Alain Delon, la fine della Grande Bellezza

- di: Barbara Bizzarri
 

La Francia e il mondo intero piangono Alain Delon, simbolo di un cinema e di un’epoca che, come ha scritto Brigitte Bardot, sono andate via per sempre insieme a lui e non potranno più tornare. Simbolo anche di quella bellezza invidiata dagli dei e che per questo non mette al riparo da niente: dolore, amarezza, impotenza dinanzi a una vecchiaia mai accettata, rifiutata con tutte le forze rimaste. Una bellezza tanto distante dal mondo da far pensare a un’intangibilità quasi doverosa ma per Alain Delon, un monumento francese come è stato definito dal presidente Macron, non è stato così: nel mondo si era immerso sporcandosi le mani e provando tutto, come aveva detto, malinconicamente, in una delle sue ultime dichiarazioni cariche di dolore: “Ho fatto tutto, questo mondo volgare, che pensa soltanto al denaro, per me non ha più senso”. Aveva invocato più volte l’eutanasia dopo l’ictus che lo aveva colpito nel 2019 lasciandogli strascichi insopportabili, tra cui un linfoma ai polmoni da cui diceva di “proteggerlo” l’ultima compagna, Hiromi Rollin, definita badante dai figli che mesi fa l’avevano messa alla porta senza troppe cerimonie, e lei aveva detto, tristemente presaga, “senza di me morirà, non riuscirà nemmeno a capire perché sono sparita” ma Anthony, Anouchka e Alain Fabien l’avevano anche denunciata per circonvenzione di incapace e maltrattamento di animali, gli animali che l’attore amava tanto da chiedere di essere sepolto con il suo cane Loubo e di morire con lui, presente perfino nel comunicato congiunto che i tre figli hanno diffuso per informare il mondo esterrefatto della sua morte mettendo momentaneamente da parte le asprissime liti per l’eredità, iniziate quando la star era ancora in vita e che vedevano contrapporsi i figli di Alain contro “la preferita”, Anouchka, “la donna della mia vita”, cui secondo le volontà della star sarebbe andata la metà del suo patrimonio mentre agli altri due restava da spartirsi il resto, Delon non era mai stato tenero coi figli maschi.

Alain Delon, la fine della Grande Bellezza

Una sorta di contrappasso amaro ha distrutto gli ultimi anni di Delon, che ha visto i figli “ufficializzati” sbranarsi per un’eredità tanto ingente, si dice, quanto sconosciuta nei dettagli, mentre invece Ari Boulogne, figlio mai riconosciuto avuto da Nico, musa di Warhol e cantante dei Velvet Underground, è morto l’anno scorso di overdose in solitudine e povertà dopo una vita trascorsa da una parte a lottare contro le dipendenze e dall’altra contro i tribunali per ottenere quell’attenzione sempre negata da Alain: “non hai i miei occhi né i miei capelli” gli aveva detto nonostante una somiglianza strabiliante, “tu non sarai mai mio figlio”, aveva quindi concluso lasciandolo a una stazione della metropolitana dopo uno dei pochi incontri. Il tribunale di Orléans aveva rigettato la richiesta di Boulogne, che portava il cognome del secondo marito di Edith, la madre di Delon che lo aveva adottato per farsi poi definire da Nico una “ladra di bambini”, con la dichiarazione di incompetenza dato che l’attore risultava vivere in Svizzera. Una battaglia ripresa poi da Blanche, figlia diciottenne di Ari che però, a un certo punto, aveva deciso non si sa perché di lasciar perdere tutto.

Amarezze che segnano l’ultimo tratto del percorso familiare e sentimentale di Delon, che inizia a fare cinema “per le donne” dopo un trascorso rocambolesco che va dall’esercito, cui si era arruolato, alla bottega di salumiere del patrigno dove lavorava e “se fossi rimasto lì mi sarei evitato un sacco di guai” aveva detto in seguito. Troppo tormentato, troppo devastato da una storia personale difficilissima, abbandonato dal padre a 4 anni, per trovare nell’amore equilibrio: Romy Schneider fu distrutta dal suo addio, lasciata in un batter d’occhio per sposare Nathalie, al secolo Francine Canovas, madre del suo primogenito Anthony. In una lettera struggente che le scrisse dopo la sua morte, l’attore mette a nudo la sua anima: “Non sarò presente né in chiesa né alla tomba. Ti prego di perdonarmi... tu sai che io non avrei potuto in nessun modo proteggerti da questa gente avida. Perdonami. Verrò il giorno successivo e saremo soli”. Quando a Cannes ritirò, commosso, il Premio alla carriera, disse: “Non è difficile durare, io l’ho fatto per 62 anni: è difficile andarsene, ma è quello che voglio”, interrotto da una voce che gridava “no!”, per poi riprendere: “ma non lo farò senza ringraziarvi perché se sono una star lo devo al pubblico e a nessun altro”. Come ieri ha scritto Claudia Cardinale, ormai, “il ballo è finito. Tancredi danza fra le stelle”.

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