Goletta Verde lancia l’allarme: “Non è caldo, è crisi climatica”. Tirreno e Adriatico sopra la media, ecosistemi marini in pericolo. Le evidenze scientifiche parlano chiaro.
Il Mediterraneo sta cambiando volto. E non è un bene
Siamo arrivati al punto di rottura. Il mese di giugno 2025 ha segnato un nuovo record: la temperatura media della superficie del Mar Mediterraneo ha raggiunto i 24,3 gradi, superando di un grado intero la media calcolata tra il 2015 e il 2024. Si tratta del valore mensile più alto degli ultimi dieci anni.
La scritta esposta in mare, chiara e spietata: “Non è caldo. È crisi climatica”, non lascia spazio a interpretazioni. La manifestazione di Goletta Verde vuole richiamare l’attenzione su un fenomeno che non è più un’eccezione estiva, ma un processo strutturale, accelerato, irreversibile se non si cambia rotta subito.
Tirreno e Adriatico fuori controllo
Se il Mediterraneo complessivamente ha toccato livelli mai registrati, il Mar Tirreno ha fatto ancora peggio: 25,1 gradi di media, con picchi superiori nelle aree costiere del basso Lazio e della Campania. Nel Mar Adriatico, la situazione è altrettanto critica: 24,1 gradi, con una tenuta leggermente migliore solo nel tratto orientale, tra Albania e Montenegro.
“La combinazione di temperature elevate e assenza di ventilazione ha determinato un surriscaldamento anomalo delle acque superficiali,” ha spiegato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “I nostri mari non sono piscine tropicali: sono ecosistemi complessi che stanno subendo un trauma climatico violento.”
Ecosistemi sotto pressione, pesca in crisi
L’aumento delle temperature marine ha effetti devastanti. Le praterie di Posidonia oceanica, polmone verde dei nostri fondali, soffrono lo stress termico, riducendo la loro capacità di assorbire CO₂ e di offrire rifugio a numerose specie.
La fauna marina si sposta, alterando le catene alimentari: pesci come tonni e alici cambiano rotte migratorie o risalgono verso acque più fresche, mentre nuove specie tropicali si insediano stabilmente nel Mediterraneo, con impatti anche sulla sicurezza alimentare e sanitaria.
I cambiamenti nella colonna d’acqua e la tropicalizzazione del bacino stanno mettendo a rischio il 20% delle specie ittiche tradizionali, con pesanti conseguenze sulle attività di pesca artigianale, già in difficoltà per l’eccesso di sfruttamento e l’inquinamento.
Le città costiere sotto minaccia
Non si tratta solo di pesci o alghe. L’aumento delle temperature marine è strettamente legato a eventi climatici estremi sempre più frequenti lungo le coste.
“Ogni grado in più nelle acque del Mediterraneo significa uragani mediterranei più violenti, come l’uragano Daniel che nel 2023 ha devastato la Libia causando oltre 11.000 morti,” ricorda Claudio Donadio, climatologo del CNR-Isac.
I mari più caldi contribuiscono a intensificare piogge torrenziali, trombe d’aria, mareggiate e alluvioni, colpendo città e località turistiche, con danni stimati in miliardi di euro ogni anno. A pagarne il prezzo è anche l’economia del Mediterraneo: turismo, pesca, trasporti marittimi e stabilità infrastrutturale.
L’inerzia della politica e il ruolo della società civile
Il Mediterraneo è uno dei climate hotspot mondiali, con un riscaldamento del 20% superiore alla media globale. Eppure, le risposte politiche restano tiepide.
“Serve una governance climatica mediterranea, coordinata e dotata di fondi vincolanti,” denuncia Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.
Goletta Verde chiede l’attivazione immediata di un piano nazionale per la protezione del mare, con focus su adattamento costiero, tutela della biodiversità, riconversione energetica e transizione ecologica delle filiere economiche.
Ma anche la società civile può e deve fare la sua parte. Dai consumi domestici all’uso consapevole della plastica, fino alla pressione su amministrazioni locali per scelte urbanistiche sostenibili, il cambiamento deve partire dal basso. “Senza pressione pubblica – ha sottolineato Ciafani – la politica non si muove. Serve un’alleanza mediterranea dei cittadini.”
Il mare non dimentica. E non perdona
Nel silenzio delle onde riscaldate, il Mediterraneo ci sta lanciando un grido d’allarme. Non si tratta di un’estate più calda del solito, ma di un punto di svolta climatica. Ignorarlo significa perdere tempo, biodiversità, sicurezza.
E anche memoria: i mari raccontano chi siamo e come viviamo. Se li abbandoniamo, saremo noi i primi a essere sommersi.