che il deterioramento delle aspettative possa avvitare il sistema economico in una spirale di stagnazione. In questo scenario, le imprese tendono a rinviare gli investimenti, a ridurre la produzione e a rivedere al ribasso le assunzioni, contribuendo a rallentare ulteriormente la crescita.
Energia: prezzi in ascesa e margini erosi
L’altro grande nodo è il costo dell’energia. L’incremento dei prezzi del petrolio, legato sia alla guerra sia alla speculazione sui mercati internazionali, ha un effetto diretto sui bilanci delle aziende energivore, ma si ripercuote anche a cascata su tutto il sistema economico. I margini delle imprese si assottigliano, l’inflazione resta sopra le attese e i costi vengono in parte trasferiti sui consumatori finali. Per Confindustria, il combinato disposto tra incertezza geopolitica e aumento del prezzo dell’energia rappresenta “un potente moltiplicatore di vulnerabilità”, soprattutto per le piccole e medie imprese, che faticano ad assorbire shock ripetuti e ravvicinati.
Il nodo della fiducia: consumi e investimenti in frenata
La fiducia degli operatori economici, secondo l’analisi, sta progressivamente deteriorandosi. Le imprese temono una nuova stretta sul credito, un rallentamento della domanda interna e internazionale e una possibile instabilità dei mercati finanziari. Anche le famiglie mostrano segnali di prudenza, con consumi che si appiattiscono e una crescente propensione al risparmio, alimentata dall’incertezza. Il clima generale appare improntato alla cautela, con un atteggiamento attendista che rischia di bloccare sul nascere ogni possibilità di ripresa. In questo contesto, l’intervento delle politiche pubbliche diventa fondamentale per evitare una recessione prolungata. Tuttavia, le risorse a disposizione non sono illimitate, e le priorità si moltiplicano.
Confindustria chiede misure rapide e stabili
L’associazione degli industriali non si limita alla diagnosi, ma invoca risposte rapide e incisive. Le imprese chiedono un piano energetico strutturale, una revisione dei meccanismi di tutela per le aziende esportatrici e una strategia industriale che rilanci la competitività. Il Centro Studi sottolinea che in assenza di un’azione coordinata e lungimirante, il sistema rischia una stagnazione a bassa produttività, difficile da invertire. L’appello è rivolto al governo italiano ma anche all’Unione Europea, chiamata a uscire da una logica emergenziale per entrare in una fase nuova, in cui le scelte industriali, energetiche e geopolitiche siano orientate a rafforzare la resilienza delle economie continentali.