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Sotto la Casa del Jazz si scava: si cerca il giudice Adinolfi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Sotto la Casa del Jazz si scava: si cerca il giudice Adinolfi

FOTO: Lalupa - CC BY-SA 4.0

Quelle gallerie mai esplorate, il passato della Magliana e un'assenza che dal 1994 pesa come un macigno
Roma è una città che non dimentica. Può far finta, può coprire tutto con parchi, eventi culturali, palchi musicali. Ma sotto la superficie — quella vera, fatta di roccia, radici e umidità — le storie rimangono. Si depositano come polvere, restano sospese come una domanda senza risposta.

Sotto la Casa del Jazz si scava: si cerca il giudice Adinolfi

Ed è lì, nel sottosuolo della Casa del Jazz, che gli investigatori stanno cercando. Cercano una verità sepolta da trent’anni. Cercano, forse, il corpo del giudice Paolo Adinolfi, sparito nel nulla nel 1994, inghiottito da una città che allora era anche teatro di poteri criminali pronti a disfarsi di chi ostacolava i loro affari.

Il luogo non è un luogo qualsiasi
La Casa del Jazz oggi è un presidio culturale, un luogo che parla di musica, di arte, di socialità. Ma nasce su un terreno che ha respirato ben altro.

Il complesso sorge su un bene confiscato alla criminalità organizzata, un luogo che negli anni Novanta — dicono gli atti — faceva capo a Enrico Nicoletti, il cassiere della banda della Magliana. Uno che teneva i cordoni della borsa del gruppo, uno che sapeva e muoveva miliardi per conto di altri.

Chi conosce la storia criminale di Roma sa che dove c’era Nicoletti non c’era solo denaro: c’erano traffici, affari, alleanze. E c’erano anche silenzi. Lunghi, pesanti.

Cunicoli, buio e cani molecolari: si entra sottoterra
Le squadre sono scese stamattina all’alba. Cani molecolari, torce, mappe lacunose di un sottosuolo che nessuno — ripetono gli inquirenti — aveva mai esplorato fino in fondo.

Perché sotto la Casa del Jazz c’è una rete di gallerie mai ispezionate, tunnel che corrono paralleli alla superficie, sale naturali e cavità dove il segnale dei telefoni non arriva e la luce si spegne dopo pochi metri.

Ogni passo è un passo cautissimo. I cani avanzano con il muso verso il basso, cercando tracce, odori, residui impossibili da percepire per un essere umano. Tracce che potrebbero riportare a un corpo che manca all’appello da più di trent’anni.

L’ipotesi che fa tremare i polsi
La pista non è nuova, ma mai prima d’ora era stata esplorata così da vicino. L’ipotesi — non confermata, non smentita — è che i resti del giudice Adinolfi possano trovarsi in queste cavità.

Adinolfi, un magistrato dalla vita riservata, scomparve nel nulla. Nessuna rivendicazione, nessuna traccia chiara, nessuna certezza. Solo una città che si svegliò senza di lui e che, giorno dopo giorno, archiviò il caso come uno dei tanti “buchi neri” della sua storia giudiziaria.

E Roma, quando vuole, sa inghiottire senza restituire.

La memoria della Magliana che ancora pesa sulla città
Ogni volta che nella Capitale riemerge una traccia riconducibile alla banda della Magliana, è come se il tempo non fosse mai passato.

La banda non è stata solo un’organizzazione criminale: è stata una rete. Un sistema. Un modo di controllare quartieri, affari, vite. Nicoletti ne era uno dei perni, e il fatto che il terreno su cui sorge la Casa del Jazz fosse nella sua disponibilità basta a spiegare perché queste gallerie attraggano oggi tanta attenzione investigativa.

Perché dove c’è stato potere criminale, spesso c’è stato anche occultamento. Di soldi. Di armi. Persino di persone.

Il caso Adinolfi, una ferita mai chiusa
Dal 1994 la famiglia del giudice aspetta una verità che non è mai arrivata. Gli investigatori sono cambiati, le piste si sono sovrapposte, le ipotesi si sono consumate una dopo l’altra.

Adinolfi era un magistrato, e nella Roma di quegli anni essere un magistrato significava anche camminare sul bordo di equilibri molto delicati. La sua scomparsa non è mai stata un caso come gli altri, e tuttavia è rimasta sospesa, quasi rimossa.

Fino a oggi, quando qualcuno ha deciso che non si potevano più ignorare quei cunicoli, quel passato, quel silenzio.

Cosa accadrà ora
Gli scavi andranno avanti per giorni, forse settimane. Non c’è fretta. Non può esserci fretta quando si cerca una verità sepolta per tanto tempo. Gli inquirenti lavorano senza dichiarazioni, senza anticipazioni, con una prudenza che racconta più di qualsiasi conferenza stampa.

La Casa del Jazz continuerà a vivere in superficie, con concerti, eventi, pubblico. Ma sotto, nel buio, nel silenzio assoluto delle gallerie, si sta giocando una partita diversa.

Una partita che riguarda un giudice scomparso, una città ferita e una domanda che Roma — la sua Roma — non smette mai di fare a se stessa: quante verità mancano ancora all’appello?

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