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Confcommercio: "Inflazione senza freni a giugno"

- di: Daniele Minuti
 
Confcommercio: 'Inflazione senza freni a giugno'
La corsa dell'inflazione in Italia non accenna a fermarsi: le previsioni iniziali erano negative ma purtroppo i risultati mettono in serio dubbio le speranze di ripresa per il prossimo anno, come certificato dalle stime preliminari di Istat analizzate da Confcommercio.

Confcommercio analizza i dati Istat sull'inflazione italiana a giugno 2022

A giugno l'indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dell'1,2% su base mensile e dell'8% su base annua, con un incremento annuo ai massimi dal gennaio 1986. I prezzi al consumo (al netto di energetici e alimentari freschi, componente di fondo a +3,8%m e dei beni energetici, +4,2%) registrano annunci record, mai visti dal 1996. Intanto la crescita di alimentari, lavorati e non, spingono la crescita del carrello della spesa, salito di 8,3 punti percentuali (picco dal gennaio 1986, quando fu +8,6%). L'inflazione acquisita per il 2022 è di +6,4%, per l'indice generale e a +2,9% per la componente di fondo.

L'Ufficio Studi Confcommercio commenta così la stima diffusa dall'Istat: "Il dato sull’andamento dei prezzi rappresenta un ulteriore salto indietro nel tempo, con valori così elevati, sia in termini di profili mensili sia annuali, che non si registravano dalla fine degli anni 80. Non consola sapere che il dato italiano è allineato a quanto si rileva nel complesso dell’area euro (+8,6% tendenziale a giugno). Inoltre, come paventato da tempo, le pressioni inizialmente concentrate nell’energetico si sono ormai diffuse ad altri settori, in primis i trasporti e l’alimentare. In questo momento storico così delicato e con le persistenti tensioni che agitano i mercati delle materie prime, diventa sempre più complicato ipotizzare un rientro delle tensioni inflazionistiche nel breve periodo. Elemento che rende sempre più concreta la possibilità di un’inflazione, nella media del 2022, superiore al 7% e di un rientro molto graduale nel 2023, con inevitabili pesanti effetti sul reddito disponibile e sul potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida da parte delle famiglie, con conseguenti riverberi negati sui comportamenti di spesa"

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