Borsa, Unimpresa: azionisti italiani tornano in maggioranza (sopra il 54% contro il 46% degli investitori esteri)

- di: Barbara Leone
 

Orgoglio italiano in Borsa: gli azionisti tricolore tornano in netta maggioranza nel capitale delle spa quotate, tengono a bada gli investitori esteri (fermi al 46%) e si godono una plusvalenza di quasi 110 miliardi di euro. Nel 2023, la percentuale di società presenti sul listino di Piazza Affari detenuta da soggetti italiani si è attestata sopra il 54%, in aumento di oltre cinque punti percentuali rispetto alla fine del 2015, invertendo la situazione creatasi quasi 10 anni fa. Si ribaltano stabilmente gli equilibri degli scorsi anni: fino al 2021, infatti, nei portafogli di fondi stranieri c’era stabilmente oltre la metà delle azioni quotate del Belpaese, mentre già nel 2022 la percentuale made in Italy era arrivata al 55%, di fatto identica a quella dello scorso anno: si è così consolidata una tendenza nuova nel biennio 2022-2023. Complessivamente, il valore delle società quotate è salito, negli ultimi 12 mesi, di 108 miliardi (+24%), passando da 453 miliardi a 561 miliardi. È quanto emerge da un rapporto del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale gli investitori esteri rappresentano comunque la categoria di azionisti che detiene la maggioranza relativa di Piazza Affari con il 45%, quasi 30 punti percentuali sopra al 19% delle imprese e con ampio distacco rispetto al 16% delle banche e al 13% delle famiglie.

Borsa, Unimpresa: "Azionisti italiani tornano in maggioranza"

Il nostro sistema imprenditoriale si conferma a trazione familiare, con il capitale delle società per azioni (quotate e non), pari a quasi 3.000 miliardi, detenuto in ragione del 42% da privati.  «La modifica degli equilibri, tra italiani e stranieri, nell’ultimo biennio, nel mercato finanziario tricolore si spiega anzitutto con una ritrovata fiducia nelle prospettive economiche italiane internazionali oltre che con la stabilità politica assicurata dal governo guidato da Giorgia Meloni - commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -. I corsi azionari nel 2023 hanno premiato tutti gli investitori e la riduzione delle quote in mano ai fondi esteri va letta, a nostro giudizio, con un ritorno di italianità anche in campo finanziario. Di fatto, sta andando a segno la strategia dell’esecutivo che anche per quanto riguarda la gestione del debito pubblico, con le famiglie che stanno comprando con sempre maggiore convinzione bot e btp, sgonfiando le possibili azioni di speculazione da parte di fondi avvoltoio».

Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati statistici della Banca d’Italia aggiornati a settembre 2023, il valore delle società quotate sui listini di Borsa è cresciuto di 107,9 miliardi (+23,80%), passando da 453,3 miliardi del 2022 a 561,2 miliardi dell’anno successivo. Le quote azionarie in mano alle imprese sono cresciute di 8,9 miliardi (+9,31%) da 95,6 miliardi a 104,5 miliardi; quelle delle banche sono salite di 16,3 miliardi (+22,06%) da 74,2 miliardi a 90,6 miliardi, quelle delle assicurazioni e dei fondi pensione sono cresciute di 441 milioni (+7,04%) da 6,2 miliardi a 6,7 miliardi, quelle in mano allo Stato centrale sono salite di 8,1 miliardi (+47,56%) da 17,1 miliardi a 25,3 miliardi, quelle degli enti locali sono cresciute di 1,1 miliardi (+54,26%) da 2,1 miliardi a 3,1 miliardi, quelle degli enti di previdenza sono lievemente salite di 164 milioni (+35,81%) da 458 milioni a 622 milioni. Una impennata è quella che ha riguardato sia le partecipazioni detenute dalle famiglie, salite di 16,8 miliardi (+29,88%) da 56,5 miliardi a 73,4 miliardi, sia le azioni rivenienti nei portafogli di investitori stranieri, aumentate di 55,8 miliardi (+27,79%) da 200,9 miliardi a 256,7 miliardi.

Osservando, più in generale, l’universo di tutte le società per azioni, quotate e non quotate, si scopre che il 2023 ha portato un aumento complessivo del valore di 228,4 miliardi (+8,52%), da 2.681,3 miliardi a 2.909,7 miliardi. Le “fette” azionarie in mano alle imprese sono cresciute di 90,3 miliardi (+22,87%) da 395,1 miliardi a 485,3 miliardi; quelle delle banche sono salite di 16,5 miliardi (+4,96%) da 333,6 miliardi a 350,2 miliardi, quelle delle assicurazioni e dei fondi pensione sono cresciute di 3,8 miliardi (+6,06%) da 62,8 miliardi a 66,5 miliardi, quelle in mano allo Stato centrale sono salite di 9,1 miliardi (+8,42%) da 107,7 miliardi a 116,7 miliardi, quelle degli enti locali sono lievemente cresciute di 237 milioni (+1,82%) da 12,9 miliardi a 13,2 miliardi, quelle degli enti di previdenza sono salite di 563 milioni (+7,65%) da 7,3 miliardi a 7,9 miliardi. Si registra un vero e proprio boom, poi, sia per quanto riguarda le partecipazioni detenute dalle famiglie, salite di 34,9 miliardi (+2,95%) da 1.186,1 miliardi a 1.220,9 miliardi, sia per quanto riguarda le azioni rivenienti nei portafogli di investitori stranieri, aumentate di 72,2 miliardi (+12,67%) da 575,6 miliardi a 648,6 miliardi. L’andamento fortemente positivo del valore delle società per azioni non ha mutato significativamente il quadro degli assetti proprietari complessivi. Il nostro sistema imprenditoriale resta a trazione familiare, con il capitale delle società per azioni (quotate e non), pari a quasi 3.000 miliardi, detenuto in ragione del 42% da privati. Le imprese avevano il 14,73% nel 2022 e il 16,68% nel 2022, le banche sono passate dal 12,44% al 12,04%, le assicurazioni e i fondi pensione dal 2,34% al 2,29%, lo Stato dal 4,02% al 4,01%, gli enti locali sono passati dallo 0,48% allo 0,45%, gli enti di previdenza sono rimasti ancorati allo 0,27%, le famiglie in leggera flessione dal 44,23% al 41,96%, gli stranieri in lieve crescita dal 21,47% al 22,29%.

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