Brendan Fraser vince l'Oscar con The Whale: "Solo le balene riescono ad andare così in profondità"

- di: Barbara Bizzarri
 
Lo avevamo predetto (La rinascita di Brendan Fraser, premiato a Toronto e Atteso a Venezia (italia-informa.com)). E ne siamo fieri. Brendan Fraser ha vinto l’Oscar per la sua interpretazione in The Whale, la balena, storia di un professore che fra sé e il resto del mondo mette 270 chili, per tentare di soffrire il meno possibile, per ripararsi dalla paura di vivere. Lo ha vinto perché è bravissimo, anche se i film di cassetta, da George of the Jungle a La Mummia, interpretati quando era una star, fra i Novanta e i Duemila, avevano fatto sottovalutare le sue doti recitative, nonostante un gioiellino come Sbucato dal Passato, e lo ha vinto perché Hollywood adora le storie di riscatto e metamorfosi: cosa c’è di meglio di un ex divo, ex sex symbol, ingrassato, senza lavoro, con un divorzio problematico alle spalle e persino problemi di molestie (ricevute, non inflitte) che viene ripescato dal solito salvatore, Darren Aronofsky, specializzato nella narrazione di personaggi che si muovono sull’orlo del baratro, e che accetta di gettare definitivamente alle ortiche il suo passato di bello bello in modo assurdo, ingrassando ancora di più, sia mettendoci del suo che con l’ausilio di una tuta apposita e diverse ore di trucco? Nulla, perché è quanto di più hollywoodiano possa esistere, e la città degli angeli, così, premia anche sé stessa: le discese ardite e le risalite nel cielo aperto di Brendan Fraser valgono la standing ovation del Dolby Theatre che accoglie un riconoscimento quasi dovuto, anche se inaspettato, mentre lui si scioglie in lacrime sul palco, vinto dall’emozione, gli occhi ancora sgranati per l’incredulità, mentre, col fiato corto, stringe la statuetta al petto come un bambino.

Brendan Fraser vince l'Oscar con The Whale: "Solo le balene riescono ad andare così in profondità"

“Sono nel cinema da trent’anni, ha detto, e non è stato sempre facile. C’erano delle possibilità che non apprezzai, allora, finché non finì”. Soltanto quando Fraser rese pubbliche le proprie accuse a Philip Berk, allora presidente della Hollywood Foreign Press Association, l’agenzia che gestiva i Golden Globes, molti fans seppero il motivo del suo declino, veloce e inspiegabile: Berk ammise soltanto di averlo palpeggiato “per scherzo”, ma la depressione che ne seguì, con un divorzio velenoso, l’abuso di farmaci per lenire le conseguenze di anni di film d’azione senza controfigura, tanto che lo stesso attore ammise di essere “tenuto insieme da ghiaccio e bende”, diete severissime che gli causarono addirittura perdite di memoria, e il dolore per la morte della madre, in poco tempo ebbero ragione di una carriera che si prevedeva luminosissima. In realtà, nessuno aveva dimenticato Rick O’Connell, il celebre personaggio della trilogia che lo aveva promosso fra le star del boxoffice, quello che poi ad Hollywood conta davvero: gli Studios hanno percepito la nostalgia del canadese, naturalizzato statunitense, che a Venezia ha strappato al pubblico quindici minuti di applausi. E finalmente, dopo oltre vent’anni, il ritorno, nella più pura magia della città del cinema. Ed è giusto che sia così, perché “questa è Hollywood, la terra dei sogni. Alcuni si realizzano altri no, ma voi continuate a sognare”.
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