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Cina, fabbriche in ripresa e maxi-dazi sul manzo: cosa cambia

- di: Vittorio Massi
 
Cina, fabbriche in ripresa e maxi-dazi sul manzo: cosa cambia
Cina, fabbriche in ripresa e maxi-dazi sul manzo: cosa cambia
Il Pmi torna sopra 50 dopo mesi, mentre Pechino alza un muro: +55% oltre quota sulle importazioni di carne bovina dal 2026.

(Foto: industria cinese).

Il segnale che Pechino aspettava: Pmi a 50,1

Dopo una lunga scia di letture sotto la soglia “magica” dei 50 punti, la manifattura cinese rialza la testa: a dicembre l’indice Pmi ufficiale sale a 50,1. È un rimbalzo piccolo, ma psicologicamente enorme: significa ritorno in territorio di espansione.

Il dato sorprende anche chi, di solito, non si lascia stupire facilmente dai numeri di fine anno: le attese di mercato erano più caute, e novembre era rimasto sotto linea di galleggiamento. Il messaggio è chiaro: nelle fabbriche è tornata un po’ d’aria, complici ordini in ripresa e produzioni più vivaci.

A rendere il quadro più “parlante” sono i dettagli: le imprese più grandi risultano in area positiva, mentre le più piccole continuano a faticare. Traduzione: la ripresa non è uniforme e rischia di restare concentrata dove la finanza e la domanda reggono meglio.

Un funzionario dell’ente statistico nazionale ha sintetizzato il clima con toni prudentemente ottimisti: "Nel complesso si colgono segnali di miglioramento dell’attività economica". È la frase che a Pechino piace sentire, soprattutto dopo mesi di fiducia “sottile” e consumi timidi.

Servizi e costruzioni: anche il “non manifatturiero” risale

Non è solo la linea di produzione a muoversi. Anche l’indice Pmi non manifatturiero (servizi e costruzioni) torna sopra 50, a 50,2. Segnale incoraggiante, ma con una postilla importante: i servizi restano più lenti, mentre le costruzioni mostrano una reazione più evidente.

In altre parole: qualcosa si muove, ma l’economia domestica non corre ancora. E senza un consumatore più convinto, la crescita rischia di sembrare una fiammata che illumina, ma non scalda.

Il grande convitato di pietra: immobiliare, domanda debole e prezzi sotto pressione

Il ritorno del Pmi sopra 50 arriva mentre la Cina continua a fare i conti con problemi strutturali: crisi immobiliare, bilanci locali appesantiti e famiglie che spendono con cautela. A questo si sommano pressioni deflazionistiche e un’eccessiva capacità produttiva in alcuni comparti, che rende più difficile trasformare l’aumento della produzione in margini migliori.

Per questo molti analisti leggono il dato di dicembre come un rimbalzo “da calendario”: scorte pre-festive, ordini anticipati e un po’ di spinta dalla politica economica. Utile, sì. Risolutivo, ancora no.

Il colpo di scena sul commercio: muro sul manzo importato

Proprio mentre la manifattura manda segnali di risveglio, Pechino muove una pedina pesante sul fronte commerciale: dal 1° gennaio 2026 scatteranno dazi supplementari del 55% su alcune importazioni di carne bovina che supereranno determinate soglie.

La logica dichiarata è difensiva: le autorità sostengono che l’aumento delle importazioni abbia messo sotto stress l’industria domestica. La misura riguarda manzo fresco e congelato, con o senza osso, e si inserisce in un impianto di gestione tramite quote: entro i limiti stabiliti si entra, oltre scatta la barriera tariffaria.

Il messaggio politico è doppio. Da un lato, protezione di un settore agricolo-zootecnico che chiede ossigeno. Dall’altro, un segnale ai grandi fornitori globali: l’accesso al mercato cinese non è un diritto acquisito, ma una porta con un tornello.

Perché adesso: prezzi, eccesso di offerta e “difesa” dell’allevamento locale

Negli ultimi anni, i prezzi della carne in Cina hanno mostrato fasi di debolezza, mentre le importazioni hanno raggiunto volumi molto elevati. In questo contesto, l’idea di Pechino è costruire un “paraurti”: rallentare l’afflusso di prodotto estero quando supera i livelli giudicati compatibili con la tenuta del settore interno.

In parallelo, la mossa si innesta nella più ampia strategia di sicurezza alimentare e sostegno alle filiere locali: non solo tecnologia e manifattura avanzata, ma anche stabilità del reddito agricolo e controllo delle dipendenze dall’estero.

Il paradosso di fine 2025: ripresa fragile e nuove frizioni

Mettendo insieme i due segnali – Pmi in recupero e dazi sul manzo – emerge il ritratto di una Cina che cerca di riaccendere i motori senza scoprirsi troppo. Sostiene la produzione e “aggiusta” il commercio, provando a evitare che l’economia domestica venga schiacciata tra domanda debole e concorrenza esterna.

Ma ogni barriera ha un prezzo: ridurre l’offerta estera può incidere sui costi lungo la filiera e sulla dinamica dei prezzi, proprio mentre la leadership prova a rimettere in moto la fiducia dei consumatori. È un equilibrio sottile, da funamboli: proteggere senza soffocare.

Cosa aspettarsi nel 2026

Il primo trimestre dirà se il rimbalzo del Pmi è l’inizio di una tendenza o un colpo di reni stagionale. Molto dipenderà da tre fattori: stabilizzazione dell’immobiliare, forza dei consumi e intensità delle politiche di sostegno.

Sul manzo, invece, la partita è già scritta nelle regole: entro quota si gioca, oltre quota si paga. Con l’effetto immediato di spingere esportatori e importatori a ripensare volumi, rotte e contratti.

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