Autostrade, Roberto Tomasi spiega la rinascita dell'azienda: "Nessun legame col passato"

 
Secondo lo scrittore Joe Abercrombie, la vendetta - che rientra nella sfera dei sentimenti - ha un sapore, non necessariamente amaro, e comunque è necessario servirla fredda. Una affermazione che potrebbe apparire scontata, ma che nasconde un piccolo-grande insegnamento: chi nutre astio verso una persona (o una istituzione o altro, non è importante), se e quando vede l'oggetto del suo astio soccombere sente soddisfatto quasi fisicamente questo suo sentimento.

La notizia dell'arresto di sei tra ex dirigenti e attuali funzionari di Autostrade (nell'ambito di una indagine sui problemi che, in termini di sicurezza, sono stati rilevati sulle barriere fonoassorbenti sull'intera rete) per qualcuno ha segnato un primo passo verso la vendetta assoluta per il crollo del ponte Morandi. Poco importa se questi arresti sono stati eseguiti a seguito di altre e non meno inquietanti accuse: l'odio verso Autostrade - di cui si fanno vessilliferi alcuni esponenti, a dire il vero, un po' scoloriti dei Cinque Stelle al grido ''io non dimentico'' - non può restare fine a sé stesso, ma deve preludere alla cancellazione di Autostrade dal panorama finanziario del Paese.

La società - e per essa Atlantia - non ha mai negato le responsabilità nel caso della tragedia di Genova, giungendo, nel giro di poche mesi (un tempo impensabile in Italia), ad azzerarsi, non nel senso preteso dai 5S, ma spazzando il vecchio management, quello in sella ai temi del crollo del Morandi, emettendo un giudizio ancora prima di quello dei tribunali. Ma il problema dell'immagine di Autostrade per l'Italia resta ed è molto delicato perché, davanti a responsabilità evidenti (ma la cui esatta definizione spetta ai giudici), la società ha portato avanti, con feroce determinazione, un programma di rinascita che non è stata colta o non apprezzata da chi, invece, vuole che l'azienda "muoia" come soggetto, trascinando nel baratro non solo i Benetton, ma tutto il gruppo.



È come se per tagliare un singolo albero si devasti un bosco. Da tempo, ormai, l'amministratore delegato di Autostrade, Roberto Tomasi, elenca tutto quello che ha fatto sin da suo insediamento, ribadendo che con il suo predecessore, Giovanni Castellucci, non ha contatti da tempo, da quando, nel settembre del 2019 ha lasciato l'azienda. In una recente intervista resa dopo l'arresto di Castellucci e degli altri manager di Autostrade, Roberto Tomasi si affida ai numeri per spiegare cosa ha fatto all'indomani dell'assunzione dell'incarico, prendendo subito le distanze da chi lo ha preceduto: "Da quando sono alla guida abbiamo rovesciato l’azienda come un calzino consapevoli della necessità di cambiamento, con un piano industriale tra i più rilevanti in Italia. Nel 2019 abbiamo speso 400 milioni in attività di manutenzione, nel 2020 arriveremo ad un consuntivo di 650 milioni più che raddoppiando il valore di spese della gestione precedente. Nel 2021 ne spenderemo 600 mantenendo gli standard di manutenzione definiti insieme al Mit".

Ma questo non sembra saziare la sete di vendetta contro Autostrade che, ci si permetta una considerazione, non è "solo" Benetton: è un gruppo che ha delle professionalità riconosciute in Italia ed all'estero, che ha migliaia di dipendenti che oggi, davanti a questo bombardamento politico contro Autostrade, hanno la percezione dei pericoli che si addensano sul loro futuro. Certo, ciascuno è padrone di prendersela con qualcuno se ritiene di averne titolo, ma sarebbe buona regola quella di proporre, contestualmente, delle soluzioni per il dopo.

Perché di soluzioni degne di tale definizione che dovrebbero seguire alla revoca delle concessioni di Autostrade non è che ne siano state fatte tante. Perché se la soluzione è quella di chiudere manu militari Autostrade per passarne le competenze ad un soggetto pubblico che certo non brilla per efficienza ecco che le perplessità sono, a dir poco, giustificate. E' forse il caso di ribadirlo: al di là delle colpe e delle responsabilità, Autostrade non è solo un nome o un nemico da spazzare, è anche persone e famiglie che vedono seriamente compromesse le prospettive che si erano create per il domani, prestando con dignità la loro opera per una azienda nella quale credevano. E nella quale forse credono ancora di più oggi, vedendo gli sforzi messi in essere dal gruppo per garantirne la sopravvivenza a questa tempesta.
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