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Nuovo esame di maturità, ok definitivo della Camera: l’orale diventa obbligatorio, addio alla “scena muta”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Nuovo esame di maturità, ok definitivo della Camera: l’orale diventa obbligatorio, addio alla “scena muta”

Il cambio di passo nasce anche da ciò che è accaduto lo scorso anno: alcuni studenti avevano scelto deliberatamente il silenzio davanti alla commissione, trasformando il colloquio in un atto politico contro quello che definivano “un modello d’esame rituale, nozionistico e punitivo”. Una protesta muta, diventata virale sui social, che aveva aperto un dibattito acceso tra chi la interpretava come gesto di dissenso consapevole e chi come fuga dalle responsabilità. Il Parlamento ha risposto rendendo quell’atto — il tacere — non più contemplabile.

Nuovo esame di maturità, ok definitivo della Camera

Con il via libera definitivo della Camera, l’orale torna ad essere la cartina di tornasole dell’esame. Non ci si potrà sedere davanti alla commissione per rifiutare la parola o lasciare il banco dopo la lettura della domanda. Silenzio e astensione non saranno più margini possibili. L’esposizione diventa elemento essenziale della valutazione, non accessorio. Il ministero presenta la riforma come recupero della “responsabilità pubblica”: chi termina il ciclo scolastico deve dimostrare di saper sostenere un confronto argomentato.

Un messaggio al mondo della scuola

Dietro l’intervento normativo c’è il tentativo di chiudere uno spazio simbolico: la maturità non è platea di protesta, ma rito conclusivo dell’istruzione secondaria. Nei palazzi della politica si teme che il precedente dello scorso anno potesse diventare modello replicabile, specie in un periodo in cui il dissenso studentesco cerca linguaggi nuovi e scenici. Rendere obbligatoria l’esposizione serve quindi anche a riportare la prova dentro un perimetro controllato e meno permeabile a gesti eclatanti.

La spaccatura che resta
La riforma divide docenti e dirigenti: per alcuni è un atto di chiarezza, per altri è una risposta rigida a un problema culturale più profondo. Chi lavora nelle scuole vede, accanto agli studenti militanti, un’altra fascia di ragazzi che il silenzio lo praticano non per protesta ma per fragilità, per ansia o incapacità di sostenere lo sguardo della commissione. Per loro, spiegano alcuni presidi, servirebbe più allenamento all’oralità durante l’anno, non una norma punitiva.

La posta in gioco
Il legislatore rovescia così lo scenario: dopo un anno in cui la parola è stata rifiutata per contestare il modello d’esame, ora la parola diventa passaggio obbligato per superarlo. È la linea che separa un atto politico da un atto valutativo. Ma resta aperta la domanda su cosa sia, oggi, la maturità: certificazione di competenze o rito identitario che la scuola difende anche come presidio simbolico. Il silenzio di ieri diventa il bersaglio della norma di oggi. E intorno all’orale, più che alle prove scritte, si giocherà il vero campo di tensione tra istituzione e nuova generazione.

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