E non chiamateli bestie!

- di: Barbara Leone
 
Di tutti gli animali, diceva Mark Twain, l’uomo è l’unico ad essere crudele: l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo. E pare proprio non conoscere limiti l’umana crudeltà, soprattutto quando volge il suo tetro sguardo verso gli animali. Con loro, anime indifese, innocenti e pure, la ferocia delle vere bestie che popolano il pianeta Terra, gli esseri umani appunto, si inabissa sino a toccare le sponde del più atroce ed inimmaginabile inferno. Perché di inferno si parla, come nel caso del piccolo Leone, un dolcissimo gattino scuoiato vivo e lasciato agonizzante in strada ad Angri, nel Salernitano. Quella di Leone, così lo hanno chiamato i veterinari che hanno provato invano a salvarlo, è una storia agghiacciante che fa tremare i polsi e pure le viscere. Una storia di torture indescrivibili, che si fa davvero fatica a raccontare. Troppo atroce, troppo straziante anche solo immaginarlo. Figuriamoci vederlo, come lo abbiamo visto in uno dei tanti video che hanno fatto il giro del web. Uno su tutti, che lo immortala mentre avidamente mangia da una minuscola ciotolina. E in sottofondo il suo flebile miagolio, a metà tra soddisfazione e dolore. E’ lì che abbiamo tutti sperato che ce la potesse fare. Nonostante il corpicino martoriato, nonostante fosse completamente fasciato perché non aveva più neanche un millimetro di pelle… strappata a carne viva da un’anima nera, che manco l’inferno si merita. Ci abbiamo sperato perché lo vedevamo che lottava proprio come un Leone. E con il cuore a brandelli abbiamo fatto il tifo per lui, increduli davanti alla suo candido fidarsi, ed affidarsi nonostante tutto, dell’uomo. 

Ma il lieto fine, si sa, arriva solo nelle favole. E così Leone è morto, dopo quattro interminabili giorni di orribile e inenarrabile agonia. Chiudete gli occhi, e per un attimo pensate al terrore che ha potuto provare quest’angelo con la coda mentre il suo aguzzino lo scuoiava senza pietà. Chissà, magari per avvicinarlo un attimo prima gli avrà anche dato qualcosa da mangiare. Chiudete gli occhi e pensatevi al posto suo… non si può, vero? Istintivamente scacciamo via il pensiero. Passiamo avanti… Non lo voglio vedere. In quanti mi hanno risposto così. E un po’ lo capisco. Ma invece è arrivato il momento di tirare fuori la testa da sotto la sabbia, è ora di aprire gli occhi e guardare in faccia tutto l’orrore di cui sono capaci i nostri simili. Noi, e solo noi, siamo capaci di tanta e tale mostruosità. Noi: gli esseri superiori, quelli dotati di intelligenza, anima e coscienza. Superiori sì, ma nel male. In quello siamo campioni! Come siamo campioni a fare i forti coi deboli e i deboli coi forti. Non c’è speranza. Oggi è toccato a Leone, ieri al povero cane Angelo seviziato e impiccato in provincia di Cosenza da quattro giovani mostri che avevano filmato le sevizie postandole su Facebook, che come YouTube pullula, spesso nell’impunità, di video di torture agli animali. E ancora il cane bruciato ad Acilia, quello impiccato vicino Trapani, le decine e decine di gatti avvelenati a Sciacca… E’ un elenco che non ha fine. E, ahimè, quasi sempre nello sfondo c’è il sud. Che rabbia! E lo dico da meridionale, orgogliosa di esserlo! 

Ora pare che il sindaco di Angri abbia promesso anche una ricompensa di 13mila euro per chi troverà il (o i) colpevole di questo OMICIDIO. Perché di omicidio si tratta. Chissà, pecunia non olet. Magari qualcuno parlerà, a dispetto del fetore di sangue. Ma se anche si trovasse il colpevole, finirebbe a tarallucci e vino. O quasi. Com’è stato nel caso degli assassini di Angelo, condannati sulla carta al massimo della pena senza però mai varcare, di fatto, la soglia del carcere. Perché le leggi italiane sono e restano inadeguate, anche se vengono inasprite le pene. E invece è ora che la vita di un animale venga considerata al pari di quella di un essere umano. Almeno da un punto di vista giuridico, perché dal punto di vista culturale la vedo decisamente dura. Ci si mette pure il Papa, che di nuovo due giorni fa per la milionesima volta nel giro di qualche mese se n’è uscito con la solita fissa sua: gli italiani hanno i cagnolini al posto dei figli. Anche basta, Santità! E dica invece dal suo pulpito di fare figli ed insegnar loro l’amore ed il rispetto per gli animali e per il Creato tutto, come il suo Santo nome imporrebbe. Ma Papa a parte, perché oramai abbiamo capito la sua antifona, la più grande vergogna è l’anacronistica visione del nostro codice civile che continua a considerare gli animali “res”, ovvero “cose mobili”. Tipo una macchina, o poco più. Finché a livello giuridico non verranno considerati per quello che sono, ovvero esseri senzienti che provano dolori ed emozioni, migliaia di altri Angelo continueranno ad essere torturati, scuoiati, impiccati e bruciati per noia, per gioco, per ignoranza, per odio… e umana crudeltà. 

Iniziamo a gridare BASTA. Anche perché c’è poco da girarci intorno: chi è capace di compiere simili atrocità nei confronti di un animale lo farà quasi certamente anche nei confronti di un bambino, di un disabile o di uno dei tanti ultimi degli ultimi che popolano questo disgraziatissimo mondo. Gridiamolo forte e chiaro il nostro BASTA. E finiamola pure di insultare il nostro prossimo chiamandolo “bestia”. Dovremmo dire “umano”. Perché è l’uomo, e solo lui, ad aver fatto della Terra un inferno per le altre creature.
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