A Roma un viaggio tra fotografia e letteratura: la memoria sui binari, le stazioni si raccontano in una mostra

- di: Samantha De Martin
 

Le stazioni ci ascoltano, catturano i ricordi, restituiscono le storie sotto forma di sorrisi, abbracci, arrivederci. Con la loro memoria dinamica, simile all’onda del mare, che vive della scia di quello che è passato e che si proietta verso quello che sta partendo o partirà, assistono al passaggio di attori e di turisti, studenti, militari, manager, clochard, usando i binari come aghi per cucire percorsi, da sud a nord o viceversa, a seconda da dove si parte.

Fino al 1° novembre all’Auditorium Parco della Musica “La memoria delle stazioni”

Fino al 1° novembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma la mostra intitolata La Memoria delle Stazioni restituisce un suggestivo tassello di storia italiana attraverso documenti eccezionali e immagini dell’Archivio Luce, arricchite da alcuni scatti della Fondazione FS, Ferrovie dello Stato Italiane.

Questo viaggio fotografico ha la voce di otto grandi scrittori contemporanei che ricostruiscono il punto di vista privilegiato delle stazioni ferroviarie della loro infanzia.

Nel far rivivere il ricordo della stazione della loro città d’origine, Mauro Covacich, Gaia Manzini, Tiziano Scarpa, Enrico Brizzi, Sandro Veronesi, Melania Mazzucco, Valeria Parrella, Nadia Terranova fanno dialogare la memoria privata con quella pubblica.

Un allestimento ordinato e coinvolgente lungo il percorso espositivo ne riporta brevi estratti, mentre il catalogo edito da Marsilio Arte/ Archivio Luce Cinecittà illustra per intero i loro racconti.

Un viaggio tra fotografia e letteratura

Se Mauro Covacich firma una storia vera dedicata alla stazione di Trieste, cerniera di confine, Gaia Manzini conduce gli ospiti della mostra a Milano insegnando che l’ “anonimato che regala una stazione è libertà, accelerazione di cambiamenti e mutazioni”.

Se la Venezia per immagini si racconta attraverso un bambino dall’aria trasognata nell’atrio della biglietteria, l’arrivo del treno popolare o i viaggiatori mascherati durante il Carnevale, la voce della stazione di Venezia ha l’accento di Tiziano Scarpa che ricorda le case dei ferrovieri, il bar Novecento e il Ponte della Libertà simile a una cannula che impianta un embrione nell’amnio lagunare, come a volere infilare la modernità dentro Venezia.

“Bastava osservare una carta della rete ferroviaria nazionale per rendersi conto di quale snodo insostituibile rappresentasse Bologna Centrale; più volte avevo sentito mio padre far presente che, se per qualche motivo fosse rimasta paralizzata, l’Italia si sarebbe trovata tagliata in due” scrive Enrico Brizzi.

Ed eccola in mostra Bologna Centrale, ancora scossa da quel “tonfo simile a un applauso di giganti che aveva scatenato un inferno di sirene e grida concitate da un balcone all’altro”, con le donne dei Fasci femminili immortalate mentre aspettano l’arrivo del Duce, e oggi “porta aperta sul mondo”.

Con Sandro Veronesi raggiungiamo idealmente Firenze Santa Maria Novella. Il suo orologio, dagli anni Trenta sulla facciata esterna di questo edificio, capolavoro del razionalismo italiano, ha una particolarità: è il primo digitale in Italia. Anche nelle immagini la stazione di Firenze è modernità, con il nuovo treno elettrico fermo su un binario e la Saletta riservata del Padiglione reale.

Attraverso la Befana del Ferroviere il racconto di Melania Mazzucco conduce il visitatore alla Stazione Termini, “non arrivo, ma punto di partenza, inizio e suggello di ogni libertà”. Negli scatti dell’Archivio Luce, Termini diventa lo sbarco brillante di attori e registi, da Walt Disney a Sophia Loren, da Alfred Hitchcock in carrozza ad Anita Ekberg, e ancora Luchino Visconti e Sean Connery, Marcello Mastroianni e Orson Welles.

“La memoria delle stazioni pare essere un ossimoro, tanto che le stazioni sono per noi i luoghi dell’impermanenza, del passaggio rapido”. Lo sa bene Valeria Parrella che identifica la “sua” Napoli Centrale con la vista del Vesuvio sterminatore. “Quando arrivi a Napoli lo vedi come prima cosa, è la porta della stazione, il semaforo dell’arrivo...l’annuncio silenzioso e imponente che dice: benvenuti in città”.

L’ultima (o la prima) tappa della mostra la racconta Nadia Terranova con una riflessione sulla Stazione di Messina Centrale dove un Salvatore Quasimodo bambino - il cui padre, ferroviere, fu chiamato a occuparsi della gran confusione che regnava nella stazione della città all’indomani del terremoto del 1908 - dialoga con la figlia della scrittrice in un incontro immaginario.

D’altronde, scriveva il poeta, “Dove sull’acque viola | era Messina, tra fili spezzati | e macerie tu vai lungo binari | e scambi col tuo berretto di gallo | isolano. Il terremoto ribolle | da due giorni, è dicembre d’uragani | e mare avvelenato”.

Curata interamente dalla nuova presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia, la mostra diventa, nell’AuditoriumGarage, un percorso corale in otto tappe, otto come le stazioni considerate, che fiorisce in un caleidoscopio di punti di vista e nuovi contenuti.

“La scelta di queste otto specifiche stazioni - spiega Sbarigia - è il frutto di motivi diversi. Alcune di queste erano imprescindibili, altre le ho scelte perché volevo lavorare con determinati scrittori e poi perché erano stazioni un po’ speciali. Quella di Venezia, ad esempio, è una stazione ricca di suggestioni, che ci porta sull’acqua, la stazione di Trieste rappresenta un confine, quella di Bologna ha subito un’ingiuria talmente violenta che nonostante tutto è rimasta nella storia del nostro paese. Ho sempre visto le stazioni piene, luoghi dai quali transita l’umanità intera, uomini, donne, bambini, persone importanti e quelle che non contano niente. È una mostra dove ciascuno può trovare delle cose che gli somigliano”.

Un viaggio tra ieri e oggi

Se il “com’era” si fa sentire per bocca di questi materiali di archivio, il “com’è” è offerto dallo sguardo d’autore della giovane fotografa Anna Di Prospero che con i suoi scatti unici, realizzati appositamente per il progetto, ha riletto le stesse stazioni ferroviarie al centro delle vecchie foto d’archivio, offrendone una lettura contemporanea e per la prima volta femminile, in un continuo dialogo tra antico e moderno.

“Grazie a questo progetto - spiega Di Prospero, che sarà anche la prima donna a essere acquisita dell’Archivio Luce - ho capito quanto sia più propensa a raccontare luoghi con architetture razionaliste. Ed è per questo che ho trovato la stazione di Messina meravigliosa. Il suo piano è rimasto uguale a quello di 50 anni fa”.

Così alle 92 immagini di archivio, agli 8 racconti originali, a documenti storici e a un filmato che racchiude immagini audiovisive che raccontano 90 anni di storia delle stazioni, Anna Di Prospero ha affiancato 20 immagini inedite realizzate appositamente per questo progetto.

La figura della stessa fotografa di spalle, avvolta da un elegante abito rosso, sembra interagire con gli edifici come una presenza onirica e perturbante.

Dopo questo primo allestimento a Roma, “La Memoria delle Stazioni” viaggerà per il mondo, portandosi dietro il suo bagaglio universale di ricordi, emozioni, protagonisti.

La prima tappa in Europa sarà Parigi. L’appuntamento, a metà gennaio, è alla Galleria “Paris Cinema Club”.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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