Tra i profumi speziati dei souk, le architetture ottomane che si intrecciano con i grattacieli futuristici, e il battito incessante del Mediterraneo, Beirut si concede un viaggio nell'immaginario italiano. Ma non quello nostalgico delle pellicole in bianco e nero che da sempre incantano cinefili e intellettuali libanesi. Questa volta, il focus è sul presente, sulle storie contemporanee, sulle voci nuove che stanno ridefinendo il cinema del Bel Paese.
Il cinema italiano seduce Beirut: prima edizione dell'Italian Film Festival
La prima edizione dell’Italian Film Festival di Beirut, organizzata dall’Ambasciata d’Italia in Libano e dall’Istituto Italiano di Cultura, in collaborazione con il Metropolis Art Cinema, ha portato sulla scena cinematografica mediorientale un assaggio del cinema italiano di oggi. Un cinema che respira, si muove, si sporca le mani con la realtà e si reinventa, senza mai tradire la sua anima viscerale ed emotiva.
Da Notari a Delpero, passato e futuro a confronto
L’apertura del Festival è stata affidata a Vermiglio, di Maura Delpero, una regista che sa raccontare il femminile con una delicatezza ruvida e penetrante. Un'opera che porta con sé echi lontani del miglior realismo italiano, ma che al tempo stesso sa essere audace, evocativa e sorprendentemente attuale.
E poi, come una chiusura del cerchio, l’evento si è concluso con il cine-concerto di È Piccerella, un gioiello del 1922 firmato dalla pioniera del cinema italiano Elvira Notari. Per l’occasione, il film è stato accompagnato da una colonna sonora elettronica originale, eseguita dal vivo: un incontro tra il passato e il futuro, tra la celluloide e la vibrazione digitale, tra il silenzio delle immagini mute e il rumore della contemporaneità.
Un viaggio tra storie, emozioni e sguardi diversi
Ma l’Italian Film Festival non si è fermato qui. Ha portato a Beirut una selezione di pellicole che raccontano un’Italia diversa, sfaccettata, lontana dagli stereotipi cartolina. Valerio Mastandrea ha esplorato le inquietudini dell’animo umano con Nonostante | Feeling Better, mentre Sara Fgaier ha incantato con Sulla terra leggeri | Weightless, un viaggio poetico nel cuore delle nostre radici.
Ci sono stati i racconti di formazione, come Quell’estate con Irene | My Summer with Irene di Carlo Sironi, e quelli che scavano nella complessità delle relazioni familiari, come Familia di Francesco Costabile e La vita accanto | The Life Apart di Marco Tullio Giordana.
E ancora, il fascino misterioso della Sicilia in Iddu | Sicilian Letters di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, l’eleganza sofisticata di Confidenza | Trust di Daniele Luchetti, l’empatia struggente di Un mondo a parte | A World Apart di Riccardo Milani, e l’ironia graffiante di Gloria! di Margherita Vicario.
Beirut e Italia, un legame di cultura e storia
Il legame tra l'Italia e Beirut è fatto di storia, cultura e sensibilità affini. Un rapporto che affonda le radici nei grandi classici del cinema italiano, da Fellini a Visconti, da Antonioni a Pasolini. Ma oggi si rinnova attraverso nuove narrazioni, nuovi registi e nuovi linguaggi.
L’Italian Film Festival ha voluto essere proprio questo: un ponte tra due mondi che si osservano e si scoprono, un dialogo tra passato e presente, un’occasione per riscoprire la potenza del cinema come strumento di connessione e di identità.
E mentre le luci della sala si spengono e il pubblico lascia il cinema con gli occhi ancora pieni di immagini e emozioni, una cosa è certa: Beirut ha aperto il suo cuore al nuovo cinema italiano. E non sarà certo l’ultima volta.