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Chiara Ferragni in rosso, ma punta al rilancio con “più verità”

- di: Bruno Coletta
 
Chiara Ferragni in rosso, ma punta al rilancio con “più verità”

Perdite da 5,7 milioni nel 2024, soci in rivolta e marchi in fuga. L’imprenditrice prova a rialzarsi con nuovi fondi e una strategia più autentica.

(Foto: Chiara Ferragni alle spalle di Jonathan Kashanian, attore).

Il crollo dopo il caso beneficenza

Un anno finanziariamente disastroso per Chiara Ferragni. Le sue due società principali — Fenice Srl e Tbs Crew Srl — hanno chiuso il bilancio 2024 con una perdita complessiva di 5,7 milioni di euro. La prima ha registrato un rosso di 3,4 milioni, la seconda di 2,3. È quanto emerso dall’assemblea dei soci di Fenice tenutasi a Milano, nel pieno di un clima teso tra accuse incrociate, cause legali e dubbi sulla trasparenza.

L’onda lunga dello scandalo legato al pandoro natalizio prodotto con Balocco — e pubblicizzato come benefico senza che le informazioni fossero chiare — ha travolto le finanze dell’influencer più nota d’Italia. Dopo la multa inflitta a fine 2023 per pratica commerciale scorretta, diversi marchi hanno reciso i contratti. Tra questi, Safilo, che ha chiesto 5,9 milioni di euro di danni e ha avviato una causa civile.

Un impero traballante e una holding “sparita”

Non è solo una crisi reputazionale. Il problema si estende anche al cuore della struttura societaria: Sisterhood, la holding che controlla tutto il gruppo, non deposita bilanci dal 2022. Un’anomalia che ha spinto il socio di minoranza Pasquale Morgese a votare contro l’approvazione dei conti di Fenice e a mettere in dubbio l’intera gestione: “Ci state chiedendo capitali senza chiarezza su come siano andati gli ultimi due anni”.

Chiara Ferragni, nel frattempo, ha tentato di salvare la baracca investendo di tasca propria: ha sottoscritto quasi interamente un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro, arrivando a detenere il 99,8% di Fenice. Ma la mossa non ha placato le critiche: il sospetto è che l’operazione serva a blindare il controllo, più che a rilanciare davvero il brand.

Processi in arrivo e legge ad personam

A settembre si aprirà a Milano il processo a carico della Ferragni per truffa aggravata: al centro ci sono le campagne benefiche per il pandoro e per un uovo di Pasqua, entrambe accusate di aver ingannato i consumatori. Intanto, la cosiddetta “legge Ferragni” — approvata in via definitiva a gennaio — obbliga influencer e brand a specificare in modo inequivocabile la destinazione delle somme promesse per finalità sociali.

Lo scenario legale è solo parzialmente sotto controllo. A inizio anno, Ferragni ha concordato una transazione da 3,4 milioni di euro tra donazioni effettive, rimborsi e sanzioni. Il gesto le ha evitato ulteriori procedimenti, ma non ha cancellato i danni d’immagine.

“Più Chiara”, meno Ferragni?

In assemblea, la Ferragni ha dichiarato: “Il 2025 sarà l’anno della trasparenza. Ho imparato, ascoltato e ora voglio ricostruire con serietà”. È una linea netta, almeno a parole. Nei fatti, si parla di nuovi progetti più etici, di un codice interno sulla comunicazione commerciale, e di un team “più snello e più esperto” che dovrebbe guidare il rilancio.

Ma l’incertezza resta alta. Gli accordi saltati pesano: l’universo Ferragni era costruito su partnership con marchi premium — da Oreo a Safilo, da Pigna a Trudi — e ora molti sono evaporati. Anche la fiducia del pubblico, che per anni ha visto in Chiara l’icona perfetta della self made woman italiana, è sotto scacco.

Il 2025 sarà l’anno del giudizio

Dopo un 2024 da dimenticare, il 2025 sarà decisivo: o arriva il rilancio, oppure lo storytelling si incrina in modo irreversibile. In gioco non c’è solo un brand, ma una narrazione generazionale, fondata sull’estetica dell’autenticità e sulla capacità di “vendere se stessi” come modello.

Ora quella promessa di trasparenza diventa una prova dei fatti. E, stavolta, non basteranno i filtri.

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