Confartigianato: allarme gap scuola-lavoro. Davide Peli: subito nuove politiche giovanili

- di: Barbara Leone
 
Studio e lavoro? No grazie. Non ne escono bene i giovani italiani dalla fotografia effettuata da Confartigianato attraverso in report intitolato “2022. Tocca a noi!”. Lo studio, che è stato presentato oggi a Roma in occasione della Convention dei Giovani Imprenditori di Confartigianato alla presenza del Ministro per le Politiche Giovanili Fabiana Dadone, analizzal a situazione lavorativa dei giovani nel nostro Paese. Come detto, non c’è esattamente da dormir sonni tranquilli. Le imprese italiane, infatti, faticano a trovare il 52% della necessaria manodopera qualificata. Nel frattempo, nel 2020, 1,1 milione di giovani under 35 non studia e non cerca occupazione e 40mila giovani tra 25 e 34 anni sono espatriati per trovare lavoro. Secondo la rilevazione di Confartigianato, infatti, la distanza dei ragazzi italiani dal mondo del lavoro colloca il nostro Paese al primo posto nella Ue per la maggiore percentuale di Neet (ovvero giovani che non studiano e non lavorano), che è pari al 23,1%, sul totale dei giovani tra 15 e 29 anni. La media europea si attesta, invece, al 13,1%. Addirittura, nel 2020, abbiamo toccato il numero più alto nell’ultimo decennio di under 35 inattivi che non studiano e non sono disponibili a lavorare: ben 1.114.000. A livello regionale, la percentuale più alta di Neet si riscontra in Sicilia con il 36,3% sul totale dei giovani tra 15 e 29 anni. Seguono la Campania (34,1%), la Calabria (33,5%), la Puglia (30,6%) e il Molise (27,7%). All’altro capo della classifica la Provincia autonoma di Bolzano (13,3%), il Veneto (13,9%), l’Emilia Romagna (15,1%). Non brilliamo nemmeno per l’integrazione tra scuola e lavoro: siamo infatti al 22° posto in Europa per la quota di occupati under 30 impegnati in percorsi formativi, con appena il 5,2% dei giovani di questa fascia di età, mentre in Europa si arriva ad una media del 15,2% e in Germania addirittura si sale al 24,4%. Contemporaneamente cresce il fenomeno della fuga all’estero dei nostri giovani; tra il 2016 e il 2020, tra i giovani italiani under 40 laureati, gli espatri superano i ritorni in Italia di 65 mila unità. 

“Il nostro rapporto - ha sottolineato Davide Peli, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato - mette in luce l’urgenza di cambiare passo nelle politiche giovanili. Il futuro è già oggi. Quindi servono interventi immediati per ridurre il gap tra scuola, sistema della formazione e mondo del lavoro, investimenti per favorire il passaggio generazionale nelle imprese, sostegni per i giovani che si mettono in proprio soprattutto sul fronte dell’innovazione, della ricerca e dell’internazionalizzazione”. Gli fa eco il Presidente di Confartigianato, che aggiunge: “Vogliamo un’Italia a misura di giovani e di piccola impresa, con riforme che liberino energie e talenti, accrescano le competenze, migliorino l’efficienza dei servizi pubblici, eliminino ostacoli e oneri fiscali e burocratici. Solo investendo sulle nuove generazioni e sulla loro formazione possiamo garantire futuro al made in Italy”. In tutto questo, però, c’è anche un enorme paradosso. Il rapporto di Confartigianato, infatti, mette in evidenza anche la voglia di fare impresa dei giovani italiani, che ci fa guadagnare il record positivo di Paese europeo con il maggior numero di imprenditori e lavoratori autonomi under 35: ben 694mila e sono 123.321 le imprese artigiane con a capo un under 35. Da una parte, quindi, siamo al primo posto in Europa per numero di Neet. Dall’altra siamo primo in quanto a imprenditori e lavoratori autonomi under 35. Ed il paradosso è proprio questo. C’è poi un altro enorme problema, che emerge chiaramente dal rapporto targato Confartigianato. I giovani imprenditori, che per reagire alla crisi puntano anche sulla qualità del personale, devono fare i conti con le difficoltà a reperire manodopera specializzata e qualificata soprattutto tra i loro coetanei. Nel 2021, infatti, le aziende hanno difficoltà a trovare 295mila under 30 con competenze digitali e 341mila under 30 con competenze green. Triplo paradosso, dunque. Forse è il caso di riflettere, e di correre veramente ai ripari. Giovani e non.
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