OFI Invest AM: Il trend deflattivo sembra avviato, ma gli Usa mostrano che serve prudenza

- di: Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM
 
A fine 2023, i mercati hanno attraversato un momento di euforia dovuto al brusco calo registrato dall’inflazione, tanto che hanno iniziato a prezzare un taglio dei tassi d’interesse già per la primavera di quest’anno da parte sia della Federal Reserve, sia della Banca Centrale Europea. Tuttavia, i dati più recenti hanno portato a spostare queste previsioni più avanti nell’anno, ricordandoci che la strada per la disinflazione sarà più graduale e lenta, dato che dovrà tenere conto anche di componenti più resilienti, una su tutte i servizi. Questa linea è stata confermata anche dai governatori dei due istituti, che hanno sempre predicato cautela quando si trattava di allentare le restrizioni sulla politica monetaria. Così, nel corso delle settimane, le aspettative dei mercati si sono calmierate e si sono allineate a quelle che sono sempre state anche le nostre previsioni, ovvero di un primo tagli dei tassi che non sarebbe arrivato prima dell’estate. Una prova pratica di questo cambio di atteggiamento ce l’aveva già data il SOFR statunitense, che a febbraio ha stimato la probabilità di nuovi rialzi da parte della Fed tra il 5% e il 10%, tanto che i più allarmisti hanno iniziato a chiedersi se le ultime previsioni non fossero totalmente errate e ci si dovesse preparare a nuovi inasprimenti.

Su questo punto, i recenti rapporti mostrano che i tempi di consegna delle merci si sono notevolmente ridotti, dopo che a gennaio avevano subito un aumento a causa delle tensioni nel Mar Rosso, alleviando così alcune pressioni che si erano venute a creare sul comparto manifatturiero. A questo si aggiunge anche la deflazione cinese, che smorza il rischio di ripercussioni su scala globale. Permangono alcune preoccupazioni sul settore dei servizi ad alta intensità di manodopera, dove lo slancio si è nel complesso stabilizzato nella zona euro mentre ha registrato una leggera ripresa negli Stati Uniti.

Più nel dettaglio, per quanto riguarda gli Usa, l’inflazione si è confermata al 3,2%, con l’indice sui consumi personali (il parametro maggiormente osservato dalla Fed), che è sceso al 2,4%, rispetto al 2,6% di dicembre 2023. Il problema, per entrambi i parametri, è rappresentato dall’inflazione core (ovvero quella che si ottiene se non si prendono in esame le componenti più volatili), che si mantiene su livelli alti, rispettivamente al 3,9% e al 2,8%. Inoltre, il prezzo delle case si sta dimostrando particolarmente resiliente e altri settori, come i servizi legati ai trasporti e la sanità hanno addirittura vissuto un’accelerata. Purtroppo, solo nei prossimi mesi sarà possibile capire se si è trattato di un picco stagionale, dovuto al fatto che i prezzi in queste aree tendono a raggiungere livelli più alti nella prima parte dell’anno, o se è l’inizio di un fenomeno più preoccupante per la Fed, imputabile al buon andamento della crescita americana. A gennaio si era anche registrato un calo della spesa delle famiglie e dell’ottimismo dei consumatori in generale circa il mercato del lavoro, soprattutto per quanto riguarda l’andamento degli stipendi, i quali dovrebbero ridursi e andare a mitigare le pressioni sui prezzi. Se queste previsioni fossero confermate, i prossimi dati dovrebbero destare scalpore, ma non abbastanza da spingere la Fed ad abbandonare la via della cautela e della prudenza, anche per via dell’impegno preso circa la normalizzazione dei suoi bilanci, che la potrebbero spingere a ridurre il suo programma di acquisti a sostegno delle impresse.

Se si osserva invece l’Area Euro, si ha a che fare con un’inflazione al 2,6%, ma la componente core è superiore al 3% e preoccupa quella legata ai servizi (attualmente al 3,9%); dati che sembrano escludere un taglio dei tassi d’interesse in tempi brevi, soprattutto alla luce del fatto che i salari europei erano in crescita del 4,5% a fine 2023 e addirittura del 5% se si includono anche i bonus annuali una tantum. Inoltre, tra febbraio e marzo si devono svolgere numerose contrattazioni collettive riguardanti proprio gli stipendi; pertanto, sarebbe normale se la Bce aspettasse la loro conclusione prima di iniziare a tagliare i tassi, quando avrà una visione chiara sull’andamento degli stipendi. Queste informazioni, però, non saranno disponibili prima di maggio. In conclusione, sebbene il trend deflattivo sembri ormai avviato, è importante mantenere la cautela, dato che persistono elementi di rischio, quali eventi geopolitici o politici, come le elezioni presidenziali statunitensi.
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