Putin come Antonio, loda Prigozhin per spazzarne il ricordo

- di: Diego Minuti
 
Sentire Vladimir Putin ''celebrare'' il ricordo di Yevgeny Prigozhin usando toni anche celebrativi dell'ingombrante scomparso ci ha fatto venire in mente come l'Antonio di Shakespeare pronuncia l'orazione funebre per Giulio Cesare, in cui la morte diventa il pretesto per un regolamento di conti con chi cerca di tagliargli la strada verso il potere di Roma. "Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia di Cesare. Il nobile Bruto v’ha detto che Cesare era ambizioso: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Cesare ne ha pagato il fio'': detto con parole diverso, è lo stesso concetto usato da Putin per ricordare quello che era il suo amico e come egli sia stato importante per la Russia, fino a quando ha preso decisioni sbagliate, quelle che lo hanno perso. Che queste decisioni, come l'ammutinamento con le minacce di arrivare in armi sulla Piazza Rossa, siano il motivo della morte di Prigozhin , Putin si è guardato bene dal dirlo chiaramente, anche se il messaggio subliminale (ma fino ad un certo punto) è arrivato chiaramente: guai a sfidarmi. 

Lo ''zar'' ha anche condito il suo breve discorso di frasi di circostanza,  persino facendo le condoglianze alle vittime dell'incidente, ricordando che sull'Embraer precipitato c'erano uomini della Wagner (il cui contributo alla campagna in Ucraina, ha detto, non sarà dimenticato) , quasi che si sia trattato di un semplice incidente. Quasi che il jet di fabbricazione brasiliana (noto per la sua affidabilità: in oltre vent'anni ha avuto solo un incidente, per chiare responsabilità del pilota, non della meccanica o della strumentazione) sia caduto per autocombustione, magari un fornellino per scaldare l'acqua del the, in attesa dell'atterraggio. Certo, sentire che Putin ha garantito che, per come gli hanno riferito gli investigatori, l'inchiesta sarà esaustiva qualche sorrisetto l'ha scatenato, tenuto conto che, per dirla come il presidente americano Biden, in Russia nulla accade che non abbia lo ''zar'' dietro. 

Dato per scontato che non si troverà un colpevole, se non qualche testa di legno cui intestare colpe e responsabilità, Prigozhin può riposare tranquillo, ovunque si trovi. Nel bene e nel male, lui è sempre servito a Putin, per menare le mani o, come ora, per farne un monito. Quindi la morte del capo di Wagner e della cerchia ristretta di collaboratori è tutto fuorché un regolamento di conti, è piuttosto un ammonimento, rivolto a coloro che Putin considera potenziali nemici, tutti sul versante domestico. 
Con i dissidenti in galera, condannati a lunghissime pene detentive sulla scorta di risibili accuse, Vladimir Putin se proprio si deve cercare un avversario lo deve trovare su coloro che, sino a ieri, godevano della sua fiducia e grazie ad essa si sono arricchiti, in termini economici o di esercizio del potere. 
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