LGIM: Il taglio dei tassi della Bce conferma il trend deflattivo nonostante i dati di maggio

- di: Simon Bell, Fund Manager di LGIM
 
Dopo averlo anticipato in tutti i modi, alla fine la Banca Centrale Europea ha rispettato le aspettative, procedendo con un primo taglio dei tassi d’interesse da 25 punti base. Tuttavia, tra l’ultimo meeting e oggi abbiamo avuto tre brutte sorprese che hanno messo in dubbio quella che fino a poco tempo fa sembrava una certezza; ovvero:

- L’indice armonizzato dei prezzi al consumo core (core HICP) che ha disatteso al rialzo le aspettative della Bce; dello 0,1% nel primo trimestre e, in base a quanto osservato fino a oggi, dello 0,2%-0,3% nel secondo

- Anche la crescita si è rivelata più robusta del previsto, attestandosi al di sopra delle attese di 0,2 punti percentuale, con gli indici PMI che indicano una spinta più forte del previsto e scarsi segnali di debolezza del mercato del lavoro

- Infine, i salari contrattati si sono attestati al 4,7% a marzo; lo 0,2% oltre le previsioni, trainati soprattutto dalle performance della Germania registrate nel secondo trimestre (fino a oggi)

Il fatto che questi tre venti contrari non siano stati abbastanza forti per far cambiare idea all’istituto di Francoforte non sorprende, anche perché avrebbe significato un fallimento comunicativo su tutta la linea; ma noi di LGIM ci sentiamo di affermare che non andranno a intaccare, almeno significativamente, il trend deflattivo in corso. Se maggio può essere visto come una battuta d’arresto, i dati presentati non bastano a minare la convinzione che i costi salariali saranno assorbiti dai margini aziendali, dato che tutti gli indicatori segnalano che il picco della crescita degli stipendi è stato ampiamente superato. L’unica eccezione sembra essere proprio la Germania, per via della validità temporale particolarmente lunga degli accordi sindacali, la quale dovrebbe comunque raggiungere il picco l’agosto prossimo. Piuttosto, questa resilienza imprevista ci ricorda quanto sia importante adottare un approccio prudente e ci porta ad escludere quasi totalmente la possibilità che a questo taglio ne segua un altro già nel mese di luglio. È molto più probabile che ulteriori aggiustamenti della politica monetaria arriveranno a seguito dei cosiddetti “forecast meeting” di settembre, dicembre e marzo 2025; uno ogni trimestre.

Ufficialmente, la linea della Bce è che i tassi d’interesse potranno continuare a scendere fintanto che i dati combaceranno con le previsioni. In realtà, i membri del Governing Council hanno fornito, nelle loro comunicazioni individuali, maggiori indicazioni sul probabile ruolino di marcia che seguirà il taglio dei tassi. In particolare, quello che emerge è che si è scesi dai 3-4 previsti a marzo a 2-3, a seguito della resilienza mostrata dalla crescita e dalla viscosità dell’inflazione. Tuttavia, il dibattito su questo punto è ancora molto acceso. Da un lato, esponenti come Isabel Schnabel sostengono che le transizioni energetica e digitale renderebbero il tasso di riferimento attuale non così alto e l’attuale policy non così restrittiva; dall’altro, altri membri si sono opposti a questa visione, suggerendo che molti ritengono che l’attuale livello non sia più appropriato, dato che i rischi di ulteriori rialzi dell’inflazione si stanno attenuando.

Resta poi un nodo cruciale che deve ancora essere sciolto, ovvero la capacità della Bce di proseguire sulla sua strada senza che la Federal Reserve faccia altrettanto, in particolare dopo che alcuni membri del direttivo hanno evocato un legame più stretto con le mosse di quest’ultima. Ciò spiega anche perché i prezzi front-end non si sono discostati molto da quelli del Regno Unito o degli Stati Uniti, con i tagli scontati per prossimi due anni praticamente identici. Affinché questa dinamica cambi, potrebbero essere necessarie prove più chiare della debolezza economica di fondo, con tutte e tre le banche centrali che fanno la loro mossa.

 
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