Morto Berlusconi: cosa ne sarà di Forza Italia?

- di: Daniele Minuti
 
Con la morte di Silvio Berlusconi si chiude un'era per l'Italia che ora, a trent'anni di distanza dal suo ingresso nell'agone della politica, non se ne sente certo orfana, ma dovrà comunque fare i conti con la nebulosità del futuro di Forza Italia, componente della maggioranza e soprattutto forza di centro, essenziale nel ruolo di equilibratrice rispetto alle spinte verso la destra di Fratelli d'Italia e Lega.
Se Forza Italia, sebbene con la normale alternanza di ruoli, determinati dall'esito delle elezioni, è diventata elemento imprescindibile del dibattito politico, lo si è dovuto soprattutto a Silvio Berlusconi, protagonista anche quando, per gli effetti della legge Severino, gli è stata negata l'agibilità politica, e quindi decretandone l'ineleggibilità.

Morto Berlusconi: cosa ne sarà di Forza Italia?

Ma ora tutto cambia per Forza Italia, anche se con una tempistica che probabilmente è ben diversa da quel che si pensa, essendo arrivata la notizia della morte del leader improvvisa, ma sicuramente non inattesa.
Lasciando quindi pensare che il lento aggravarsi delle sue condizioni (al netto dei bollettini che ne hanno sempre accreditato, al di fuori della cerchia ristretta che lo attorniava, una quasi immortalità) abbia consentito di prepararne la successione, forse non ancora nei numeri, ma almeno per quel che attiene il futuro di un partito personale, che potrebbe anche non sopravvivere alla dipartita del suo fondatore.
Negare la spinta che Forza Italia ha impresso al Paese, in senso liberale, sarebbe disconoscere l'evidenza perché - pur se ha sempre tutelato la sua azienda e, quindi, i suoi progetti - il raggiungimento da parte di Berlusconi dei suoi obiettivi soprattutto economici ha sgrezzato l'Italia dai tanti lacci imposti da una struttura statuale fortemente caratterizzata dal centralismo delle decisioni. Non che Berlusconi sia riuscito a fare il miracolo, ma certo la liberalizzazione dell'etere si deve a lui, che comunque su di essa ha costruito gran parte delle sue fortune, dalle quali sgorgavano le risorse economiche per tenere in piedi Forza Italia. Ma da qui a santificarlo ce ne corre, anche perché se l'edonismo ha fatto irruzione nella politica si deve a lui, alla cura maniacale della sua persona e, di conseguenza, delle regole (di comportamento, di abbigliamento, tanto per citare) che imponeva ai suoi collaboratori.

Come dimenticare l'immagine di Berlusconi in testa al drappello dei suoi collaboratori, tutti in un abbagliante total white, come soldatini dietro al sergente di giornata?
Ma quella era la Forza Italia di ieri, che non è quella di oggi e sicuramente non avrà riflessi su quella di domani.
Il partito nelle mani di chi sarà, già da ora? Tutto lascia pensare che queste ''mani'' possano essere quelle di Marina, primogenita di Berlusconi, dama di ferro di Mediaset e di tutto il gruppo. Ma un conto è guidare - con capacità - un conglomerato di società, aziende, gruppi, un altro è mettersi alla guida di un partito politico, magari badando bene a mettersi in seconda fila per evitare sovraesposizioni che mediatiche che potrebbero nuocerle.

Non perché Marina Berlusconi manchi di capacità. E' per l'esatto contrario, avendo una struttura mentale da manager, cui non si può chiedere di diventare un capo partito, correndo il rischio di indebolire l'azione politica per la sua vocazione imprenditoriale. Si potrebbe eccepire che il padre lo aveva fatto, ma affermare che tra genitori e figli ci sono sempre differenze, che non vanno a discapito di uni e altri, è la semplice verità. Dovendo fare i conti con i bilanci, Marina Berlusconi rischia di non padroneggiare quella visione d'insieme politica che deve avere chi sta al timone di un partito, che ha invece bisogno di chi conosce, di chi sa come muoversi e di chi è grado di porsi come interlocutore, senza apparire sostenuto solo dalla forza dei denari. Forse, per il bene di Forza Italia, ora sarebbe il caso di restituire al partito una dimensione politica diversa da quella personale alla quale l'aveva improntata Berlusconi, spesso con spregiudicatezza.
Il rischio che oggi corre il partito è di essere oggetto di due distinti processi politici: la cannibalizzazione da parte di Lega e Fratelli d'Italia e la disintegrazione, come effetto di una implosione determinata dalla lotta che al suo interno si scatenerà per impossessarsi dell'eredità di ''lui''.

Che Forza Italia soffra di uno sbandamento di contenuti e finalità è confermato anche dal fatto che oggi non si capisce bene chi decida cosa. Perché se sono vere le voci che vogliono la compagna di Berlusconi, Marta Fascina, come la regista di quel che accade dentro il partito, appare abbastanza difficile pensare che altri che hanno fatto e fanno ancora la storia di Forza Italia accettino di fare da burattini nelle mani di una giovane.
Marta Fascina può anche avere esperienza (relativa, visto la giovane età) ed ambizioni (idem come prima, frutto della sua giovinezza), ma deve confrontarsi con una forza politica che non ha mai avuto autonomia nel farsi portavoce di progetti che non fossero funzionali a quelli di Berlusconi.

Logica vorrebbe che Fascina, viste le sue recenti mosse, guardi con simpatia a Giorgia Meloni e a Fratelli d'Italia, ma un processo di avvicinamento potrebbe essere mal digerito da quella componente azzurra che nata liberale non accetterà di finire nelle mani e nelle fauci della Destra.
Occorre, a questo punto, anche chiedersi cosa faranno i ''grandi vecchi'' di Forza Italia, se cioè accetteranno supinamente le decisioni del circolo ristretto Marina Berlusconi-Marta Fascina-Letta/Confalonieri (con questi ultimi in veste di ascoltati consiglieri) o usciranno allo scoperto. Pur se la chiave economica resta importante, visto che Forza Italia è sopravvissuta grazie alle iniezioni economiche dalla famiglia Berlusconi.
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