“Nessun legame con il caso Abedini”, afferma il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ismail Beqaei, nel tentativo di allontanare i sospetti che l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, avvenuto il 19 dicembre, sia parte di una strategia politica. Sala, detenuta nel famigerato carcere di Evin, è accusata di aver violato le leggi della Repubblica Islamica durante un reportage sulle proteste che da mesi scuotono il Paese.
Teheran nega legami con il caso Abedini. Oggi sit-in per Cecilia Sala
Mentre Teheran nega ogni implicazione politica, in Italia si alza il livello di preoccupazione. L’arresto di Sala non è solo una questione diplomatica, ma tocca un nervo scoperto: il diritto all’informazione e la libertà di stampa, principi che l’Iran continua a calpestare con dure repressioni e arresti arbitrari.
Un carcere simbolo di oppressione
Evin non è un luogo qualunque. Questo carcere, situato sulle alture di Teheran, è diventato negli anni il simbolo della repressione del regime. Qui sono rinchiusi dissidenti, giornalisti, intellettuali e attivisti, spesso senza un processo equo e con accuse vaghe. La detenzione di Cecilia Sala si inserisce in questo contesto di sistematica soppressione delle voci indipendenti.
Sala, conosciuta per il suo coraggio e la sua capacità di raccontare storie dai teatri di conflitto, ha portato all’attenzione internazionale le voci delle donne iraniane e le proteste contro il regime. Per questo, il suo arresto ha un significato che va oltre il singolo caso: rappresenta un attacco diretto alla libertà di espressione e alla possibilità di raccontare ciò che avviene dietro il velo della censura di Stato.
La risposta italiana: Mantovano al Copasir
In Italia, il governo segue con attenzione il caso. Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha riferito al Copasir, assicurando che l’esecutivo sta lavorando per ottenere la liberazione della giornalista. Ma la vicenda è complessa: il caso Abedini, rifugiato iraniano in Italia, rappresenta un elemento sensibile che potrebbe influenzare le trattative.
Fonti diplomatiche spiegano che l’Iran potrebbe utilizzare la detenzione di Sala come leva per ottenere concessioni. Una strategia già vista in passato, in cui giornalisti e attivisti diventano pedine in un gioco geopolitico più ampio. “Non possiamo permettere che la libertà di una giornalista venga barattata per interessi politici”, ha dichiarato Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio.
Il sit-in di oggi: solidarietà e silenzio
Oggi, alle 11:30, Piazza Santi Apostoli sarà il teatro di un sit-in organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Lazio e dall’Associazione Stampa Romana, con il sostegno della rete #NoBavaglio. La manifestazione, aperta a giornalisti e cittadini, si svolgerà nel rispetto del silenzio stampa richiesto dalla famiglia di Sala.
“Non ci saranno interventi pubblici. Sarà un momento di raccoglimento e riflessione, per dimostrare la nostra vicinanza a Cecilia e riaffermare il valore della libertà di informazione”, ha spiegato Stefano Ferrante, segretario dell’Associazione Stampa Romana.
Questo silenzio vuole essere un segnale potente. In un mondo in cui le parole sono spesso abusate o manipolate, il silenzio può diventare un’arma simbolica contro la repressione.
Una battaglia che riguarda tutti
L’arresto di Cecilia Sala non è un caso isolato. È il riflesso di una crisi più ampia, che vede i regimi autoritari intensificare il controllo sui media e soffocare ogni forma di dissenso. L’Iran, in particolare, vive una fase di turbolenza interna, con proteste diffuse che chiedono libertà e diritti, soprattutto per le donne.
La battaglia per la liberazione di Sala è dunque anche una battaglia per dare voce a chi non può parlare, per garantire che le storie delle donne iraniane, delle famiglie distrutte dalla repressione, arrivino oltre i confini del regime.
“La sua detenzione non può essere ignorata”, ha affermato Ferrante. “Ogni giorno di silenzio equivale a un giorno di complicità con chi vuole censurare la verità”.
Il silenzio stampa in piazza
Il sit-in di oggi è un’occasione per ribadire che la libertà di stampa non è negoziabile. Cecilia Sala è diventata un simbolo, non solo per l’Italia, ma per chiunque creda nei valori fondamentali della democrazia. La sua liberazione deve essere una priorità per il nostro Paese e per la comunità internazionale.
In Piazza Santi Apostoli, il silenzio parlerà più forte delle parole, ricordando che la verità non può essere imprigionata e che la solidarietà, anche nei momenti più difficili, può fare la differenza.