CGIA: mancano 22.000 autisti ed entro 10 anni la metà di chi oggi guida un Tir andrà in pensione

- di: Barbara Leone
 
Si stima che in Italia siano almeno 22mila i camionisti che non si trovano sul mercato del lavoro. Un problema, purtroppo, che non riguarda solo il nostro Paese. In tutta Europa trovare autisti da mettere alla guida di un Tir è diventata un’impresa quasi proibitiva. Stress, impegno fisico e orario di lavoro che si distribuisce lungo la gran parte della giornata hanno reso questa professione meno attrattiva di un tempo. Non solo, permane ancora una forte barriera all’ingresso; per mettersi alla guida di un Tir è necessario, per legge, conseguire la patente di guida professionale (CQC) che ha un costo di migliaia e migliaia di euro che scoraggia, in particolare i giovani, a intraprendere questo mestiere. A fronte di queste criticità, non sono poche le aziende di autotrasporto che da qualche anno si stanno facendo carico di questo costo per facilitare le assunzioni. Nonostante ciò, trovare camionisti è diventato sempre più difficile.

CGIA: mancano 22.000 autisti

A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA nel sottolineare che queste ultime settimane il numero dei Tir che transita lungo le nostre autostrade e le strade extraurbane è in forte calo. Con tante fabbriche e negozi chiusi per ferie è venuta meno la necessità di recapitare merci, semilavorati e consegnare prodotti finiti. Non solo. Come tutti gli anni, nel mese di agosto, proprio per decongestionare il traffico veicolare lungo le arterie principali, scattano nei fine settimana i divieti di circolazione dei mezzi pesanti per il trasporto delle cose con massa complessiva superiore alle 7,5 tonnellate. Pertanto, il venerdì (dalle 16:00 alle 22:00), il sabato (dalle 8:00 alle 22:00), la domenica (dalle 7:00 alle 22:00) e il giorno di Ferragosto (dalle 7:00 alle 22:00), i mezzi pesanti devono rimanere nei piazzali di sosta. Ora, visto che il numero delle aziende di autotrasporto sta diminuendo, anche perché è in atto una riorganizzazione del settore che sta premiando le acquisizioni e le aggregazioni di impresa, nel giro di qualche anno, a seguito della difficoltà di trovare nuovi autisti, non è da escludere che il settore sprofondi in una grossa crisi per mancanza di personale.

Qualche segnale preoccupante lo stiamo già vivendo nel trasporto pubblico locale, dove la mancanza di autisti sta facendo diminuire in misura preoccupante l’offerta di bus, tram e metro con gravi disagi per i turisti e i pendolari. Con meno camionisti, perché molti andranno in pensione e solo una piccola parte sarà sostituita dalle nuove generazioni, corriamo il rischio che fra meno di un decennio il settore non sia più in grado di soddisfare interamente le richieste di trasporto merci avanzate dai committenti. Certo, per far fronte a questa situazione non è da escludere che in futuro si possa incentivare il ricorso agli autisti stranieri, ai vettori internazionali e sperare che, in tempi ragionevolmente brevi, siano disponibili sul mercato a prezzi accessibili gli automezzi pesanti a guida autonoma. Sono tutte ipotesi che, purtroppo, si scontrano con una certezza: nel giro di qualche anno anche nell’autotrasporto gli effetti della denatalità si faranno sentire spaventosamente.

Rispetto al 2019 il numero dei titolari della Carta di Qualificazione del Conducente (CQC) di merci è diminuito di quasi 410mila unità. Cinque anni fa erano poco meno di 1,2 milioni, ora sfiorano quota 770 mila. Se la coorte dei giovanissimi (con meno di 25 anni) è in aumento del 65,9 per cento (anche se in valore assoluto registriamo un modesto +2.855), le fasce demografiche tra i 30 e i 54 anni hanno subito un vero e proprio crollo (mediamente del 45/50 per cento). E’ importante segnalare che rispetto allo stock attuale, gli over 50 sono poco più di 412 mila, pari al 53,7 per cento del totale. Pertanto, è prevedibile ritenere che fra 10 anni la stragrande maggioranza di questi lavoratori uscirà dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. Insomma, un autista su 2 lascerà definitivamente la guida professionale. Ebbene, chi sostituirà queste persone se non riusciremo a invertire il trend in atto?

Negli ultimi 10 anni lo stock complessivo delle imprese di autotrasporto presenti in Italia è diminuito di 21.248 unità. Se nel 2013 erano 101.935, nel 2023 sono scese a 80.687 (-20,8 per cento). A livello regionale le situazioni più critiche si sono verificate in Valle d’Aosta con una contrazione del 33,7 per cento (in valore assoluto pari a -33), in Friuli Venezia Giulia del 32,3 per cento (-573), nel Lazio del 30,7 per cento (-2.733), in Liguria del 30 per cento (-773) e in Piemonte del 29,9 per cento (-2.907). Sicuramente le crisi economiche che si sono succedute in questo periodo4 hanno contribuito in misura determinante a ridurre la platea delle imprese di questo settore. Senza contare che soprattutto nel Nord si è fatta sentire la concorrenza dei vettori stranieri, in particolare quelli provenienti dai paesi dell’Europa dell’est. Tuttavia, un contributo importante a questo ridimensionamento è ascrivibile anche all’elevato numero di aggregazioni e acquisizioni che si sono verificate in questo ultimo decennio, provocando, in particolare, una forte decurtazione del numero delle imprese monoveicolari. Grazie agli effetti delle crisi e a questi processi di unione aziendale, la dimensione media delle imprese è aumentata e, conseguentemente, è cresciuto anche il livello di produttività del nostro sistema logistico. Sebbene l’ultimo dato aggiornato a livello provinciale sia riferito a inizio 2021, la realtà dove si registrava il maggior numero di imprese del settore dell’autotrasporto era Roma con 6.199 ditte presenti. Seguono Napoli con 4.502, Milano con 4.000, Torino con 2.962 e Palermo con 2.494. In queste cinque realtà scorgiamo oltre il 20 per cento del totale delle attività di autotrasporto presenti in Italia che oltre tre anni fa toccava complessivamente le 98.517 unità.

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