Vade retro Arnault!
- di: Barbara Leone
Le regole sono regole. Anche se ti chiami Bernard Jean Étienne Arnault e sei uno degli uomini più ricchi sulla faccia della terra. Capita in America? Magari in Svezia? O forse a Milano? Nossignore! Le regole si rispettano anche a Napoli. Lo so: i maligni penseranno che è proprio questa la notizia. Punti di vista. E di lunghezza. Nella fattispecie quella del mega yacht del magnate francese, proprietario Lvmh, multinazionale che comprende Christian Dior, Bulgari, Fendi, Givenchy, Louis Vuitton, Tiffany, Moet & Chandon, Veuve Clicquot e molto altro ancora. Ed il cui patrimonio è stimato intorno ad una roba come 220 miliardi di dollari, che solo a scriverlo mi prende uno sturbo. Ebbene il buon Arnault ha pensato bene di farsi un giretto nel Golfo di Napoli a bordo del suo mega yacht dall’armonico nome Symphony, che vale almeno 300 milioni, dollaro più dollaro meno, e misura appena 101 metri di lunghezza. E vuoi vedere che il problema è proprio quell’uno? No perché il fatto è assai curioso. Caso vuole, infatti, che questo sia uno dei posti più amati in assoluto da Mr. Vouitton, il quale ha una vera e propria fissazione per l’isola di Capri. Chiamalo fesso! Se solo sapessimo valorizzare le innumerevoli ed incredibili bellezze del nostro Paese, come fanno ad esempio i cugini francesi che hanno dato i natali proprio ad Arnault, forse ce la passeremmo un po’ meglio. Invece no, ci boicottiamo da soli spernacchiandoci l’un con l’altro. Senza contare che quando c’è da partire puntiamo più lontano possibile, magari neanche conoscendo cosa c’è nella regione accanto alla nostra. Mentre gli altri, specie i ricconi che potrebbero pure permettersi il giro del mondo in 80 giorni, gira che ti rigira vengono in vacanza qua e non in Polinesia. Dove, però, forse sono più furbi di noi. Dubito, infatti, che avrebbero intignato sulle regole in punta di metro come è successo al molo turistico di Mergellina, dove hanno mandato via il lussuosissimo yacht del sor Bernard perché ce l’aveva troppo lungo. Lo yacht, ovvio. I 101 metri, a detta della Capitaneria partenopea, avrebbero creato numerosi problemi. E poi c’è la questione banchina: un bestione del genere avrebbe occupato ben quattro posti che di questi tempi, dicono, sono veramente troppi visto siamo già in alta stagione. Tradotto: al porto c’è la fila e si sta pure stretti. E così non c’è stato verso: accesso negato, dietrofront di Arnault che ha girato il culo della sua barchetta e, tomo tomo cacchio cacchio, ha virato verso più accoglienti lidi. Fenomeni! Siete proprio dei fenomeni!
Via da Napoli! Lo yacht di Arnault è troppo lungo
Cioè io dico: mo’ a Napoli, che le regole non le rispetta manco il gatto dell’ultimo vascio, mo’ fate i fiscali e vi fissate a farle rispettare proprio ad uno degli uomini più ricchi del pianeta? Siete delle volpi! Non per lui, che gli sta pure bene e siamo tutti d’accordo che ciò che vale per un netturbino debba valere per il sultano del Brunei. Ma cambiatele caspita queste regole. Avete idea dei soldi che il Paperon de’ Paperoni avrebbe speso a Napoli? Famo du conti della serva: approdando avrebbe speso qualche milione di euro nel giro di qualche ora. Tra carburante, approdo, approvvigionamenti per l’equipaggio e shopping vario ed eventuale una barca del genere ogni volta che tocca terra spende decine di migliaia di euro al giorno. Senza contare che ci sono anche i tanti dipendenti che a loro volta aprono il portafoglio, E’ un enorme giro di danaro, che così viene speso altrove. E sono soldi che entrano sul territorio italiano, soldi in più che circolano e che a loro volta verranno spesi ed investiti e che, molto banalmente, contribuirebbero ad aumentare il benessere di un’intera area. Basti pensare che ci sono luoghi, tipo Saint Tropez, che vivono di yachting incassando in sei mesi abbastanza per far vivere bene i residenti. Magari anche basta con questa ipocrita visione decadentista della società per cui il danaro è brutto, sporco e cattivo. La verità è che l’Italia potrebbe essere la Florida del Mediterraneo, e potremo essere anche molto meglio di Saint Tropez, meglio di Las Vegas o della California. Perché, alla faccia dei detrattori, siamo il luogo che si avvicina di più a quello che nell'immaginario collettivo assomiglia al paradiso terrestre. Con le strutture adeguate e il ripristino della bellezza che è insita nel nostro territorio, e anche nel nostro dna, l’Italia potrebbe rivivere un vero e proprio Rinascimento anche solo grazie ai volumi di danaro provenienti dal turismo e dagli investitori. Ma bisognerebbe essere lungimiranti, illuminati o molto più semplicemente furbi. Cosa che, evidentemente, non siamo. E comunque alla fine della fiera il succo di questa storia è uno: le dimensioni contano. Siamo noi che non sappiamo contare.