De Angelis, come Catilina, peggio di Catilina. Ma fino a quando?

- di: Francesco Di Stefano
 
Marcello De Angelis, il capo della comunicazione della presidenza della Regione Lazio, sembra Ugo Fantozzi, perseguitato dalla nuvola che si scatenava solo sulla sua perpendicolare lasciando asciutti tutti ad eccezione del ragioniere più famoso (e sfigato) della storia.  Solo che, parlando di De Angelis la sfortuna c'entra veramente poco, perché tutto quello che (gli) sta accadendo è frutto delle sue scelte e non certo dall'influenza degli astri o del combinato composto di voodoo e sciamanesimo. Il braccio destro del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, al cui fianco sta sin dall'esperienza ai vertici della Croce Rossa, ne ha infilata un'altra, anche se non è una perla uscita di recente dall'ostrica del suo passato. Non è bastato il post con cui, a dispetto delle sentenze e della condanna definitiva della matrice fascista della strage di Bologna, si è detto convinto della totale innocenza di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, processati e condannati; non è nemmeno bastata la buccia di banana (quanto meno in termini di avvedutezza politica e di opportunità) di avere fatto assumere in Regione il fratello della sua compagna, il quale non avrebbe competenze specifiche con il settore della comunicazione. Ora spunta fuori il testo di un brano che il gruppo musicale 270bis, che in De Angelis aveva l'equivalente di Mick Jagger dei Rolling Stones, cantava molti anni fa (era all'incirca il 1995), celebrando le gesta non di una associazione per la difesa dei diritti degli ippocampi o della musica barocca, ma di Settembre Nero, il gruppo terroristico palestinese che ha firmato, tra le altre azioni, anche il massacro di atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco del 1972.

Saltabeccando nel testo, alcuni passaggi di ''Settembre nero'' (questo il titolo del brano) meritano di essere riferiti, come: ''troppo ci pesava portare sulla schiena il dominio di una razza di mercanti'', con un implicito riferimento ad uno stereotipo sugli israeliti, caro a fascismo e nazismo.

La canzone di De Angelis contro gli ebrei

E, ancora, ''gridano 'shalom' bruciandoci le case, cantano pace e ci violentano le donne'', probabilmente, ma è un nostro pensiero, ricordando il massacro nel villaggio arabo di Deir Yassin, del 1948, per mano dei futuri israeliani. Va da sé che De Angelis, quando la canzone è stata tirata fuori, si è subito difeso, con un argomento che usano sovente coloro che, talvolta per opportunismo, dicono che quel che hanno fatto molti anni prima appartiene ad un capitolo della vita morto e sepolto. Come se la consapevolezza dell'errore commesso cancelli automaticamente quel che è stato fatto. Ve l'immaginate - e perdonateci l'assurdo del paragone - Adolf Eichmann che, davanti ai giudici israeliani che l'avrebbero condannato all'impiccagione, avesse detto: beh, l'ho fatto, ma è passato tanto di quel tempo... ''Il testo della canzone 'Settembre Nero' - ha detto De Angelis - risale a un periodo della mia vita in cui non mi riconosco. A rileggere quelle parole oggi provo imbarazzo e orrore, così come oggi non riscriverei altre canzoni realizzate in passato. Negli ultimi vent’anni anni la mia vita è radicalmente cambiata, anche e soprattutto grazie alla mia esperienza umanitaria in Croce Rossa. Ho dedicato anni al rispetto dei valori dell’imparzialità e della neutralità, porta di aiuto a chi soffre e facendo del mio meglio per mettermi al servizio del prossimo senza distinzioni. In questi vent’anni ho radicalmente cambiato la visione della vita, dell’umanità e di me stesso. Sono consapevole che il testo di quella canzone possa provocare ancora oggi offese e sofferenza. Non posso purtroppo tornare indietro e cancellare il passato. Posso solo impegnarmi ogni giorno per riparare''.

Credendo noi con forza nel potere catartico della redenzione, diamo sincero credito al ''nuovo'' De Angelis. Ma, se questo riguarda l'uomo e i suoi tormenti, lo stesso non si può, né si deve dire sull'esponente di una istituzione, al quale non si può sempre perdonare tutto nel presupposto di quel che che a Napoli etichetterebbero con un meraviglioso ''scurdammoce o passato''. E no, proprio no, perché del passato non ci si può liberale, non si può fare come se non fosse mai accaduto perché quel è stato fatto ha sempre delle conseguenze.. Viene, però, da chiedersi come ancora Francesco Rocca, che è sicuramente e sinceramente amico del De Angelis 2.0, non  ritenga di dovergli chiedere un passo indietro perché la sua inadeguatezza al ruolo che gli è stato attribuito è, appunto per il suo passato, ormai palese. Eppure De Angelis resta lì e, come Catilina, sembra non accorgersi che sta abusando della nostra pazienza (e sin qui, potrebbe dire: e chi se ne frega), ma anche di quella di una Regione e di un Paese (fatte salve le difese fatte su base ideologica) che comincia, seriamente, a chiedersi sino a che punto possa arrivare l'arroganza del potere.
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