Fugnoli: "L'anno che preparerà la ripresa, cosa sperare per il 2023"

- di: Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos
 
C’è un’espressione in inglese che dice: state attenti a quello che desiderate. Il senso di questa espressione è che bisogna prestare molta attenzione agli effetti collaterali spiacevoli che potrebbe avere l’eventuale realizzazione dei nostri desideri.

In un anno complicato come sarà il 2023 questo sarà particolarmente vero. Consideriamo tre aspetti di questa complessità.

Il primo riguarda la riapertura della Cina. I mercati se la augurano, perché guardano al sostegno della domanda globale che una ripresa dei consumi cinesi potrebbe portare con sé. Questo è sicuramente vero, ma abbiamo considerato i possibili effetti indesiderati della riapertura? I casi di Covid potrebbero aumentare bruscamente e causare nuove chiusure. Se poi tutto dovesse andare bene, la ripresa della domanda cinese renderebbe più difficile la discesa dell’inflazione globale, a partire dalle materie prime.

Un secondo aspetto riguarda l’inflazione. I mercati si augurano ovviamente che scenda e così molto probabilmente sarà. Abbiamo però considerato il fatto che le imprese avranno meno spazio per alzare i prezzi dei loro prodotti mentre il costo del lavoro continuerà a crescere ancora per alcuni trimestri? Quali saranno le conseguenze per i profitti?

Un terzo aspetto riguarda l’atteggiamento delle banche centrali. I mercati sperano in un pivot il più vicino possibile. Sperano cioè che, dopo avere completato il ciclo di rialzi dei tassi nel primo trimestre del prossimo anno, la Fed e la BCE inizino un ciclo di ribassi già nella seconda metà dell’anno. Se così sarà ci sarà infatti un rimbalzo significativo di tutti gli asset finanziari. Un pivot prematuro, tuttavia, potrebbe fare ripartire, oltre all’economia e ai mercati, anche l’inflazione. Negli anni Settanta questo successe tre volte. La Fed alzava i tassi, l’inflazione scendeva ma l’economia rallentava. La Fed allora tagliava e il ciclo ripartiva, ma ripartiva anche l’inflazione.

Si potrebbe continuare. Si dirà che è sempre così. L’economia è fatta di trade off e ogni aspetto positivo ha sempre qualche effetto negativo e viceversa. Quello che c’è di nuovo in questa fase è che lo spazio per trovare un equilibrio soddisfacente è più limitato del solito, mentre i rischi, se questo equilibrio non si trova, sono più alti della media.

Con queste premesse è da considerare positivo che le banche centrali siano di nuovo consapevoli della complessità della situazione. Dopo un 2020 e un 2021 in cui Fed e BCE hanno guardato solo alla crescita da sostenere e un 2022 in cui hanno guardato solo all’inflazione da far scendere, nel 2023 si cercherà di trovare un equilibrio tra questi due obiettivi. Occorrerà molta abilità e anche fortuna per conseguirlo, ma non sarà impossibile.

La differenza tra il 2022 e il 2023 è che il 2022 ha lasciato ben poco spazio alle speranze. Il 2023, al contrario, verrà vissuto come la conclusione di una fase convulsa iniziata nel 2020, una fase in cui il mondo ha perduto il suo equilibrio e ha sbandato prima da una parte e poi dall’altra. Un’eventuale recessione, che in parte è già incorporata nelle aspettative e quindi nei prezzi, verrà vista come l’ultimo prezzo da pagare per uscire dall’emergenza e avviare una fase di solido recupero dal 2024 in avanti.

Beninteso, il medio termine avrà anch’esso le sue sfide, dall’assetto geopolitico globale alla transizione energetica. È però legittimo sperare che queste sfide possano essere affrontate in un contesto immediato meno caotico di quello in cui ci siamo trovati immersi in questi ultimi anni.

In conclusione, il 2023 si profila come un anno interessante per la parte obbligazionaria dei portafogli. Quanto alla parte azionaria, andrà inteso come un anno di accumulazione graduale, da concentrare soprattutto nelle fasi di debolezza che la recessione, se ci sarà, non mancherà di provocare. Per l’azionario, insomma, occorrerà ancora un po’ di pazienza, ma la luce in fondo al tunnel comincia a essere visibile.
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