Dottor Alfonso, Cerved Rating S.p.A (che fa parte di Cerved Group S.p.A.) ha un ruolo cruciale, perché è l’agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie italiane e delle emissioni di titoli di debito. L’agenzia emette e monitora rating richiesti direttamente dalle imprese valutate e, in qualità di Ecai (ossia Agenzie esterne autorizzate alla valutazione del merito di credito), fornisce al sistema bancario italiano rating utilizzati a fini regolamentari. Quali concreti vantaggi ha un’impresa a sottoporsi al ‘giudizio’ di Cerved Rating Agency? In altre parole, ritiene che per un’impresa sottoporsi all’assegnazione del rating sia ormai un fattore indispensabile nei confronti dei propri stakehloders, a cominciare dalle banche e dai potenziali acquirenti di titoli di debito emessi dall’impresa stessa?
Il rating è un potente strumento di comunicazione finanziaria e strategica nei confronti del mercato e degli stakeholders in generale, con il quale si comunica il proprio merito di credito, la propria affidabilità e solidità, asseverate da un soggetto fortemente specializzato (l’agenzia di rating) che è autorizzato da un ente regolatore. Soggetto che non ha conflitti di interesse e che ha un processo analitico certificato affinchè produca giudizi affidabili e qualitativamente elevati. Il rating è uno strumento che permette di migliorare notevolmente la percezione dell’azienda da parte degli investitori, degli operatori del credito, dei potenziali partner commerciali o industriali, dei clienti e delle istituzioni.
Come funziona, a grandi linee, il processo che porta all’assegnazione del rating?
Il processo di assegnazione del rating è relativamente semplice, delle durata di qualche settimana, e consiste nel raccogliere una serie di informazioni rilevanti, incluse quelle strategiche, e poi di approfondire i temi più significativi per poter capire se e in che misura l’azienda è in grado di generare ricchezza nel futuro tanto da poter onorare i propri impegni di natura finanziaria. Il tutto applicando rigorosamente una metodologia analitica complessa. In questo rapporto sono fondamentali la qualità e la qualità delle informazioni che l’azienda fornisce all’agenzia, informazioni la cui confidenzialità è fortemente tutelata contrattulamente.
Al di là di poter presentare una valutazione oggettiva della propria situazione e quindi, ad esempio, della capacità di un emittente di strumenti di debito di far fronte agli impegni finanziari assunti, il processo che porta all’assegnazione dal rating rappresenta indubbiamente anche un percorso che permette a un’impresa di individuare i propri elementi di criticità e quindi di individuare gli strumenti per superarli. Quanto conta questo aspetto nelle motivazioni per cui una realtà imprenditoriale si rivolge a voi per una valutazione oggettiva della propria situazione?
Tutti gli imprenditori e i manager sono innamorati delle proprie aziende, delle quali hanno fisiologicamente una percezione distorta e non oggettiva. I più illuminati trovano utile un giudizio esterno qualificato e privo di conflitti di interesse che possa essere utilizzato come benchmark, evidenziando punti di forza e di debolezza. E’ un modo diretto per avere una valutazione oggettiva, ed indiretto per sapere cosa fare e tracciare una rotta, pur non essendo l’agenzia di rating un consulente.
Come garantite la trasparenza, l’oggettività e l’integrità dell’attività di rating? Quali elementi sono a presidio di questo fattore fondamentale?
Trasparenza, oggettività, integrità e reputazione sono gli elementi essenziali delle agenzie di rating. Sono garantite dal regolatore, l’ESMA, che assegna le licenze con il contagocce dopo un iter molto lungo e complesso volto proprio a garantire questi aspetti, su cui poi vigila continuamente con una intensa attività ispettiva e di verifica, cui a volte seguono provvedimenti sanzionatori che possono arrivare alla revoca della licenza.
Una curiosità. Come spiega, spostandoci in un altro ambito rispetto alla vostra attività, che pochi mesi prima del default di Lehman Brothers e dell’entrata in crisi di non poche altre istituzioni finanziarie Usa le agenzie di rating, nessuna esclusa, assegnava buoni giudizi su queste realtà? Un’agenzia di rating può sbagliare in modo così clamoroso? E quanto accaduto come si è riflesso nella reputazione complessiva delle agenzie di rating?
Come tutte le attività umane, anche quelle delle agenzie di rating non sono immuni da errori, anche clamorosi. Nel caso di specie le agenzie non potevano tecnicamente anticipare un default, anche se ce n’erano i sintomi, in quanto sarebbero state paradossalmente artefici del default medesimo. In altre parole non si poteva accendere il fiammifero nella polveriera, altrimenti sarebbero state accusate di aver causato l’incendio pur non avendone colpa. Le agenzie devono basarsi sui fatti, e il default è un fatto dal momento in cui si verifica. E’ un ragionamento un po’ complesso ma è lineare. Certo alcune avrebbero potuto abbassare il rating di Lehman Brothers e non l’hanno fatto fino a quando non è fallita. Nessuno pensava davvero che le authorities americane avessero lasciato fallire una banca così importante, sottovalutando le conseguenze. Si è verificato un cosiddetto “cigno nero”, ossia un evento da tutti considerato impossibile. Personalmente però penso che l’impatto più negativo sulla reputazione delle agenzie di rating sia derivato dalla superficialità con cui sono stati valutati complessi strumenti di finanza strutturata a valle della sconsiderata azione di vendita di mutui sub-prime nei paesi anglosassoni.
La vostra attività di rating si divide in “Rating pubblico” e “Rating privato”, oltre a “Rating emissione”. Può spiegarci le differenze e soprattutto se, tra “Rating privato” e “Rating pubblico”, si usano metodologie diverse?
La differenza tra rating pubblico e privato è banalmente spiegata dal nome. La metodologia utilizzata è esattamente la stessa. Nel primo caso il rating è diffuso pubblicamente, nel secondo caso è una informazione riservata tra l’agenzia e l’azienda.
La valutazione del rating di un’attività, oltre alla specifica situazione economico-patrimoniale di un’impresa, non può ovviamente non prendere in considerazione tutta un’altra serie di elementi: le previsioni sull’andamento economico del Paese, quelle sull’andamento del settore specifico di attività, quelle sull’andamento delle banche e così via. Come fate a creare uno scenario previsionale di fondo che possa presentare un grado adeguato di affidabilità? E se lo scenario cambia rispetto alle previsioni, provvedete d’ufficio a valutare se il rating assegnato è adeguato oppure no?
La capacità di un’azienda di produrre ricchezza non può prescindere dal contesto macroeconomico e di mercati di riferimento in cui l’azienda opera, pertanto utilizziamo delle previsioni su queste variabili che contribuiscono alla definizione del rating. Quando scenari e previsioni cambiano, anche i rating cambiano immediatamente se ci sono elementi per indurre una revisione. La revisione può ovviamente essere anche in positivo, o lasciare il rating invariato. Questo avviene non appena l’agenzia ha notizia di qualsiasi evento che possa imporre un aggiornamento del rating.
A suo parere, l’organizzazione dell’attività di assegnazione del rating in Italia è in linea con quella dei Paesi più sviluppati o ci sarebbero modifiche da introdurre?
Credo che l’Italia sia un paese all’avanguardia su questo fronte, almeno in Europa, anche se molta strada è ancora da percorrere. Diverso è l’esito del confronto con gli Stati Uniti, dove la cultura finanziaria è decisamente più diffusa ed il rating è uno strumento ormai divenuto parte della prassi anche nelle aziende medio-piccole.
In alcune attività di assegnazione del rating – ad esempio sull’affidabilità dei titoli pubblici emessi dai vari Stati – oltre al rating vero e proprio, di grande importanza è anche l’outlook, ossia le previsioni sulle prospettive del Paese. È così anche per le vostre valutazioni, oppure l’outlook è ‘incorporato’ nel rating?
Le nostre valutazioni al momento “incorporano”, come dice lei, le prospettive dei soggetti valutati.
Come prevede che si evolverà l’attività di assegnazione del rating nel prossimo futuro? Pensa che ci saranno modifiche consistenti o solo alcuni ritocchi?
Personalmente penso che ci sarà una forte crescita delle attività di rating, causata da almeno due fattori principali. Il primo è il trend ineluttabile di disintermediazione del merato bancario tradizionale cui stiamo assistendo e che è solo all’inizio, a sua volta generato da condizioni macroeconomiche avverse e da una regolamentazione sempre più restrittiva sui requisiti di capitale delle banche. Questo genera un bisogno crescente di reperire risorse finanziarie sul mercato dei capitali. Non soltanto attraverso l’emissione di bond ma anche attraverso l’utilizzo delle sempre più numerose piattaforme fintech dove è già possibile scambiare in maniera efficiente attività finanziarie a breve termine. In ogni caso, quando si sollecita qualcuno per investire, questo qualcuno vuole sapere chi è il debitore e in che misura è in grado di onorare gli impegni. La risposta a questa ovvia esigenza ad oggi è solo il rating. Il secondo fattore è una crescita culturale delle aziende verso una maggiore trasparenza in senso generale. A questi due non banali fattori si aggiunge una forte spinta politica a livello sistemico che favorisca la crescita e l’efficienza dei mercati, ben delineata nel progetto europeo sulla Capital Market Union.